Seguici su

EuropaPolitica

Veto UE: Meloni tiene il punto e dice “No” all’allargamento del voto a maggioranza

Stop alle riforme UE: Meloni difende il veto italiano. “No al voto a maggioranza, la mia priorità è l’interesse nazionale”. Ecco cosa rischia l’Italia su tasse e politica estera.

Pubblicato

il

La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, mette i puntini sulle “i” riguardo al dibattito, sempre caldo a Bruxelles, sulle riforme dei trattati europei. Da Roma, la premier ha spento gli entusiasmi di chi vorrebbe archiviare il diritto di veto (il voto all’unanimità) in favore del voto a maggioranza qualificata.

Non intendo formulare una proposta di revisione dei trattati nel senso di allargare il voto a maggioranza in luogo dell’Unanimità‘”, ha dichiarato Meloni, come riportato dalle agenzie di stampa.

La posizione è netta e strategica. La premier non nega che il superamento dell’unanimità potrebbe avere un’utilità circoscritta: “Non sono favorevole ad allargare il voto a maggioranza […] perché” – ha spiegato – “certo varrebbe per l’Ucraina e sarebbe utile per l’Ucraina, ma varrebbe anche per molti altri temi”.

Ed è qui il nodo politico. Il rischio, secondo la premier, è che l’Italia (e altri Paesi) possa trovarsi in minoranza su dossier cruciali, con “posizioni della maggioranza” che potrebbero essere “abbastanza distanti dalle nostre e dai nostri interessi nazionali”.

La conclusione è un chiaro richiamo alla realtà politica: “La mia priorita’ rimane difendere gli interessi nazionali italiani“.

Perché l’unanimità è (ancora) cruciale

Il “diritto di veto” non è un capriccio burocratico, ma il fondamento che garantisce ai singoli Stati membri il controllo su materie che toccano il cuore della loro sovranità. Abbandonare l’unanimità significa, di fatto, trasferire questa sovranità a una maggioranza (spesso variabile) di altri Stati.

Ricordiamo che l’unanimità è oggi richiesta per decisioni di peso enorme, tra cui:

  • Politica estera e di sicurezza comune (PESC): Incluse le sanzioni internazionali e l’avvio di missioni militari.
  • Finanze dell’UE: Come il Quadro Finanziario Pluriennale (il bilancio UE) e le “risorse proprie” (cioè la possibilità per l’UE di imporre tasse dirette o indirette).
  • Armonizzazione fiscale: Specialmente in materia di tassazione indiretta (es. IVA).
  • Adesione di nuovi membri all’UE.
  • Cittadinanza dell’Unione.
  • Alcune aree sensibili di Giustizia e Affari Interni.

È evidente che cedere il veto su questi punti, specialmente su tasse e politica estera, esporrebbe l’Italia al rischio di subire decisioni contrarie ai propri interessi strategici o imposte fiscali non volute dal Parlamento nazionale.

Antonio Maria Rinaldi

Una battaglia non nuova: Il “vincolo esterno”

Questa posizione non è isolata e riprende una battaglia politica di lunga data. Già in passato, l’europarlamentare Antonio Maria Rinaldi si era espresso duramente in Parlamento Europeo contro la revisione dei trattati in questo senso.

Rinaldi aveva definito il superamento dell’unanimità come la “proposta più subdola e pericolosa“, vedendoci il “trionfo definitivo del vincolo esterno come metodo di governo sovranazionale“.

Secondo questa linea di pensiero, i padri fondatori avevano previsto l’unanimità proprio per evitare la creazione di “accordi di blocco occulti” tra Stati più grandi a danno di Paesi membri messi in minoranza.

L’abbandono del veto, lungi dall’unire l’Europa, rischierebbe secondo i critici di portare alla “fine della UE” come la conosciamo, frammentandola in blocchi di minoranza stabili e contrapposti, sostituendo la cooperazione con l’imposizione. La mossa di Meloni, quindi, difende un modello di Europa confederale, basata sul peso democratico (e sul veto) dei singoli Stati.

Consiglio Europeo

Domande & Risposte (FAQ)

1. Perché Meloni è contraria al voto a maggioranza se aiuterebbe l’Ucraina? Meloni ritiene che usare l’Ucraina come motivazione sia un pretesto. Sebbene il voto a maggioranza velocizzerebbe gli aiuti o le sanzioni (aggirando veti come quello ungherese), la premier teme che questa modifica ai Trattati creerebbe un precedente pericoloso. La nuova regola si applicherebbe poi a tutti i temi, inclusi economia, tasse e politica estera, dove l’Italia potrebbe trovarsi in minoranza e veder lesi i propri interessi nazionali, che per lei restano la priorità.

2. Cosa rischia concretamente l’Italia senza il diritto di veto (unanimità)? Il rischio maggiore riguarda tasse e politica estera. Senza unanimità, una maggioranza di Paesi UE potrebbe, ad esempio, imporre nuove tasse europee (le “risorse proprie”) che l’Italia non desidera, o armonizzare l’IVA in modo svantaggioso per noi. In politica estera, l’Italia potrebbe essere costretta ad aderire a missioni militari o sanzioni decise da una maggioranza, anche se contrarie alla sua strategia geopolitica o ai suoi interessi economici nel Mediterraneo.

3. Perché alcuni dicono che il voto a maggioranza “frammenterebbe” l’UE? L’idea è che l’unanimità costringe tutti a negoziare fino a trovare un compromesso accettabile (cooperazione). Il voto a maggioranza, invece, crea vincitori e vinti. Se un gruppo di Paesi (es. nordici o fondatori) imponesse regolarmente la sua volontà su una minoranza stabile (es. Paesi dell’Est o del Sud), questa minoranza si sentirebbe espropriata della propria sovranità. Questo non unirebbe l’UE, ma creerebbe fratture insanabili e blocchi di Paesi permanentemente contrapposti, minando la fiducia reciproca alla base del progetto.

Google News Rimani aggiornato seguendoci su Google News!
SEGUICI
E tu cosa ne pensi?

You must be logged in to post a comment Login

Lascia un commento