Economia
Volkswagen: investe capitali enormi in Cina, ma chiude in Europa. Una mossa corretta?
Il mercato cinese è stato , nei primi venti anni del XXI secolo, una gallina dalle uova d’oro per la casa di Wolfsburg, ma le cose sono cambiate e le case cinesi sono diventate competitive, togliendo quote di mercato. Ora VW sta investendo cifre enormi in Cina, e chiude nella UE: una mossa giusta, o un danno per la Germania?
La scorsa settimana, l’amministratore delegato di Volkswagen, Oliver Blume, ha dichiarato che il gruppo sta valutando la possibilità di chiudere un grande impianto automobilistico e una fabbrica di componentistica auto, a causa della forte concorrenza dei rivali cinesi.
“L’industria automobilistica europea si trova in una situazione molto impegnativa e seria. L’ambiente economico è diventato ancora più difficile e nuovi concorrenti stanno entrando nel mercato europeo”, ha dichiarato, sottolineando anche la debolezza comparativa della Germania come luogo di produzione.
Quanto però della situazione drammatica di VW è dovuto anche al crollo del suo mercato in Cina. perché se la UE vede un crollo del settore auto, la Cina è diventao un mercato difficile per le case automobilistiche occidentali e proprio VW era stata una delle società che maggiormente vi aveva scommesso.
Cina: da paradiso a buco nero
L’analista delle relazioni sino-tedesche Noah Barkin, della società di ricerca Rhodium Group, ha affermato che il successo economico della Germania nei primi due decenni del XXI secolo è stato costruito su tre pilastri. bassi costi energetici, un’industria all’avanguardia e un mercato interno sicuro: “Nel giro di pochi anni, il primo pilastro è crollato e gli altri due stanno mostrando profonde crepe”, ha detto Barkin, “La Cina ha giocato un ruolo importante in questo senso. Nei settori un tempo dominati dalla Germania, dalle automobili alle macchine utensili, la Cina si è trasformata in un concorrente formidabile. Questo ha importanti implicazioni per l’economia e l’occupazione tedesche”.
La Cina per VW era un mercato di conquista e di espansione, ma le cose sono nettamente cambiate. Le statistiche di Volkswagen sono una lettura dicotomica. Secondo Dunne Insights, una newsletter specializzata nel settore automobilistico, dal 2020 al 2024 la quota di mercato cinese delle case automobilistiche tedesche scenderà dal 19 al 16%.
Tra il 2017 e il 2024 le vendite di Volkswagen in Cina sono scese da 4 a 2,5 milioni di unità. L’anno scorso è stata superata da BYD come maggior produttore di auto in Cina, con le vendite delle aziende cinesi che sono passate da 420.000 a 3,6 milioni nello stesso periodo. Tuttavia, i dati della Bundesbank, la banca centrale tedesca, riportati dal Financial Times, hanno mostrato che le aziende automobilistiche tedesche hanno raddoppiato gli investimenti in Cina, anche se le vendite sono diminuite. Tutte risorse tolte all’Europa. La Cina è diventata un buco nero finanziario.
Nella prima metà del 2024, il totale degli investimenti tedeschi nella seconda economia mondiale è stato di 7,3 miliardi di euro (8 miliardi di dollari), rispetto ai 6,5 miliardi di euro (7,2 miliardi di dollari) dell’intero 2023, di cui la maggior parte nel settore automobilistico.
Le esportazioni tedesche in Cina, invece, sono diminuite di oltre l’11% nei primi sette mesi del 2024 rispetto al periodo equivalente dell’anno precedente, secondo i dati delle dogane cinesi.
In un’intervista rilasciata al South China Morning Post, Ulrich Ackermann, direttore generale del commercio estero dell’Associazione dell’industria meccanica, ha dichiarato che la concorrenza “sta entrando nel mercato europeo ad alta velocità a prezzi che a volte gli europei non possono acquistare”.
Una politica irrealistica
I critici affermano che il quadro mostra che né le grandi aziende automobilistiche né il governo tedesco stanno lavorando per il miglioramento dell’economia nazionale tedesca: “Le case automobilistiche tedesche sono desiderose che l’UE mantenga politiche commerciali ‘aperte’ soprattutto, a quanto pare, per poter ridurre i costi trasferendo la produzione in Cina. Questo probabilmente avvantaggia le case automobilistiche tedesche più di quanto non avvantaggi l’economia tedesca“, ha scritto l’autorevole economista dell’Università di Pechino Michael Pettis su X. Una politica che non dà nessun vantaggio ai lavoratori tedeschi, che anzi vengono spiazzati da questa strisciante delocalizzazione, e che, tra l’altro, destabilizza tutti i mercati europei. Dà invece l’illusione di avere vantaggi ai politici tedeschi e agli azionisti di VW, che non sono tedeschi.
Il cancelliere Olaf Scholz, insieme a un flusso costante di dirigenti dell’industria automobilistica, ha inveito contro la mossa dell’UE di imporre dazi antisovvenzioni sulle importazioni di veicoli elettrici cinesi. Invece di intervenire per mitigare il rischio, la cancelleria ha cercato di evitare l’impressione di un attacco alla Cina ed è intervenuta per indebolire l’azione collettiva dell’UE volta a imporre dazi sui veicoli elettrici cinesi in risposta alle pratiche sleali della Cina”, si legge in un documento del German Council on Foreign Relations della scorsa settimana.
Questi sviluppi hanno fornito ulteriori munizioni a coloro che prevedono un “secondo shock cinese”, un seguito del primo presunto shock di 20 anni fa, quando la Cina entrò a far parte dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, dando il via a un’ondata di esternalizzazioni e a uno svuotamento della produzione americana.
Il secondo shock cinese si manifesterà in modo diverso in tutto il mondo, perché per molte economie, come la Germania, sarà associato alla perdita di mercati di esportazione e non solo a un’impennata delle importazioni”, ha dichiarato Sander Tordoir, economista capo del Centro per le riforme europee di Berlino, “Questo processo è già in corso. Le esportazioni tedesche verso la Cina in percentuale del PIL tedesco sono diminuite negli ultimi due o tre anni, rappresentando già una perdita di circa lo 0,5% per l’economia tedesca, e c’è ancora molto spazio per il declino”, ha detto. “Il governo tedesco non dovrebbe equiparare l’interesse delle imprese tedesche che operano in Cina con l’interesse dell’economia tedesca”. Evidentemente però il peso del pugno di grandi aziende sul governo tedesco è tale da superare l’interesse della Germania nel suo complesso.
Gli specialisti del settore non hanno molta simpatia per VW o per l’industria automobilistica tedesca in generale. Le conversazioni sull’incapacità di competere con i produttori cinesi di veicoli elettrici si trasformano inevitabilmente in un gioco di parole: “Penso che sia davvero importante sommare tutti i profitti che il Gruppo Volkswagen ha avuto dal 1998: Volkswagen non sarebbe quello che è senza il mercato cinese”, ha detto Tu Le, amministratore delegato della società di consulenza sulla mobilità Sino Auto Insights. “Il 50% dei loro profitti proviene dalla Cina, quindi non è che non ci abbiano guadagnato nulla. Ho l’impressione che vogliano fare la vittima, eppure hanno contato i loro soldi negli ultimi 35 anni”. Però ora il paradiso cinese è finito, e siamo passati all’inferno dei capitali bruciati.
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