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Verso una robotica gentile di Marcello Pecchioli (leggete anche quello che costa l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova)

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Salve a tutti, sono un filosofo tecnologico, ricercatore indipendente, ex docente universitario e da alcuni anni sto lavorando, insieme all’Associazione di cui sono presidente, ad un progetto di robotica umanoide, con un robot della classe dei Nao di Aldebaran Robotics, oggi SoftBank, insieme ad un team robotico interno e ad alcuni programmatori di ottimo livello. Mi sono occupato di nuove tecnologie e new media in passato, per molti decenni e ho seguito, da vicino l’evoluzione della robotica, anche in Italia. Ora ho notato che le dichiarazioni rese dall’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova sui risultati ottenuti con il loro robot ICub cominciano ad essere piuttosto imbarazzanti. Si dice che il robot, grande come un bambino di 10 anni ed equipaggiato con soluzioni tecnologiche strepitose, come una mano costruita in collaborazione con la Scuola Superiore S.Anna di Pisa, Istituzione d’eccellenza, e costata circa 50 mila euro, o l’utilizzo di pelle e muscoli artificiali, di cui parla il direttore dell’Istituto, il Dott.Cingolani, sia nei suoi libri che in conferenze pubbliche e video, è in grado di riconoscere oggetti e di prenderli con la sua mano, etc.

Queste dichiarazioni, ho controllato, si ripetono da almeno dieci anni, in maniera quasi immutata, potete controllare voi stessi andando a spulciare i vari video di presentazione del robot ICub e di R1 su Google ma, nonostante il fatto che il livello d’evoluzione del robot ICub, che ricordiamolo non è in commercio ma è una piattaforma robotica che è costata circa 250.000 euro e che è in dotazione a numerose Università e Centri di Ricerca internazionali per il suo sviluppo, non sembra aver prodotto nessun avanzamento significativo della ricerca sul piccolo umanoide che rimanda, nelle sue conversazioni con i giornalisti, ad un altro umanoide, R1, che avrebbe le potenzialità di entrare sul mercato, anche qui da anni si procrastina la sua uscita sul mercato, visto che è costruito con materiali meno costosi e ha due ruote al posto delle gambe e ha anche un design, asciutto ma accattivante. Anche qui la presentazione di R1 al pubblico e alla stampa, non sembra che sia mai cambiata, e neanche il livello di prestazioni presunte del robot, che, tra parentesi, ha come concorrenza sia dei robot spagnoli molto performanti che il più famoso Pepper di SoftBank, oggi un esemplare è anche all’aeroporto di Bologna e dà informazioni agli utenti in partenza, tutti robot molto simili ad R1 ma che sono regolarmente in commercio, da vari anni.

Ora poiché parliamo di un Istituto che continua ad essere finanziato dallo Stato Italiano con centinaia di milioni di euro, vedi gli articoli di Wired e de Il Fatto Quotidiano, che entrambi sottolineano il livello di finanziamento, che va dai 50 milioni di euro all’anno, dal 2003, anno d’inizio dell’Istituto, ai 100 milioni di euro all’anno, dal decennio dal 2005 al 2014, al Progetto Human Technopole a Milano per cui ha ricevuto 145 milioni di euro all’anno, oltre al fatto che, secondo il giornale Il Fatto Quotidiano, esiste un accantonamento di circa 430 milioni di euro, in vari conti correnti e polemiche sulla quantità di pubblicazioni e brevetti dell’Istituto, almeno ci si aspetterebbe, ad esempio, che l’evoluzione di questi robot umanoidi avesse un percorso più rapido e sbocchi reali sul mercato. Poi l’Istituto Italiano di Tecnologia ha moltissimi altri prototipi, progetti e robot e lavora in moltissimi altri settori importanti e strategici ma, evidentemente, questo tipo di ricerche sembrano essere state accantonate o ridotte o vengono utilizzate a fini sociali, di divulgazione per i media e per la stampa. E su questa linea vorrei anche fare delle considerazioni e un appunto su i recenti Festival di Robotica, tutt’ora in essere in Italia. E’ di questi giorni l’apertura del Festival di Robotica di Pisa, città che contiene altre eccellenze sulla robotica e intelligenza artificiale, in campo nazionale. Scorrendo velocemente il programma e dopo aver partecipato ad alcuni eventi, nella scorsa edizione, l’impressione continua ad essere che il Festival sia, soprattutto, pensato e dedicato per la robotica chirurgica e la diagnostica medica e che gli altri settori, da quelli legati all’arte alle sezioni dedicate alla ricerca, al sociale, alla didattica e alla conoscenza dei robot social e in ambito domestico, sia, perlomeno molto sotto dimensionata, con imbarazzanti excursus di gruppi di artisti che producono performances pittoriche con dei robot domestici per lavare i pavimenti, se ho capito bene la presentazione sul sito del Festival. Allora mi chiedo, che cosa sta succedendo alla ricerca italiana rispetto alla realtà internazionale e come mai la robotica sembra avere vita difficile e un livello di divulgazione sociale totalmente inadeguato e carente, visto che si tratta di un settore che rischia di portare via quasi 800 milioni di posti di lavoro nel mondo, uno su due o uno su sei, secondo differenti ricerche, in Italia, e sta tentando di scardinare l’assetto sociale globale in tutte le politiche comunitarie e internazionali? Come mai la politica non si è accorta di questo problema e non ha costruito una rete di supporto, di didattica e di divulgazione adeguata alla conoscenza e presa in carico di un fenomeno epocale come l’avvento dell’intelligenza artificiale, della robotica e l’avvento dei software che producono algoritmi, cioè quei decisori sociali che troviamo, quasi in ogni momento della nostra giornata lavorativa o all’interno degli spazi del nostro tempo libero?

I robot umanoidi, sezione su cui io e il nostro team abbiamo ottenuto, in breve tempo, risultati molto rilevanti, sarebbero in grado di produrre un considerevole ausilio e sostegno per milioni di famiglie ed aziende, visto che questi robot possono dialogare con l’uomo, hanno una configurazione fisica che è in grado di spostarsi, agevolmente, nei nostri spazi, domestici e lavorativi e utilizzare i nostri strumenti quotidiani e le nostre capacità ergonomiche e sono dotati di capacità cognitive avanzate, un cervello multiplo e potenziato, che utilizzano per connettersi ad estese banche dati o con collegamenti con super-computer come Watson di IBM, convenzionato con alcune classi di robot umanoidi.

Dunque, generalizzando, i robot umanoidi, sarebbero in grado di mettere in piedi una vera e propria rivoluzione robotica gentile, permettendo a milioni di persone, di accedere a nuovi livelli di informazioni e soluzioni personalizzate che darebbero luogo a migliori progetti, migliore qualità nel lavoro e nelle decisioni sociali e un incremento di intelligenza collettiva e connettiva, una vera e propria rivoluzione cognitiva e sociale di portata epocale.

Anche la didattica si potrebbe avvantaggiare dell’utilizzo di questi robot social e docenti robotici che potrebbero affiancare e coadiuvare quelli umani, in carne ed ossa. E’ quello che sta succedendo, in questo momento, in Giappone per docenti che devono insegnare le lingue nelle Scuole Secondarie che, in questo momento, stanno rischiando di essere sostituiti da classi di robot di SoftBank. La stessa cosa nel coaching, nella ricerca per le forme di autismo e malattie infantili, nella cura e intrattenimento, per anziani e persone disabili, ma ci possono essere moltissimi altri ambiti in cui il loro utilizzo potrebbe davvero fare la differenza. Allora mi chiedo, perché i Festival di robotica, attualmente in corso e in via di preparazione, non parlano di questi argomenti, se non con accenni molto superficiali?

Non è tanto la questione, amabilmente dibattuta, in convegni, interventi, film e libri, di una robotica cattiva che prenderà il sopravvento sul genere umano, attraverso la transizione della singolarità, e cioè l’avvento di Intelligenze artificiali Forti ma piuttosto, quello che dovrebbe riguardarci, è la convivenza generalizzata con intelligenze artificiali, robot, anche umanoidi, e controllo degli algoritmi; questo è quello che davvero cambierà il nostro futuro prossimo e a cui le Università, la Politica, la Scienza, le Fondazioni, gli Enti di Ricerca, gli Eventi sociali, i Grandi Media, i Social Network, saranno chiamate a rispondere e a fornire una chiara visione e soluzioni condivise per i cittadini e per tutti noi.

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