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Attualità

Un sistema fiscale semplice, equo e razionale. Proposta per una radicale riforma dell’attuale sistema (di Davide Gionco)

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Da anni rifletto su come potrebbe essere organizzato un sistema fiscale equo, razionale. Ideale.
L’attuale sistema fiscale italiano è probabilmente il più complesso del mondo, composto da balzelli assurdi di ogni genere, molte scadenze, alti rischi di sanzioni.
OItre a questo, la tassazione media è molto elevata, senza che a questo corrisponda un altrettanto elevato livello dei servizi pubblici.
L’atteggiamento di fondo dello stato, insopportabile e francamente inaccettabile, è di “fare cassa” in qualunque modo a spese dei cittadini.
Tutti noi siamo coscienti della necessità di un sistema fiscale per finanziare i servizi pubblici e per una redistribuzione della ricchezza. Nello stesso tempo non accettiamo si essere trattati come “vacche da mungere” da un sistema di riscossione ingiusto e disumano, che toglie il pane di bocca alle persone.
Scopo di questo articolo vuole essere avviare una discussione su una radicale riforma del sistema fiscale, in modo da renderlo logico, umanamente sostenibile ed efficace nel conseguimento degli obiettivi politici fondamentali, che a nostro avviso devono essere il raggiungimento della piena occupazione nel paese con un’equa redistribuzione della ricchezza, ai sensi della Costituzione.

La semplificazione
La prima cosa da fare, a parità di gettito, dovrebbe essere certamente una riduzione del numero di tributi da pagare.
Questo vorrebbe dire eliminare moltissime imposte che fanno perdere tempo, senza peraltro costituire un gettito rilevante per lo stato: marche da bollo, tasse sull’ombra delle vetrine dei negozi, tasse di concessione, tasse sul registro, addizionali, ecc.
Le perdite di tempo non riguardano solamente coloro che pagano queste tasse, ma anche coloro che devono fare i controlli.
Se, a parità di gettito fiscale, aumentassimo di un 1% l’IVA o l’IRPEF, eliminando in cambio centinaia di piccoli balzelli, pagheremmo le stesse tasse di oggi, ma perdendo meno tempo noi e facendo perdere meno tempo ai funzionari dello Stato per i necessari controlli. E probabilmente questo ci consentirebbe di occupare in modo più proficuo
La seconda cosa da fare, sempre a parità di gettito, è certamente la semplificazione nelle modalità di calcolo e di pagamento.
Anticipi fiscali, compensazioni, detrazioni parziali e dilazionate su più annualità, regolamenti attuativi poco chiari che cambiano ogni anno…
Sarebbe molto più semplice ridurre tutto a poche scadenze o fare in modo che i calcoli, ed i pagamenti, avvengano in automatico, ferma restando la possibilità per ciascuno di controllare e di intervenire su tali automatismi, nel rispetto delle regole.

La logica dei tributi: scoraggiare le attività negative e favorire le attività positive
La terza cosa da fare sarebbe un approccio logico alla realtà dell’economia.
La logica vorrebbe che venissero tassate, per scoraggiarle, le attività negative per l’economia, mentre dovrebbero essere detassate le attività utili per la collettività.
Supponendo di avere eliminato le centinaia di inutili balzelli, concentriamoci sui principali tributi che oggi dobbiamo pagare.

Le tasse sui redditi da produzione
Le tasse sul reddito colpiscono in realtà la produzione di beni e servizi: più produci, più ti tasso.
Oltre all’IRPEF, che colpisce i redditi da produzione delle persone fisiche, abbiamo l’IRES che colpisce i redditi da produzione delle persone giuridiche, abbiamo l’IRAP che colpisce, con base imponibile differente, sempre la produzione delle imprese. Anche i versamenti previdenziali sono una forma di tassazione sui redditi da produzione.
Si tratta di una tassazione totalmente ILLOGICA, in quanto una persona fisica o una impresa viene punita per il fatto di avere creato beni e servizi di pubblica di utilità.
Non solo. Ad essere colpito è il reddito che le persone usano per vivere.
Si tratta di una tassazione che punta a ridurre il tenore di vita delle persone e la loro capacità di spesa.
Ricordiamoci che, come ricordava Keynes, “la mia spesa è il tuo guadagno”.
Se venissero eliminate le varie voci di tassazione sul reddito da produzione, la gente potrebbe spendere di più per vivere, aumentando il proprio benessere. Inoltre, spendendo, porterebbe reddito ad altri lavoratori, i quali anche loro potranno migliorare il loro tenore di vita.
La nostra proposta prevede, quindi, una eliminazione totale di ogni forma di tassazione dei redditi da lavoro, in quanto ha effetti negativi sull’economia reale.

Il risparmio e i capitali
C’è un concetto fondamentale da comprendere quando parliamo di risparmio e di capitali: i pagamenti si concludono non quando percepiamo il denaro, ma quando convertiamo il denaro percepito in beni e servizi utili.
Uno stipendio di 1’500 euro ha il valore potenziale di 1’500 euro in beni e servizi, ma si trasforma in beni e servizi solo quando lo spendo.
Questo significa che il risparmio di denaro ha valore solo se si tratta di una spesa differita del denaro che oggi ho incamerato. Ad esempio posso mettere da parte del denaro per qualche anno in modo da averne abbastanza per acquistare un’auto nuova fra qualche anno, quando quella attuale sarà inutilizzabile. Oppure posso mettere da parte del denaro perché so che fra qualche anno dovrò ristrutturare il tetto della casa.
In generale è saggio mettere da parte del denaro per fare fronte agli imprevisti della vita, una sorta di assicurazione per il futuro. Non a caso la Costituzione, all’art. 47, dice chiaramente che il risparmio deve essere tutelato.
Nei casi in cui l’accumulo di denaro superi il livello di “assicurazione per il futuro” (secondo la stima di ciascuno), però, non possiamo più dire che si tratti di “risparmio”, di denaro che un giorno verrà convertito in beni e servizi.
Si tratta infatti di denaro che mai potrebbe essere speso per le necessità della propria famiglia e che il “risparmiatore” tiene da parte come “capitale”, come una ricchezza finanziaria in sé, improduttiva.
Se il risparmio ha certamente una utilità sociale, l’accumulo di capitali non ha, di per sé, alcuna utilità per la nostra società.
Anzi, l’accumulo di capitali è potenzialmente pericoloso per la Democrazia, in quanto la concentrazione di capitali da un lato impedisce ad altri di disporre dei necessari mezzi di pagamento per il funzionamento dell’economia reale e dall’altro lato crea il rischio che quei capitali siano investiti per cercare delle “rendite finanziarie” distorcendo il libero mercato, corrompendo la politica o in azioni socialmente inaccettabili.
Per questo motivo, nella salvaguardia del risparmio (art. 47 della Costituzione), tenuto conto della capacità contributiva (art. 53 della Costituzione) e dell’utilità sociale sarebbe molto opportuno detassare totalmente il risparmio e nello stesso tempo tassare i capitali.
Se, ad esempio, stabiliamo la quota risparmio a 100 mila euro, significherebbe che il totale dei depositi bancari fino ad un totale di 100 mila euro non sarebbero soggetti ad alcuna tassazione, mentre i depositi per la quota superiore a 100 mila euro sarebbero oggetti a tassazione.
Il grande vantaggio rispetto ad oggi è che la tassazione andrebbe a colpire la ricchezza “non necessaria” per la vita quotidiana delle famiglie, riducendo l’accumulo di capitali da parte di pochi e redistribuendo la liquidità circolante verso il resto della popolazione. In questo senso la tassazione potrebbe essere fortemente progressiva, in modo da conseguire un alto grado di redistribuzione.
Nei casi in cui il risparmio fosse convertito in immobili, si potrebbe, entro la misura del buon senso, considerare esentasse la proprietà di una seconda casa, mentre si potrebbero tassare ulteriori proprietà di immobili, se non date in locazione.
Una misura fondamentale per mettere in atto questo tipo di tassazione è evidentemente la messa in atto di forti restrizioni alla circolazione di capitali verso l’estero.
Dal punto di vista pratico la combinazione dell’abolizione delle tasse sula produzione di reddito con l’introduzione della tassa sul capitale favorisce l’utilizzo del denaro per produrre beni e servizi, scoraggiando l’accumulo di capitali.

Eliminazione dell’Imposta sul Valore Aggiunto e tasse sulla produzione.
Con la stessa logica di cui sopra non si vede la ragione per tassare la creazione di valore aggiunto da parte delle imprese, che è un’opera socialmente positiva e benvenuta.
L’IVA potrebbe pertanto essere eliminata, analogamente a quanto avvenute per le tasse sulla produzione di reddito.
Si potrebbero introdurre forme di tassazione sulla produzione di beni di lusso, in quanto non necessari ad una normale vita dignitosa. Si ritiene giusto detassare la produzione di reddito ed i consumi di base della vita quotidiana, ma non si ritiene giusto “sprecare” forza lavoro per produrre beni di lusso a vantaggio di pochi, sottraendola alla produzione di beni più utili per la collettività.
Un altro tipo di tassazione sulla produzione potrebbe essere la tassa sull’impatto ambientale, che tenga conto ad esempio delle emissioni di gas ad effetto serra, del consumo di risorse non rinnovabili e, in generale, dell’impatto ambientale.
Analogamente si potrebbe tassare la produzione di beni che fanno male alla salute (sigarette) e riguardino altri comportamenti che si intende politicamente scoraggiare.

Una tassazione intelligente per favorire lo sviluppo economico
Attualmente l’imposizione fiscale in Italia è sostanzialmente la stessa in tutta Italia, salvo piccole differenze sulla tassazione locale a livello regionale e comunale.
In un paese in cui il reddito medio di certe aree del Nord è il doppio di alcune aree del Sud e in cui il costo del credito e dei trasporti (causa le distanze) non è uniforme sul territorio, l’applicazione dello stesso livello di tassazione in tutto il territorio non può consentire un’accelerazione della crescita delle aree più arretrate.
In questo senso sarebbe cosa molto utile prevedere degli importanti livelli di federalismo fiscale, portando, per quanto possibile, ai livelli inferiori la possibilità di raccogliere imposte e di spenderle sulla base delle esigenze del territorio.
Le aree più svantaggiate potrebbero naturalmente anche beneficiare di una redistribuzione di fondi a livello nazionale.
Una forma di tassazione che potrebbe favorire la produzione locale di beni è una tassazione del trasporto di merci, tanto al km. L’introduzione graduale e pianificata di questo tributo farebbe in modo che i beni che oggi sono prodotti al Nord, dove produrre costa di meno, possano essere prodotti più convenientemente al Sud, più vicino ai consumatori del Sud.
E’ un fatto che dai tempi dell’unità d’Italia in Nord ha sempre registrato un attivo commerciale nei confronti del Sud del paese, causando carenze di attività produttive nel Sud. Solo una “compensazione fiscale” dei differenziali di costo (tasso di cambio reale) potrà consentire lo sviluppo di un sistema produttivo nel Sud Italia.
Infine riteniamo opportuno reintrodurre dei dazi doganali al fine di tutelare la produzione interna di beni e servizi. Non dovrebbe trattarsi di misure ritorsive “da guerra commerciale”, ma solo di uno strumento per mantenere la bilancia estera dei pagamenti sostanzialmente in pareggio.
Siamo convinti che una negoziazione pacifica e intelligente di accordi commerciali con i vari paesi possa consentire ad entrambe le parti di trarre vantaggi per il proprio sistema produttivo.

Il tasso/la tassa di inflazione
La tassazione sui capitali sarà facilmente applicabile ai conti bancari, quindi sulla moneta scritturale.
Per evitare che la tassa sui capitali venga elusa accumulando grandi quantità di contante, è opportuno che il governo agisca in modo da avere un tasso di inflazione non bassissimo, magari dell’ordine del 5-6-7%, in modo da sfavorire l’accumulo di contante.
Difendendo il potere di acquisto con meccanismi di scala mobile l’economia del paese ne trarrebbe solo dei vantaggi.
Il tasso di inflazione si trasformerebbe quindi in una “tassa di inflazione” per la mobilitazione dei capitali.
Per la stessa ragione si potrebbero fare dei controlli sulle operazioni di conversione di moneta contante in moneta scritturale.

L’accumulo di ricchezza tramite beni preziosi
Per evitare che eccessivi accumuli di ricchezza avvengano tramite l’accumulo di preziosi, d’opere d’arte od oggetti di particolare valore, si potrebbe prevedere un catasto di tali beni e l’obbligo di denuncia nel caso li si vogliano convertire in moneta scritturale o in contanti.

Il coordinamento con la spesa pubblica e il supporto al credito
In un precedente articolo ci siamo già occupati dell’inscindibilità degli strumenti di governo dell’economia di un paese: l’emissione di denaro, la raccolta fiscale e la spesa pubblica.
La tassazione differenziata consente di favorire lo sviluppo di attività produttive in modo differenziato nelle diverse aree del paese, ma tale azione può essere efficacemente completata solo con oculati investimenti pubblici per lo sviluppo delle aree più disagiate del paese.
Uno dei fattori che penalizzano lo sviluppo delle aree disagiate del paese è anche la difficoltà dell’accesso al credito.
Per questo motivo si potrebbe pensare ad un ruolo attivo dello Stato nella creazione di banche pubbliche territoriali di supporto agli investimenti privati, in grado di offrire credito, grazie al supporto pubblico, a prezzi accessibili.
Ferma restando la necessità di adeguati controlli contro le frodi (magari investendo il necessario in Giustizia e in Forze di Sicurezza), una banca pubblica per lo sviluppo locale potrebbe offrire dei tassi di interesse accessibili, prendendosi in carico eventuali rischi aggiuntivi tipici dei progetti di sviluppo in aree economiche poco sviluppate.

La riforma del sistema pensionistico
Si è accennato alla fine dei versamenti pensionistici, che oggi sono di fatto una tassazione sui redditi da lavoro.
Il sistema pensionistico verrebbe finanziato dalla fiscalità generale,
La pensione sarebbe costituita da un assegno mensile uguale per tutti, erogato alle persone non più in grado di lavorare, di importo sufficiente a garantire una vita dignitosa.
Chi lo volesse potrebbe investire privatamente parte dei propri risparmi in modo da ottenere una rendita complementare.

Cambiamento dei rapporti fra fisco e contribuenti
Con un nuovo sistema fiscale, in uno Stato dotato di sovranità monetaria, senza l’assillo di trovare denaro a tutti i costi, è fondamentale un radicale cambio di atteggiamento nei confronti dei contribuenti.
Nessuna necessità di anticipi fiscali.
Possibilità e facilità di compensare crediti verso lo Stato con il pagamento di imposte.
Poche scadenze e meccanismi di pagamento semplici ed automatici.
In caso di contenziosi lo Stato potrà aspettare il pagamento fino all’ultimo grado di giudizio, senza fretta di incassare.
Ogni servizio di consulenza fiscale, finalizzato a semplificare la vita dei contribuenti, deve essere gratuito e facilmente accessibile.
L’accordo, politico, fra Stato e contribuenti diventa il seguente: sei libero di lavorare, di guadagnare, di spendere per vivere, di andare in pensione, di risparmiare fino a 100 mila euro e di avere una seconda casa senza pagare alcun tipo di tassazione.
Tassiamo solo le attività che intendiamo socialmente scoraggiare, non per “fare cassa”, ma per decisione politica di scoraggiare certi comportamenti.
Tassiamo soprattutto l’eccesso di ricchezza, l’accumulo di denaro che supera le necessità di una vita normale e serena. Quindi non ti toglieremo mai il pane di bocca, ma tasseremo solo il superfluo, per redistribuirlo, per il benessere di tutti.


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