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Una class action contro l’euro? di Paolo Becchi

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Pubblichiamo una parte dell’intervento che il prof. Paolo Becchi terrà oggi pomeriggio a San Marino, nell’ambito di un Convegno sull’euro, organizzato da “Scenari economici”, in collaborazione con “Rete”.
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È il Trattato di Maastricht del 1992 a concepire la moneta unica. Tutto parte da lì. I famosi parametri del 3% per l’indebitamento e del 60% del debito totale, riferiti al Pil erano già fissati in quel Trattato. Ma quell’embrione avrebbe dovuto avere il tempo per svilupparsi realizzando anzitutto quella armonizzazione, quel grado di sufficiente omogeneità tra i Paesi che avrebbero adottato la stessa moneta, onde evitare che la sua introduzione avvantaggiasse i Paesi più forti e indebolisse quelli più deboli.

E invece proprio questo si è evitato di fare. L’euro che oggi circola non è e quello previsto dal Trattato, bensì è il figlio illegittimo di un regolamento europeo, il numero 1466/97, che ha completamente stravolto il disegno originario previsto dal Trattato di Maastricht, disegno peraltro confermato dai Trattati successivi.

È questa una tesi sostenuta già qualche anno fa da Giuseppe Guarino e da me e da altri in seguito ripresa. Il Trattato di Maastricht, e quelli successivi non si discostano da esso, prevedeva in capo agli Stati membri due poteri fondamentali: quello del mantenimento del controllo sulla propria politica economica e quello di indebitarsi nei limiti prefissati, ma anche di superarli nel caso di circostanze eccezionali e temporanee. Con il regolamento citato invece tutto questo cambia, viene stravolto, e il processo per introdurre la nuova moneta subisce una improvvisa accelerazione. Gli Stati venivano completamente esautorati da qualsiasi determinazione nella loro politica economica e il loro compito era quello di raggiungere a medio termine il pareggio di bilancio, attenendosi al programma stabilito dall’Unione. Prima erano i governi nazionali a conservare una certa autonomia su come rag-giungere gli obiettivi di politica economica e di bilancio, ora tutto finiva nelle mani dell’Unione. La sovranità degli Stati membri è stata violata con un regolamento che tradisce persino lo spirito dei Trattati europei.

Il Parlamento europeo, invece di limitarsi a fare il pass-carte della Commissione europea, dovrebbe quantomeno aprire una commissione d’inchiesta per far luce su quello che è successo. Eppure sino a oggi nessuna forza politica ha pensato di farlo.

Ci sono dei responsabili? Certo più di uno. Ma uno almeno vogliamo indicarlo ancora una volta. Il regolamento è stato proposto dalla Commissione europea, di cui allora faceva parte per l’Italia, tra gli altri, Mario Monti, e formalmente emanato dal Consiglio europeo, il 7. 7. 97, con decorrenza 1.1.99, nel più totale silenzio. Quello che è avvenuto è un vero e proprio «colpo di Stato» – l’espressione non è mia, ma di Guarino -, contro gli Stati nazionali e i loro cittadini, posto in atto dalla Commissione europea, con il sostegno del Consiglio.

Da allora si sono succeduti esponenzialmente solo meccanismi automatici identificati spesso da acronimi incomprensibili per annullare il potere dei rispettivi Parlamenti nazionali. L’argomentazione spesso sostenuta «abbiamo firmato i trattati e ora dobbiamo rispettarli», a parte la sua inconsistenza (la clausola rebus sic stantibus vale per tutti i trattati), in questo caso è pure del tutto fuorviante. Un regolamento non può mai sostituirsi nella gerarchia delle fonti a un trattato. Vale a dire: per modificare un trattato non basta un regolamento, ci vuole un nuovo trattato. L’euro è stato, dunque, introdotto non nel rispetto dei Trattati europei, bensì paradossalmente contro i medesimi.

A questo punto un governo che intendesse veramente uscire dall’euro, senza rinunciare alla sua partecipazione all’Unione, avrebbe tutte le ragioni per farlo, svelando ciò che sino a oggi è stato tenuto nascosto. E se un governo non volesse farlo (e al momento solo la Lega ha una posizione chiara su questo), i cittadini truffati potrebbero attivarsi già ora con una class action, intraprendendo cioè una azione giudiziaria per responsabilità extracontrattuale nei confronti dell’Unione, che ha di fatto legittimato sino a oggi una moneta falsa e continua a farlo. Con quel regolamento, che di fatto ha mutato le condizioni per l’introduzione della nuova moneta, molti cittadini hanno subìto un danno ingiusto, di cui stanno ancora oggi pagando le conseguenze. Non sono coloro che si battano contro l’euro a non rispettare i trattati, ma coloro che lo hanno introdotto in modo fraudolento.
Paolo Becchi, Libero 24.6.17


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