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Euro crisis

Uscire dall’euro, una tentazione pericolosa

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Riprendiamo da Micromega l’appello di alcune personalita’ del mondo economico a favore del mantenimento dell euro.

tafazzi

Riprendiamo dal Corriere della Sera di mercoledì 9 aprile il testo di un appello firmato da autorevoli economisti contro l’uscita dell’Italia dall’euro.

Caro direttore, più le elezioni europee si avvicinano e più la campagna elettorale viene dirottata sul tema dell’uscita dell’Italia dall’euro. È giusto chiedere che la politica condotta nell’area dell’euro produca soluzioni più efficienti per l’Italia e per gli altri Stati membri di quelle degli anni passati. Ciò non toglie che uscire dall’euro aggraverebbe i problemi italiani, metterebbe a rischio l’integrità della costruzione europea e impedirebbe di proporre politiche alternative rispetto a quelle attuali.

L’entrata dell’Italia nell’euro non era stata il frutto di sogni astratti di alcuni idealisti o dei complotti di speculatori finanziari. Fu la scelta consapevole del Parlamento italiano per porre fine a due decenni di turbolenze monetarie e di disordine delle finanze pubbliche; la scelta di un Paese fondatore che non voleva essere escluso dal processo di integrazione. Prima dell’unione monetaria, le periodiche svalutazioni del cambio avevano portato l’inflazione in Italia oltre il 20 per cento, senza migliorare durevolmente la competitività. Deficit di bilancio elevati e crescenti (fino a due cifre) avevano solo fatto aumentare a dismisura il debito pubblico, di cui tuttora paghiamo gli oneri gravosi, senza promuovere una crescita stabile. I tassi d’interesse erano arrivati a livelli proibitivi per i mutui delle famiglie e il credito alle imprese. Chi propone l’uscita dall’euro vuole in realtà tornare a quel modo di governare l’economia che la storia ha già condannato come fallimentare.
I vantaggi dell’autonomia monetaria si rivelerebbero illusori. Al fine di contenere brusche fluttuazioni del cambio e di evitare fughe precipitose dei capitali, i responsabili delle politiche economiche italiane sarebbero infatti costretti a inseguire le politiche scelte dalle aree dell’euro e del dollaro.

Reintrodurre la lira significherebbe imporre ai cittadini italiani la conversione dei loro risparmi nella nuova moneta, destinata a perdere di valore nei confronti dell’euro. Gli italiani subirebbero dunque una svalutazione dei risparmi. Inoltre, la conversione dall’euro alla lira non potrebbe modificare le condizioni dei prestiti contratti dai residenti italiani nei confronti del resto del mondo. La svalutazione della lira determinerebbe quindi un aumento del valore dei debiti verso l’estero degli italiani, ponendo imprese e famiglie di fronte al rischio di insolvenza, con effetti a catena sul resto del sistema economico.

Il passaggio dall’euro alla lira non risolverebbe i problemi strutturali che da anni attanagliano l’economia italiana: dalla rigidità dei mercati dei beni all’inefficiente utilizzo delle risorse umane; dal basso livello di scolarizzazione e di investimenti in ricerca alla produttività stagnante; dall’eccesso di regolamentazione burocratica che scoraggia gli investimenti produttivi all’arretratezza infrastrutturale; dalla lentezza della giustizia alla mancanza di concorrenza nei servizi locali, fino alla corruzione dilagante. Sono questi i veri nodi che occorre affrontare per ritornare alla crescita, combattere la disoccupazione, dare un futuro ai giovani. L’euro non ne ha colpa.

Al contrario: l’uscita dall’euro rafforzerebbe la parte meno competitiva del Paese, quella meno aperta all’innovazione e maggiormente arroccata a difesa di privilegi che non hanno più ragione di essere. Sarebbe una fuga all’indietro verso una società più chiusa e introversa che danneggerebbe soprattutto i più giovani e le fasce più deboli della società.
Ritenere che si possa uscire dall’euro e al contempo rimanere a far parte a pieno titolo dell’Unione è una pura illusione. Da un lato l’Italia verrebbe emarginata e isolata. Dall’altro, l’uscita dell’Italia indebolirebbe gravemente l’Europa in una fase storica cruciale in cui ha semmai bisogno di compattezza per far fronte alla nuova instabilità politica che sorge alle sue frontiere.

In conclusione, la proposta di uscire dall’euro, come se questa fosse una ricetta magica, non solo è basata su premesse sbagliate, ma distoglie l’attenzione dai reali problemi del Paese e toglie alla politica la responsabilità di fare proposte concrete per risolverli. Impedisce all’Italia di contribuire ai necessari cambiamenti della politica europea per contrastare la deflazione, la disoccupazione di massa e la stagnazione.
L’Europa, e l’euro, non sono certo costruzioni perfette. Ma si possono migliorare solo partecipandovi a pieno titolo.

Lorenzo Bini Smaghi, Franco Bruni, Marcello De Cecco, Jean-Paul Fitoussi, Marcello Messori, Stefano Micossi, Antonio Padoa Schioppa, Fabrizio Saccomanni, Gianni Toniolo

I firmatari collaborano, a vario titolo, alla Luiss School of European Political Economy (SEP). Quanti intendono aderire alle posizioni qui espresse, possono sottoscrivere inviando un e-mail a [email protected]. Il documento con le adesioni sarà pubblicato nel sito sep.it

Commento: le tesi dell’articolo, sono sempre le stesse:

1) L’Italia 20 anni fa era un disastro, oggi e’ molto meglio. Ovviamente e’ una panzana smentita da ogni indicatore economico e dalla memoria di chiunque 20 anni fa aveva l’eta’ della ragione. Nessun Italiano assennato puo’ affermare che l’Italia di oggi sia migliore e piu’ prospera di quella di 20 anni fa. Sul nostro sito pubblichiamo centinaia di grafici economici storici, e tutti smentiscono tale affermazione

2) Se usciamo dall’Euro sara’ l’apocalisse. Ovviamente omettono di dire cosa accadrebbe se “restiamo nell’euro”. Alcune delle tesi esposte sono quantomeno ridicole. Tanto per dirne una, la tesi della Svalutazione dei Risparmi e’ assurda: i risparmi in asset nazionali per un cittadino italiano non perderanno alcun valore visto che saranno ridenominati in valuta italiana, mentre i risparmi dei cittadini italiani all’estero acquisteranno valore in modo inversamente proporzionale alla svalutazione. Parliamo dell’ABC dell’economia.

3) Se usciamo dall’euro non faremo le riforme necessarie a modernizzare l’Italia. Ovviamente anche questa e’ una panzana che cozza con la realta’, visto che in 3 lustri di Euro, di riforme non ne abbiamo viste ben poche. Inutile aggiungere altro.

 


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