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X-BAT: Il drone stealth VTOL che decolla come un razzo e atterra “in retromarcia”. La nuova scommessa per battere la Cina

X-BAT: il drone stealth che decolla in verticale come un razzo e atterra “in coda”. Costa un decimo di un F-35 e non ha bisogno di piste: la mossa di Shield AI (guidata da ex SpaceX) per cambiare la guerra nel Pacifico.

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L’aeronautica militare del futuro è arrivata, e non assomiglia a nulla di quanto visto finora. Mentre l’attenzione del pubblico è concentrata sui caccia di quinta e sesta generazione, pilotati da esseri umani, una rivoluzione silenziosa sta prendendo forma nel campo dei CCA (Collaborative Combat Aircraft), i cosiddetti “gregari” autonomi. Ma se finora si pensava a questi droni come a semplici estensioni dei caccia pilotati, l’azienda americana Shield AI ha appena sparigliato le carte, presentando un concetto radicale: l’X-BAT.

Non è solo un drone stealth. È un drone stealth a decollo e atterraggio verticale (VTOL), progettato per essere un caccia autonomo a tutti gli effetti, capace di operare da qualsiasi spiazzo, nave o rimorchio, senza bisogno di piste. Una macchina pensata per risolvere il problema strategico numero uno degli Stati Uniti nel Pacifico: la vulnerabilità delle sue basi aeree.

Chi c’è dietro e qual è il problema

Shield AI non è uno dei soliti “colossi” della difesa. È un’azienda nota soprattutto per il suo software di autonomia Hivemind e per un drone VTOL più piccolo, il V-BAT. Ma con l’X-BAT, l’azienda punta a sconvolgere l’offerta tattica.

A presentare la visione è Armor Harris, Senior Vice President della divisione aeronautica di Shield AI. Il suo curriculum è fondamentale per capire l’ambizione del progetto: prima di approdare alla difesa, Harris era un ingegnere capo di SpaceX e ha avuto un ruolo chiave nello sviluppo della capacità di atterraggio verticale del razzo riutilizzabile Falcon 9. Insomma, uno che di far atterrare roba “in piedi” se ne intende.

In una recente intervista con TWZ, Harris ha spiegato senza mezzi termini il problema che l’X-BAT vuole risolvere.

“Come contrastiamo l’ascesa dei nostri avversari di pari livello, cioè la Cina, e la loro capacità di spendere e produrre più di noi nella tecnologia militare? Il modo per farlo è con il vantaggio fondamentale dell’America, che è l’innovazione.”

L’innovazione, secondo Harris, non è solo un caccia più invisibile o più veloce. È un sistema che rompe la “curva dei costi” (promettono un costo-vita pari a un decimo di un caccia di quinta generazione come l’F-35) e, soprattutto, che risolve il tallone d’Achille strategico americano: le piste di decollo.

“In tutti i nostri wargame, perdiamo più aerei a terra che in aria… La Cina ha detto: ‘ok, voi continuate su quella strada [rendere gli aerei più sopravvivibili in volo], noi li distruggeremo tutti a terra prima ancora che decollino’.”

Piste craterizzate significano aerei a terra. Inoltre, la vastità del Pacifico costringe i caccia tattici a dipendere pesantemente dalle aero-cisterne, che diventano esse stesse un bersaglio primario.

X-Bat sulle paittaforme per il lancio

La soluzione VTOL dell’X-BAT aggira entrambi i problemi:

  1. Sopravvivenza a terra: Può essere disperso ovunque, rendendo impossibile un attacco preventivo concentrato sulle piste.
  2. Indipendenza logistica: Può essere basato molto più vicino al fronte (su isole minori, navi d’assalto anfibie, o persino containerizzati), eliminando o riducendo la dipendenza dalle vulnerabili cisterne.

Un CCA a decollo verticale potrebbe partire direttamente, ad esempio, da piattaforme marine, oppure essere facilmente nascoste in boschi, o zone impervie, lontani da piste di decollo, ma pronti ad unirsi ai caccia madre.

X-Bat in decollo

Come funziona: Un “Tail-Sitter” stile SpaceX

L’X-BAT non è un F-35B con ventole complicate, né un Osprey con rotori basculanti. È un “tail-sitter” (letteralmente “siede sulla coda”).

Il concetto non è nuovo (negli anni ’50 ci fu l’X-13), ma all’epoca fallì per due motivi: motori poco potenti e l’impossibilità per un pilota umano di atterrare “all’indietro” in sicurezza. Oggi, l’autonomia e la potenza dei motori moderni cambiano tutto.

Decollo

Il decollo è brutale: l’X-BAT si alza verticalmente usando il postbruciatore del suo singolo motore jet, un propulsore di classe F100/F110 (gli stessi di F-16 e F-15). La spinta è sufficiente a sollevare l’aereo come un razzo, grazie anche a un rapporto spinta-peso ottimizzato (Harris dice: “un grosso motore in un aereo piccolo”).

Atterraggio

L’atterraggio è la parte più complessa e affascinante, ed è qui che entra in gioco l’esperienza di SpaceX. L’X-BAT non atterra col postbruciatore (scioglierebbe la piazzola). Al rientro, dopo aver consumato carburante e sganciato armi, è abbastanza leggero da atterrare in “dry power” (spinta a secco, senza postbruciatore).

Per passare dal volo orizzontale a quello verticale, il drone esegue una sorta di “manovra Cobra” per poi traslare lentamente verso il basso, controllando la discesa con la spinta del motore e un ugello a spinta vettoriale tridimensionale (una tecnologia derivata da programmi sperimentali come l’F-15 ACTIVE). L’autonomia gestisce l’intera manovra, impossibile per un pilota. Una monovra assolutamente spettacolare, che sarà interessante veder effettuare da un mezzo senza pilota, come qui viene dimostrata dal Su-57 russo:

Un cervello autonomo, non solo un “gregario”

Harris sottolinea una differenza fondamentale rispetto ai CCA (come l’YFQ-42A di General Atomics) attualmente in sviluppo per l’USAF. Quei droni sono pensati come “Incremento 1”, ovvero legati a un caccia pilotato che funge da “quarterback” e nodo di comando.

L’X-BAT è progettato da zero per essere autonomo e “standalone”. Ha dimensioni, peso e potenza sufficienti per trasportare i sensori necessari a “cacciare da solo”. Può collaborare con altri asset, ma non ne ha bisogno.

Questo apre scenari complessi sulla “catena di comando” (il man-in-the-loop). Shield AI ritiene che per un attacco offensivo l’uomo debba restare nel ciclo decisionale (dare l’OK finale), ma per missioni difensive (es. proteggere un’area o una nave) l’X-BAT potrebbe operare in piena autonomia, un po’ come i sistemi CIWS Phalanx delle navi che abbattono missili in arrivo senza chiedere permesso.

Caratteristiche principali

CaratteristicaSpecifiche DichiarateNote
Design“Cranked kite” (ala a delta spezzata)Ottimizzato per stealth e alta efficienza (L/D)
DimensioniLungo 7.9m, apertura alare 11.9mCirca 1/3 delle dimensioni di un F/A-18
Propulsione1x motore jet classe F100/F110 con postbruciatore
VelocitàCrociera alto-subsonica (più veloce dei CCA attuali)Non è un dogfighter da 9G, ma un intercettore/penetratore
Raggio2.000 miglia nautiche (autonomia max)Circa 1.000 mn (1.852 km) di raggio di combattimento
Quota~50.000 piedi
Armamento2 baie interne + piloni esterniMulti-ruolo: aria-aria (AIM-120), aria-superficie (AARGM-ER)

Armor Harris , CEO di Shield Ai, di fronte a un gruppo di droni V-Bat da TWZ

Dubbi e scommesse: costi, stealth e raggio

Naturalmente, le promesse sono ambiziose e gli scettici non mancano.

  1. Raggio d’azione: Come fa un aereo così piccolo, con un motore F100 (noto per essere assetato), a raggiungere 1.000 miglia nautiche di raggio? Harris afferma che il design ha un rapporto portanza/resistenza (L/D) eccezionale. Non è un caccia da manovra, ma un aliante efficiente che vola “alto e veloce” in crociera.
  2. Stealth (LO): Il design sembra molto curato (allineamento delle superfici, prese d’aria). Ma c’è un compromesso: l’ugello a spinta vettoriale necessario per il VTOL non può essere “nascosto” come quello di un B-2. Harris ammette che ci sono “trade-off”, ma che il drone è “significativamente più sopravvivibile” degli altri CCA. Alla fine si tratta di un compromesso, ma almeno non ci sono dei piloti in gioco.
  3. Costi: Il “decimo del costo-vita” di un F-35 è l’argomento chiave. L’assenza di un pilota abbatte i costi di addestramento e dei complessi sistemi di supporto vitale. Inoltre, Shield AI punta sulla “velocità di messa in servizio” usando un design strutturale conservativo (compositi e metallo, niente “magia”), per produrlo in massa velocemente.

L’X-BAT è forse la scommessa più audace vista finora nel settore difesa. Sposta il paradigma dalla supremazia aerea basata su poche, costosissime e vulnerabili piattaforme (portaerei e F-35) a una massa distribuita, resiliente e autonoma. Se Shield AI, forte del suo DNA “alla SpaceX”, riuscirà a mantenere le promesse, per i pianificatori militari cinesi sarà un enorme mal di testa.

X-Bat sul rimorchio

Domande e Risposte per i lettori

1. Ma questo X-BAT è reale o solo un progetto sulla carta?

È in fase avanzata di sviluppo. Shield AI ha mostrato mock-up in scala reale e diversi “articoli di test”, che sono già stati provati sia in galleria del vento (per validare l’aerodinamica nella transizione da volo orizzontale a verticale) sia in camera anecoica (per testare le proprietà stealth). Non è ancora operativo, ma l’azienda, forte dell’esperienza del suo management (proveniente da SpaceX), punta a una produzione rapida (“speed-to-fleet”) utilizzando un design strutturale relativamente convenzionale, senza materiali esotici, per accelerare i tempi ed entrare in servizio il prima possibile.

2. In che senso costa “un decimo di un F-35”? Sembra troppo bello per essere vero.

La stima si riferisce al “costo del ciclo di vita” (life-cycle cost), non solo al prezzo d’acquisto. Questo costo include manutenzione, carburante, aggiornamenti e personale per l’intera vita operativa. L’X-BAT abbatte i costi principalmente perché è un drone: non c’è pilota (niente ore di addestramento, simulatori, sistemi di supporto vitale, cockpit complessi). Inoltre, il motore (classe F100/F110) è maturo e prodotto in grandi numeri. Infine, non è progettato per il dogfight estremo (non fa 9G), riducendo lo stress strutturale e quindi i costi di manutenzione rispetto a un caccia tradizionale.

3. Se è così autonomo, chi decide quando sparare?

Shield AI adotta un approccio sfumato, in linea con l’attuale dibattito etico. L’azienda afferma che per decisioni di attacco offensive (“offensive kill decision”) un operatore umano deve rimanere “on-the-loop”, ovvero dare l’autorizzazione finale. Tuttavia, per scenari difensivi, l’autonomia è già accettata (l’esempio è il sistema CIWS Phalanx sulle navi, che spara automaticamente ai missili in arrivo).1 L’X-BAT potrebbe quindi operare autonomamente in “scatole” difensive pre-autorizzate, oppure agire come sensore avanzato che identifica bersagli e propone un “menu di opzioni” a un operatore umano, rispettando le regole d’ingaggio.

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