Economia
Venezuela: l’esplosione di un Gasdotto mette in evidenza lo stato fatiscente delle infrastrutture
Esplode un gasdotto in Venezuela, e non è il primo quest’anno. Questo è anche la conseguenza di un incremento di produzione senza investimenti in strutture nuove o in manutenzione da parte della PDVSA. E con Trump le cose potrebbero perfino peggiorare
L’esplosione di un gasdotto in un complesso di gas naturale gestito da Petroleos de Venezuela (PdVSA) nello stato orientale di Monagas ha provocato almeno tre feriti, secondo quanto riportato da Reuters .
L’esplosione arriva solo un mese dopo che più di 20 persone sono rimaste ustionate in seguito a un vasto incendio in un serbatoio di stoccaggio di greggio nella regione occidentale del Paese, evidenziando le vulnerabilità della fatiscente infrastruttura energetica del Paese dopo anni di sanzioni.
Due settimane fa, Reuters ha riportato che PdVSA e le sue joint venture hanno esportato una media di 947.387 bpd di greggio e carburante a ottobre, il 21% in più rispetto al mese precedente e il dato mensile più alto dall’inizio del 2020.
Il forte aumento della produzione è avvenuto nonostante le nuove sanzioni annunciate dall’amministrazione Biden. A luglio, l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) degli Stati Uniti ha alleggerito alcune sanzioni sul Venezuela, ma ha mantenuto le sanzioni su PdVSA.
Nello stesso tempo però l’aumento della produzione realizzato senza nuovi impianti e senza manutenzioni profonde viene a mettere tutto il sistema strutturale energetico venezuelano sotto stress, causando incidenti sempre più frequenti, con i conseguenti danni e interruzioni dei servizi.
L’OFAC ha rilasciato una nuova licenza che consente alcune transazioni relative all’esportazione o riesportazione di gas di petrolio liquefatto (GPL) in Venezuela fino all’8 luglio 2025. Tuttavia, le transazioni con la società statale di petrolio e gas naturale, in cui PdVSA detiene una partecipazione pari o superiore al 50%, rimangono vietate dalle sanzioni imposte da vari ordini esecutivi.
Tornano i tempi duri
Si prevede che Trump sarà più severo nei confronti del Venezuela e dell’Iran. Le esportazioni di petrolio iraniano hanno registrato un forte rimbalzo sotto l’amministrazione Biden, con gli Stati Uniti e i loro alleati che sperano di raggiungere un nuovo accordo nucleare con Teheran dopo che l’amministrazione Trump ha annullato l’accordo del 2015 del Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA).
Sotto l’ex presidente Donald Trump, la produzione di petrolio iraniano è crollata da 3,8 milioni di barili al giorno all’inizio del 2018 a meno di 2 milioni di barili al giorno alla fine del 2020; sotto Biden, invece, la produzione è salita a 3,2 milioni di barili al giorno.
C’è da prevedere che anche il Venezuela verrà sottoposto a sanzioni più strette, con un calo delle esportazioni, e i problemi non finiscono qui.
Gli esperti di materie prime di Standard Chartered hanno previsto che le azioni dell’OPEC+ determineranno più probabilmente la traiettoria del prezzo del petrolio a breve e medio termine. Secondo StanChart, l’ultimo annuncio dell’OPEC rafforza la tesi che il ritmo del tapering dipenderà dal mercato e non sarà automatico come temono gli operatori. Però la tendenza è verso un eccesso di produzione di petrolio, soprattutto proveniente dai paesi non Opec.
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