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Uscire dall’Euro: mutui e benzina

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Parlare di permanenza nell’ Euro dovrebbe essere un argomento quotidiano, vista la situazione in cui versa l’Italia. Invece, ad oggi, non é ancora possibile un sano dibattito in merito: se qualcuno prova a parlare di uscita, viene tacciato di eresia e complottismo.
Fortunatamente ho avuto alcune occasioni di discussione e ho riconosciuto 4 categorie di interlocutori:
– chi difende l’Euro perché é cosa buona e giusta e, schifato, interrompe subito la conversazione
– chi vorrebbe mantenere l’Euro perché ormai é un cambiamento strutturale, pur ammettendo che le condizioni attuali siano svantaggiose
– chi vede l’uscita dalla moneta unica come la panacea di i tutti i mali
– chi opterebbe per l’uscita, anche se consapevole che il processo non sarà indolore.
Personalmente io sono tra quelli del quarto punto. Per me é necessario uscire dall’Euro, anche se sono consapevole del contraccolpo che subiremo. Paragono l’Italia ad un malato con la gamba in cancrena: se non viene amputata va in setticemia e il malato muore; amputandola si salva ma deve pur sempre perdere una gamba. Ci sono due tematiche che, chi vede l’Euro come strutturale, affronta per motivare la sua posizione: mutui e benzina.
La tesi: la nuova moneta sarà svalutata di circa il 40% rispetto all’Euro, quindi il potere di acquisto calerà della stessa ragione e non saremo più in grado di onorare i mutui o fare rifornimento
In questo articolo proverò a spiegare la mia opinione attraverso formulazioni economiche e modelli, che, in quanto modelli, cercano di avvicinarsi ad una possibile realtà ma non é detto che aderiscano a quella effettiva.
La teoria economica ci insegna che il rapporto tra due monete varia a seconda di determinati parametri (bilancia commerciale, affidabilità della classe politica etc). Facciamo il classico esempio relativo al petrolio: il Canada é la quindicesima economia mondiale ma é il sesto paese esportatore di petrolio al mondo. Il Giappone é la terza economia ma é un paese importatore di commodities. Se il prezzo del Brent, negoziato in Dollari americani, sale, si verifica che: lo Yen perde di valore, perché il Giappone subisce un “danno” di prezzo, mentre il Dollaro canadese si apprezza perché il Canada “guadagna di più”. Quindi la coppia Jpy/Usd scende mentre quella Cad/Usd si apprezza.
In questo momento l’Euro é una moneta a regime di cambi fissi, cioè si confronta con le altre monete ma i rapporti, quindi i tassi di cambio, all’interno dell’Unione sono fissi dal 1999. Il cambio Lira/Euro o Marco/Euro é fisso da 15 anni. L’Italia sta attraversando e ha attraversato un momento fortemente negativo, quindi il valore della sua moneta sarebbe dovuto scendere; invece niente é successo. La Germania ha aumentato le sue esportazioni in ragione significativa, quindi la sua moneta sarebbe dovuta salire rispetto agli altri paesi europei, invece non é accaduto alcunché.
In questo modo capite bene che le economie deboli sono andate in crisi, perdendo competitività, e saranno destinate a morire, mentre le economie forti, come quella tedesca, hanno potuto ottenere un vantaggio, mantenendo artificiosamente bassi i loro costi. Le imprese chiudono, o vengono acquisite da aziende straniere a suon di licenziamenti; cosa che sta effettivamente sta accadendo in Italia. Quindi, in ogni caso, la gente non pagherá più il mutuo o fará benzina perché non avrà il lavoro e quindi i soldi necessari. Ricordo che il tasso di disoccupazione é in costante ascesa; siamo ormai al 13%.
Ad ogni buon conto, per spiegare cosa accadrà, é bene ricordare la teoria della domanda e dell’offerta: il prezzo si forma quando domanda è offerta si incontrano.

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Se sale la domanda di un bene, a parità di offerta, il prezzo sale. Se cresce l’offerta di un bene a paritá di domanda, il prezzo scende.
Dato che la Germania, come abbiamo capito, ha un vantaggio competitivo nel non far deprezzare le altre monete, siamo sicuri che permetterà una forte svalutazione della futura moneta italiana?
Detto questo, parliamo di mutui. Per capire cosa accadrà, dobbiamo concentrarci bene sulla sequenza delle operazioni. L’idea più diffusa é che, dopo la svalutazione, i nostri mutui verranno convertiti e diventeranno insostenibili. In realtà non é così. Generalmente il passaggio ad una nuova moneta avviene a mercati chiusi. Per semplicità supponiamo di avere uno stipendio di 1.000€ ed un mutuo di 100.000€. La conversione avrà un rapporto 1 ad 1. Quindi: se prima guadagnavo 1.000€ ora il mio nuovo stipendio sará di 1.000 Lire, Fiorini o Pluti; quello che più vi piace. Il mutuo andrà di pari passo: 100.000€ diventeranno 100.000 Lire, Fiorini o Pluti. Non bisogna confondere il tasso di cambio con il tasso di conversione (che nel nostro caso sará di 1 a 1). É del tutto fuorviante pensare che gli stipendi vengano tramutati nella nuova moneta mentre il mutuo rimanga in Euro.
Solo alla riapertura dei mercati avverrà la tanto temuta svalutazione. La cosa importante é che, però il rapporto stipendio/mutuo rimarrà esattamente invariato. Dovrà invece affrontare un serio problema chi percepisce lo stipendio in Euro e ha un mutuo in valuta. In questo caso verrà convertito solo il suo stipendio e, quindi, subirà la perdita di potere d’acquisto a seguito della svalutazione. Ma quanti sono gli italiani della classe medio/bassa con mutuo in valuta? Un altro punto riguarda l’Euribor, ovvero il tasso a cui é legata la maggior parte dei tassi variabili, che tendenzialmente dovrebbe rimanere in vigore.
A questo punto siamo al lunedì dopo la svalutazione ed abbiamo stipendio e mutuo già convertiti. I mercati riaprono e cominciano i primi scambi; la nostra moneta verrà riallineata al suo effettivo valore. Supponiamo il caso più drastico: la nuova moneta varrà il 40% in meno dell’ Euro. Ad ogni buon conto ribadisco: sará il mercato a deciderlo e quindi questa supposizione, che va per la maggiore, non é per niente scontata.
Alla sera del lunedì dobbiamo fare rifornimento alla nostra macchina. Vediamo ora come è formato il prezzo della benzina. La figura sottostante, anche se datata ottobre 2012, mostra un quadro ben chiaro.

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Il 43% del prezzo é legato alla materia prima ed al margine di compagnia petrolifera e distributore. Nel caso in oggetto si parla di 0,8€/litro, arrotondando per eccesso.
Punto 1: se le compagnie vogliono continuare ad avere mercato in Italia, possono decidere di diminuire i loro margini.
Punto 2: 55 cent sono effettivamente legati all’aumento della materia prima. Ricordo che il Brent é commerciato in Dollari e, quindi, non é plausibile che la nuova moneta si svaluti nei suoi confronti della stessa ragione con cui si deprezza nei confronti dell’Euro. Assumiamo comunque il caso limite: 0,55€ x 1,4 (+40%) = 0,77€ cioè 22 cent in più.
Mantenendo invariata tutta la parte relativa alle accise, avremmo il nuovo prezzo pari a 1,85€ + 22 cent = 2,07€. L’aumento sarà quindi pari all’11% (22 cent/1,85€).
Ad onore della cronaca ricordo che, se l’Italia fosse uno stato assennato, potrebbe diminuire la componente relativa alle accise, che in questo momento servono a ripagare anche:

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Voglio far notare gli 8 cent relativi al decreto Salva Italia che é proprio frutto di questo Euro.
Ricordo anche che l’IVA é applicata sia sulla componente relativa alle materie prime sia su quella relativa alle accise; é quindi una tassa su una tassa.
Da ciò possiamo ben capire che ci sono molti margini di manovra per poter controllare il prezzo.
Allo stesso modo dovremo ben valutare quale sia la componente delle materie prime in tutte le altre importazioni. Molti beni, che attualmente importiamo, potranno essere sostituiti da produzioni nazionali, innescando così un effetto volano sulla domanda interna; penso ad esempio alle famigerate quote latte.
Siamo quindi disposti a sopportare “tutto ciò” pur di far ripartire la nostra economia e risolvere il problema del lavoro che manca? Pensate che siano sacrifici più sopportabili di Mes, Erf o fiscal compact?


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