Energia
Una massa record di 1,24 miliardi di barili invade gli oceani. Più che petroliere, sono depositi galleggianti
Petrolio, l’offerta supera la domanda: un fiume record di greggio (1,24 miliardi di barili) in viaggio spinge i prezzi al ribasso.

Un’autentica flotta di petroliere sta solcando gli oceani, portando il totale del greggio “in transito” a un nuovo, impressionante, record storico.
Secondo i dati freschi della società di analisi Vortexa, al 17 ottobre ben 1,24 miliardi di barili di greggio e condensati (un tipo di petrolio leggero recuperato dai giacimenti di gas) erano in viaggio sui mari del globo. Un dato in aumento rispetto ai già elevati 1,22 miliardi di barili della settimana precedente.
Gli operatori del settore lo dicevano da tempo: il tanto atteso (o temuto, a seconda dei punti di vista) surplus di offerta sta finalmente diventando realtà. E la quantità di greggio in navigazione ne è la prova plastica.
Da dove arriva tutto questo petrolio?
L’ingorgo marittimo ha due cause principali: un aumento della produzione e viaggi più lunghi per un calo della domanda. Passiamo ad analizzare i singoli punti:
- Aumento della Produzione:
- Membri OPEC+: Il cartello allargato (che include la Russia) sta metodicamente allentando i tagli alla produzione decisi in precedenza per sostenere i prezzi.
- Paesi non-OPEC: Le Americhe stanno spingendo forte. La Guyana ha recentemente avviato un nuovo, importante giacimento offshore, mentre gli Stati Uniti hanno raggiunto l’ennesimo picco produttivo.
- Rallentamento della Domanda: Questo accumulo di scorte in mare avviene proprio mentre la crescita della domanda globale mostra segni di frenata. Gli analisti ora prevedono un surplus che potrebbe schizzare fino a 4 milioni di barili al giorno nei primi mesi del prossimo anno.
Non sorprende, quindi, che i prezzi del petrolio stiano reagendo. Lunedì hanno perso un altro 0,8%, portando il calo complessivo da inizio anno al 18%.
I protagonisti dell’aumento
Otto membri dell’OPEC+ hanno aumentato il loro obiettivo di produzione collettivo di quasi 2,5 milioni di barili al giorno (mbg) tra marzo e settembre. Sebbene gli aumenti effettivi siano stati leggermente inferiori, il gruppo ha comunque aggiunto oltre 2 milioni di barili al giorno di offerta reale sul mercato in quel periodo.
Chi sta pompando di più? Soprattutto produttori come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Russia: Questi tre paesi, da soli, hanno aumentato la loro produzione combinata di 1,77 mbg. La maggior parte di questi barili è diretta in Asia, principalmente verso la Cina.
Questo ci porta al secondo punto: i viaggi si allungano. Una spedizione dal Medio Oriente all’Asia richiede circa un mese; dalla Russia (porti occidentali) spesso il doppio. Più tempo in viaggio significa più petrolio “contabilizzato” in transito.
I dati ufficiali OPEC confermano il trend: solo a settembre, la produzione del gruppo è salita di 630.000 barili al giorno, l’incremento mensile più robusto degli ultimi quattro anni. (Nota tecnica: le cifre di Vortexa sono conservative, poiché escludono il petrolio in “stoccaggio galleggiante”, cioè su navi ferme da almeno sette giorni. Questo è solo petrolio in movimento).
L’onda americana
Ma non c’è solo l’OPEC+. La Guyana, nuovo attore del mercato, ha iniziato a spedire il suo nuovo greggio “Golden Arrowhead”, puntando a un plateau di 250.000 barili al giorno. Una superpetroliera partita da lì è diretta in Cina, un viaggio di oltre sei settimane (più di tre volte il tempo necessario per raggiungere Rotterdam).
E poi ci sono gli Stati Uniti. La loro produzione interna continua a battere record, superando i 13,63 milioni di barili al giorno negli ultimi dati settimanali dell’EIA (Energy Information Administration).
Più produzione da più fonti e viaggi mediamente più lunghi: la ricetta perfetta per un ingorgo petrolifero globale e per prezzi sotto pressione. Tutto questo petrolio sta inindando il mercato. Se non fosse per la Cina il prezzo sarebbe già a terra!
Domande e Risposte sul Testo
Ecco tre domande che un lettore potrebbe porsi, con relative risposte:
1. Perché c’è così tanto petrolio in viaggio proprio ora? Ci sono due ragioni principali che si sommano. Primo, l’offerta fisica è aumentata: l’OPEC+ (guidata da Arabia Saudita e Russia) sta ripristinando la produzione che aveva tagliato, e contemporaneamente paesi non-OPEC (come gli USA e la Guyana) stanno pompando a livelli record. Secondo, le rotte commerciali si sono allungate. Molto di questo petrolio è diretto in Asia (Cina, India) da luoghi distanti come la Guyana o i porti russi, richiedendo settimane di navigazione in più. Più offerta e viaggi più lunghi gonfiano matematicamente il numero di barili “in transito”.
2. Se c’è tutto questo petrolio in eccesso, perché i prezzi non crollano a zero? I prezzi sono, infatti, in netto calo (circa -18% da inizio anno, come menziona il testo). Tuttavia, il mercato petrolifero è complesso e non reagisce solo all’offerta fisica immediata. I prezzi “scontano” anche le aspettative future, i rischi geopolitici, i costi di raffinazione e le politiche monetarie. Questo surplus era atteso dagli analisti e, in parte, già prezzato. Inoltre, l’OPEC+ sta gestendo questo aumento di produzione: se i prezzi dovessero scendere troppo, potrebbero decidere di tagliare di nuovo. È un equilibrio delicato, non una caduta libera.
3. Questo surplus significa la fine della crisi energetica? Questo surplus riguarda il petrolio greggio e indica che, al momento, la produzione supera la domanda. Aiuta certamente a tenere bassi i prezzi alla pompa e i costi energetici. Tuttavia, la “crisi energetica” è un concetto più ampio che include anche il gas naturale, il carbone e, soprattutto, la capacità di raffinazione (trasformare il greggio in benzina o diesel) e la stabilità delle reti elettriche. Un surplus di greggio è un’ottima notizia per i consumatori, ma non risolve da solo tutti i colli di bottiglia strutturali del sistema energetico globale.

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