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Politica

ZAGREBELSKY NON VEDE L’ELEFANTE NEL CORRIDOIO

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Quando si criticano le idee di qualcuno, è buona norma riportare citazioni, per dimostrare che non gli si attribuiscono opinioni non sue. Ma nel caso dell’articolo di Gustavo Zagrebelsky(1), ciò si è rivelato impossibile. Il lunghissimo editoriale (circa 1.650 parole) per almeno due terzi non fa che esprimere lo stesso concetto: in Italia viviamo un’eclissi della politica e il governo non fa che applicare una sorta di pensiero e di programma unico. Il dibattito langue, le proposte latitano, chi vorrebbe contestare, discutere, ipotizzare qualcosa di diverso, è visto come un nemico. Qualcuno che fa perdere tempo e impedisce di “lavorare”. Per la classe dominante non si tratta di inventare qualcosa, ma di applicare un protocollo: e ciò spiega al passaggio perché si siano avuti governi “tecnici”.
L’impressione è che l’intero Paese – governo, parlamento, giornali e popolo – sia rassegnato ad una sorta di “necessità” . Si è obbligati a pensare e a fare tutti la stessa cosa. Il governo non è “esecutivo” nel senso di “potere diverso dal legislativo”, ma nel senso che è lì per fare le cose che non può non fare. Infatti non vuole essere rallentato, nel momento in cui “esegue” i compiti che gli sono assegnati. L’opposizione – e le discussioni che propone – sono soltanto impedimenti.
E chi è che comanda, chi è che tira i fili? Secondo Zagrebelsky, sono le autorità finanziarie, le banche, l’economia. Al punto che si constata una sorta di assenza della politica il cui intervento sarebbe un’ “anomalia dannosa”. L’editorialista ribadisce questi concetti instancabilmente.
E perché l’articolo è criticabile? Per lo stesso motivo che Voltaire indicò, rispondendo a Rousseau che gli aveva inviato un suo scritto: “On n’a jamais employé tant d’esprit à vouloir nous rendre Bêtes”. Che in questo caso si potrebbe liberamente tradurre così: “Non si è mai usata tanta brillantezza intellettuale e tanta cultura per farci credere un’enorme sciocchezza”.
È plausibile che si rimproveri a qualcuno di non fare nessuna attività fisica. Una passeggiata di buon passo, tutte le mattine, respirando a pieni polmoni l’aria pulita della campagna, è un elisir di gioventù. I muscoli rimangono tonici, si ha sempre più “fiato”, le arterie si mantengono più pervie, si smaltisce qualche caloria di troppo. Come se non bastasse, le stagioni cessano di essere dati astronomici per divenire l’emozione del panorama che cambia a primavera, degli alberi che s’arrossano in autunno, della neve leggera sotto il sole, in un giorno di marzo. Non è naturale che si rimproveri al sedentario di rinunciare a tutto questo? Se non fosse per il particolare che il discorso è rivolto ad un poveraccio sulla sedia a rotelle.
Nessuno vuole insegnare a una persona colta come Zagrebelsky il concetto greco di Fato, di quel potere che era più forte persino degli dei: ma come fa, l’illustre giurista, a non vedere che ha scambiato per colpa politica un’impossibilità concreta che è più forte della volontà degli uomini?
Zagrebelsky accusa le banche e la finanza di imporre regole ferree all’Italia, ma tra il mutuante che cerca di non perdere il denaro che ha prestato, e il mutuatario che quel denaro non riesce a restituirlo, chi è il più colpevole? L’editorialista formula un’esatta diagnosi dei sintomi, ma trascura l’eziologia. Se la politica è divenuta prevalentemente tecnica, è perché si è trasformata in uno sforzo di sopravvivenza applicando le uniche regole che sembrano poterla assicurare.
Scendiamo sul piano della concretezza. L’Italia si è messa volontariamente nei guai contraendo enormi debiti ed entrando nell’euro. La conseguenza è che oggi non può andare né avanti né indietro. Qualunque mossa rischia di peggiorare la già drammatica situazione ed è già un miracolo che non vada peggio. Perché crede Zagrebelsky che quelle stesse banche, quelle stesse autorità europee che lui accusa, si stanno facendo in quattro per ottenere la quadratura del circolo della salvezza della Grecia? Per amore della culla della nostra civiltà? Per niente. Il fatto è che se i mercati si allarmano, se appena si svalutano un po’ i titoli di Stato detenuti in portafogli come “attivi sicuri”(!) da tutte le banche, rischia di saltare l’intero sistema. Con conseguenze tragiche per tutti. Siamo seduti su una bomba economica. Forse nessuno l’ha detto a Zagrebelsky, ma i nostri governanti lo sanno benissimo. È questo il senso di quelle parole che lui disprezza: “non ci sono alternative”. I costi di queste possibili alternative fanno spavento.
Naturalmente è lecito dissentire, sull’idea che non ci sia alternativa. Per così dire, l’alternativa c’è sempre. Ma il problema è proprio quello dei costi. Ciò che un genio dell’economia e contemporaneamente della politica dovrebbe riuscire a fare, sarebbe identificare questi costi, dimostrare che val la pena di pagarli, e convincerne il popolo. Difficilmente però questo genio sarà Gustavo Zagrebelsky, che per cominciare non si è nemmeno accorto dell’esistenza del problema.
Gianni Pardo, [email protected]
28 febbraio 2015
http://www.eddyburg.it/2015/02/la-politica-al-tempo-dellesecutivo.html
LaRepubblica, 25 febbraio 2015


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