Cultura
Una Storia Alternativa dell’Italia. Un libro affascinante di Fabio Dosi (di Valentino Cecchetti)
Una storia alternativa dell’Italia, dai tempi di Nixon ai giorni nostri, di come il nostro Paese sia stato privato della libertà e manovrato da poteri esterni. Un libro da leggere
La storia del declino (e del possibile riscatto) italiano nel libro intervista dell’ex deputato leghista Fabio Dosi.
E’ il racconto delle vicende politico-economiche degli ultimi 40-50 anni a partire dall’ipotesi “orwelliana” di un ordine globale in via di formazione, che si struttura in blocchi “multipolari” osmotici e interscambiabili. E in cui trova posto la possibilità di una rinascita “patriottica” del paese, a patto di svincolarsi non solo dalla gabbia europea, ma dalla stessa subordinazione cieca all’atlantismo, ritrovando in parte la propensione al “doppiogioco” che ha caratterizzato, soprattutto per quanto concerne la naturale vocazione mediterranea, la politica estera italiana durante la Prima Repubblica.
Questo a spanne lo schema interpretativo di Dosi. Per un libro estremamente dettagliato e nello stesso tempo agile e convincente nel ricostruire la “grande scacchiera” degli eventi mondiali, dal golpe finanziario di Nixon nel 1971, al trionfo neo-liberistico ed alle grandi convulsioni seguite all’11 settembre fino alle escalation belliche, dal Medio Oriente all’Est europeo e all’avvicendamento Obama-Trump negli Usa. In cui un’Italia “nave senza nocchiero”, costantemente in pericolo nella tempesta globale, perde progressivamente l’antico primato commerciale e produttivo e traccia sempre più a fatica una sua rotta, che trova solo grazie alla struttura elastica dei suoi fondamentali economici.
Esposto al racket del debito a causa dell’esiziale divorzio Tesoro-Banca d’Italia, il paese è sospinto a forza dentro l’euro di Maastricht, che lo priva di sovranità monetaria. Tramortita dalle epurazioni di Tangentopoli e dai governi tecnici, l’Italia finisce rinchiusa infine nel limbo dei governi berlusconiani e delle “quinte colonne” europidi (Renzi, Gentiloni, Letta, Draghi) dell’ultimo decennio.
La carrellata storica di Dosi non è però puramente descrittiva. Ma, costruita secondo il principio della tragedia-speranza, cerca di formulare una proposta che, soprattutto sul piano politico-economico, permetta, se non la rinascita, almeno una sua qualche forma di efficace sopravvivenza, nei tempi difficili in cui si annuncia di nuovo la “distruzione creatrice” del collasso finanziario e del conflitto. Ed è qui però, al momento di fornire soluzioni, che si affacciano i passaggi da verificare meglio. Solo per fare un esempio. Colpisce che Dosi si affidi al precedente (nientemeno) di Hjalmar Schacht, direttore della Reichbank negli anni ’30 (ma già promotore di politiche cicliche con Brüning), che proprio dal punto di vista storico e interpretativo, sembra mostrare più di un punto debole.
Non bisogna dimenticare, infatti, che il ricorso alla Mefo, sorta di moneta alternativa che Schacht concepì in funzione del rilancio dell’economia pubblica e che Dosi, riprende a suggerire una possibile via d’uscita dall’euro come moneta di seconda circolazione interna, fu possibile perché autorizzata in funzione del riarmo tedesco. E proprio da quelle elite finanziarie che garantirono il successo di Schacht unicamente in questa prospettiva. Per venire all’oggi. L’Italia potrebbe operare, anche nel caso di una distruzione pilotata dell’UE, in regime di doppia circolazione monetaria? Lecito dubitarne. E qui torna la vexata quaestio della sovranità.
Dosi vede provenire rischi concreti per un’eventuale “nuova Italia”, libera da cogenti vincoli internazionali, soprattutto dal versante atlantico (un colpo di stato della Cia!). Per questo sarebbe necessario “convincere Washington che lo scopo della ‘rivoluzione italiana’ è ricostruire il tessuto economico e sociale, non mettersi di traverso, uscire dalla Nato e posizionarci contro”. Insomma “dare garanzie agli Stati Uniti, facendo leva sul nostro essere equidistanti da Washington e da Berlino. Nonché da Parigi”.
Proprio questo è il punto. Gli Stati Uniti (o meglio i centri politico-finanziari degli Stati Uniti) non hanno bisogno di essere convinti. Lo sono già. E hanno bisogno dell’Italia forse soltanto come agente catalizzatore di qualche evento catastrofico. Non a caso, sono proprio gli Usa ad accingersi alla Nato-exit. Creando vortici da cui non solo per noi, ma per tutti gli europei, sarà complicato uscire indenni. Rendendo impossibile qualsiasi equidistanza.
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