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Crisi

UN’INTERVISTA SUL QUANTITATIVE EASING

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Un’intervista di Marc Vignaud all’economista Charles Gave, comparsa sul numero del 21 gennaio di Le Point(1).

D.: Perché si oppone al riacquisto del debito pubblico da parte della Bce mentre la misura è presentata come indispensabile per uscire dalla deflazione dalla maggior parte degli analisti del mercato?

R.: Bisogna innanzi tutto chiedersi perché una parte dell’eurozona sia in deflazione! È perché l’euro è una costruzione stupida. Non è possibile mantenere tassi di cambio fissi fra Paesi che hanno produttività differenti. Diversamente, colui che ha la produttività più forte mangia gli altri. È ciò che è avvenuto dall’inizio degli anni 2000. Su base 100 nel 2000, la produzione industriale tedesca è oggi a 120, la francese è a 85, l’italiana a 75. Dal 1960 al 2000, la produzione industriale di questi tre Paesi era tuttavia esattamente la tessa. Dopo avere mandato in pezzi il nostro apparato industriale, la Germania sta chiedendo che si riduca la nostra protezione sociale. È ciò che si chiama una svalutazione interna per fare abbassare i prezzi: ciò che la Spagna ha cominciato a fare. Ciò impoverisce in modo spaventoso tutto il popolo minuto. L’euro è una macchina fantastica per creare divergenze. In un libro che ho pubblicato una decina d’anni fa, I leoni guidati dagli asini, dicevo che l’euro avrebbe creato troppe officine in Germania, troppi impiegati di Stato in Francia e troppe case in Spagna. Ci sono voluti dieci o dodici anno, per verificarsi, ma si è verificato.

D.: La Bce non può contribuire a rilanciare la macchina nei Paesi del Sud ricomprando attivi, come debito pubblico?

R.: Se i profitti delle imprese si abbassano del 2 o 3% l’anno, non hanno che farsene di prendere a prestito per aumentare la loro produzione. Che i tassi d’interessi siano allo 0,3 o al 5% non cambia assolutamente nulla. Nel contesto attuale, non serve a niente investire. Chiunque abbia un po’ di denaro in Europa preferirà del resto costruire la sua fabbrica in Germania, dove il costo del lavoro, del capitale e il peso dei regolamenti sono meno elevati, e non in Francia, in Italia o in Spagna.

D.: Si comprende che l’azione della Bce potrebbe essere, ai suoi occhi, inefficace. Ma perché lei si oppone al tasso d’interesse a zero?

R.: I sistemi di assicurazione e di pensionamento hanno bisogno di veri tassi per poter raggiungere i loro obiettivi. Con dei tassi a zero, o persino negativi, i pensionamenti complementari come l’Agirc e l’Arrco falliranno da qui a due-tre anni, perché una grande parte del loro reddito viene dai loro investimenti obbligazionari! In altri termini, la Bce sta sovvenzionando il consumo attuale con le pensioni del futuro. È un gioco a somma zero. Sono tre anni che ci promettono il nirvana. E questo ha avuto per effetto semplicemente di far salire i mercati obbligazionari dei Paesi periferici della zona euro come il Portogallo, la Spagna, l’Italia e perfino la Francia a livelli che non sono per nulla giustificati dai fondamentali economici di questi Paesi. Si è ben visto con la Svizzera la settimana scorsa che quando la banca centrale crea dei tassi falsi, ciò provoca presto una contro-reazione come un elastico che ti colpisce in faccia. E Dio sa se fa male.

D.: In altri termini, lei teme un crac dei possessori di obbligazioni quando le banche centrali faranno risalire i loro tassi d’interesse…

R.: Ciò avverrà non appena avverrà qualcosa che spingerà i gerenti del mondo a rendersi conto che tutti i prezzi sono falsati. Stiamo accrescendo la fragilità del sistema finanziario accrescendo le possibilità di effetti di leva (operazioni finanziate con indebitamento, NdR) che possono mettere in pericolo banche, operatori finanziari, ecc.

D.: Malgrado i rischi, la politica dei tassi zero, e poi dei riacquisti massicci di attivi, ha tuttavia funzionato piuttosto bene negli Stati Uniti, a parere di molti osservatori…

R.: Il tasso di partecipazione al mercato del lavoro negli Stati Uniti è al punto più basso della sua storia. Il tasso di disoccupazione di 5,4% è una creazione statistica. Se si confronta il numero di persone disoccupate col numero di persone sul mercato del lavoro di dieci anni fa, questo tasso andrebbe al 10%. Il 50% della popolazione riceve sussidi dal governo e un buon terzo dei buoni alimentari… Se l’aumento degli attivi scatenato dai tassi a zero ha fatto la fortuna dei ricchi, ha impoverito la maggioranza dei cittadini del Paese.

Bisogna ben comprendere che i tassi a zero corrispondono al prelievo di un’imposta a carico dei poveri e a profitto dei ricchi. Negli Stati Uniti i depositi bancari detenuti in particolare dalla gente comune sono di 10.000 miliardi di dollari. Se i tassi fossero al 3%, vi sarebbero all’incirca 300 miliardi di redditi supplementari da spendere, ogni anno. È altrettanto denaro che è ritirato dal consumo. Questi 300 miliardi sono trasferiti ai “Goldman Sachs” di questo mondo, attraverso i profitti che essi realizzano grazie ai tassi zero. Dal punto di vita della giustizia sociale, non v’è nulla di più abominevole dei tassi nulli.

D.: Lei mette dunque in relazione l’esplosione della ricchezza dell’1% dei più abbienti descritta dall’Organizzazione non governativa Oxfam, con le politiche seguite dalle banche centrali dall’inizio della crisi?

R.: Sì. Sei anni fa, avevo pubblicato un articolo intitolato L’alto costo del denaro gratuito (The high cost of free money) nel quale avvertivo che i tassi a zero avrebbero aumentato le disuguaglianze e avrebbero comportato una diminuzione degli investimenti.

D.: Perché?

R.: I due principali prezzi in un sistema economico sono i tassi d’interesse e il tasso di cambio. Se questi due prezzi sono falsi, perché manipolati dalla banca centrale, il capo di un’imprenditore sente chiaramente che tutti i prezzi nell’economia sono falsi. Non si lancerà dunque in un’operazione di investimenti a dieci anni, come costruire una nuova fabbrica, perché non sa affatto quali saranno i prezzi con questo orizzonte temporale (il tasso di cambio del dollaro, i tassi d’interesse…). E preferisce dunque ricomprare le proprie azioni, perché diviene più redditizio prendere a prestito denaro per ricomprare i propri titoli che comprare una macchina utensile. Ciò non fa affatto aumentare gli investimenti.  Come contraccolpo, la produttività si abbassa, i salari non aumentano più e i poveri si prendono una bastonata sul muso.

(Traduzione dal francese di Gianni Pardo)

(1)http://www.lepoint.fr/economie/les-pauvres-en-prennent-plein-la-gueule-a-cause-des-taux-zero-21-01-2015-1898502_28.php


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