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Un Parlamento illegittimo modifica la Costituzione: scaricate e depositate la denuncia per usurpazione del potere politico, fermiamo il colpo di Stato.

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Dopo i drammatici fatti degli ultimi giorni, un Parlamento composto, sono parole della Corte di Cassazione, in grave alterazione dei principi di rappresentatività democratica, ha avuto l’arroganza inaudita di approvare un’ampia revisione costituzionale su ordine diretto del Governo.  Trattasi di un atto eversivo dell’ordinamento senza precedenti che la Magistratura penale ha il dovere di fermare. Ecco la denuncia in integrale che potrete scaricare e depositare in ogni Procura della Repubblica italiana.

Clicca qui sotto per il pdf:

Penale usurpazione potere politico

PROCURA DELLA REPUBBLICA

ATTO DI DENUNCIA – QUERELA

Promosso da __________________________________________________ nato/a a _______________________ il ____________________ e residente in_______________________,

via ____________________________ ed ai fini del presente atto elettivamente domiciliato presso lo studio e la persona dell’Avv. Marco Mori (C.F.: MRO MRC 78P29 H183L – Tel e Fax: 0185.231221 – Pec: [email protected]), sito in Rapallo (GE), C.so Mameli 98/4.

* * *

L’art. 1 della Costituzione Italiana recita: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”;

L’art. 287 c.p. punisce: Chiunque usurpa un potere politico, ovvero persiste nell’esercitarlo indebitamente, è punito con la reclusione da sei a quindici anni”.

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PREMESSO IN FATTO

1) Con provvedimento 21 dicembre 2005 n. 270 il Parlamento italiano approvava la nuova legge elettorale, meglio nota con il termine dispregiativo di “Porcellum”, termine di fatto coniato dallo stesso autore del disegno di legge, Roberto Calderoli, che autodefinì il suo lavoro “una porcata”;

2) Le criticità del porcellum erano principalmente due, il premio di maggioranza e l’abolizione del voto di preferenza con cui gli elettori potevano scegliere di premiare uno specifico candidato;

3) Come noto, con sentenza della Corte Costituzionale n. 1/2014, il “porcellum” è stato dichiarato incostituzionale per violazione degli artt. 3, 48, 56 e 58 Cost. In sostanza il voto, in forza di tale legge elettorale, non è più stato espletato dai cittadini in modo eguale, diretto, libero e personale;

4) La Cassazione, con sentenza n. 8878/14, ha potuto poi ribadire il gravissimo vulnus democratico che ha travolto la nostra democrazia affermando, con molta più durezza e decisione della Corte Costituzionale, che: “E in effetti, la dedotta lesione v’è stata per il periodo di vigenza delle disposizioni incostituzionali, poiché i cittadini elettori non hanno potuto esercitare il diritto di voto, personale, eguale, libero e diretto, secondo il paradigma costituzionale, per la oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica, a causa del meccanismo di traduzione dei voti in seggi, intrinsecamente alterato dal premio di maggioranza disegnato dal legislatore del 2005, e a causa della impossibilità per i cittadini elettori di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento”;

5) Come noto il Parlamento è il fulcro della nostra democrazia, ma non è sovrano di per se stesso, è sovrano solo perché è composto secondo i principi di rappresentatività democratica. La sovranità infatti appartiene al popolo ex art. 1 Cost., che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione, limiti oggi palesemente violati;

6) Non vi è dubbio che le Camere avrebbero dovuto essere sciolte, da Giorgio Napolitano prima e da Sergio Mattarella poi, visto il grave vulnus democratico già accertato dalla Magistratura, ma ciò non è avvenuto per grave colpa dei due Presidenti, che tuttavia in merito a tale scelta godono di immunità ai sensi della Costituzione;

7) Ad ogni buon conto tale immunità non riguarda i restanti usurpatori del potere politico, che oggi continuano ad imporre la propria volontà a discapito del popolo italiano;

8) Il semplice mantenimento abusivo del potere politico, che dopo le due sentenze citate è palesemente doloso, avrebbe dovuto portare ad un’incriminazione d’ufficio ex art. 287 c.p. in capo a tutti coloro che hanno proseguito ad esercitarlo indebitamente. La Magistratura non ha avuto il coraggio di operare tale scelta, rinunciando di fatto, sino ad oggi, alla sua indipendenza rispetto agli altri poteri dello Stato, ovvero al potere legislativo e all’ormai sempre più ingombrante ed autoritario potere esecutivo;

9) Un Parlamento composto in violazione dell’art. 1 Cost. ha riformato la Costituzione una prima volta con Legge Cost. n. 1/2012. Con essa è stato inserito, tra l’altro, il vincolo del pareggio in bilancio in Costituzione emendando l’art. 81 Cost. e creando un evidente contrasto interno tra tale norma e l’art. 47 Cost., che al contrario impone alla Repubblica l’adozione di politiche di deficit nel lungo periodo al fine di creare risparmio diffuso;

10) Tale intervento normativo è avvenuto prima della pronuncia della Corte Costituzionale e può dunque esservi dubbio sul dolo necessario alla punibilità della condotta criminosa. Tuttavia visto che lo stesso autore della legge elettorale l’aveva definita “una porcata”, a sommesso avviso di chi scrive, il dolo era già sussistente poiché tutti sapevano della palese incostituzionalità del porcellum;

11) Ad ogni buon conto, tale ragionamento non vale certamente per quanto avvenuto in questi giorni, giorni nei quali ha trovato dimostrazione, con tutta la possibile evidenza materiale, quanto sia stato grave il deficit democratico degli ultimi dieci anni nel Paese;

12) Il Governo ha proposto un’ampia riforma Costituzionale, la più ampia della storia Repubblicana, che il Parlamento ha approvato grazie alla maggioranza artificialmente ottenuta in forza della legge elettorale dichiarata incostituzionale;

13) Un Parlamento composto in accertata violazione dei principi di rappresentatività democratica ha modificato, su ordine del Governo, la Costituzione. Se non si applica l’art. 287 c.p. in un caso del genere, non si vede quando lo si dovrebbe applicare;

14) L’azione penale è obbligatoria per legge e l’inerzia delle Procure non è a questo punto ulteriormente accettabile, è ora che si metta fine alla fase di sospensione democratica che si protrae nel nostro Paese da dieci anni e che ha portato la nostra democrazia ad un passo dal suo definitivo tramonto.

IN DIRITTO

L’art. 287 c.p. punisce chi: Chiunque usurpa un potere politico, ovvero persiste nell’esercitarlo indebitamente, è punito con la reclusione da sei a quindici anni.

Usurpare significa arrogarsi ovvero assumere un potere che per legge non spetta.

Come detto nelle premesse il Parlamento non è sovrano di per se, la sovranità appartiene, ex art. 1 Cost. al popolo, che delega il suo esercizio ai propri rappresentati, scelti secondo le forme costituzionali del voto eguale, diretto, libero e personale.

Se l’Ill.ma Procura non “crede” all’Avv. Marco Mori, autore materiale della presente denuncia, allora potrà trovare più credibili i membri della nostra Assemblea Costituente, ovvero i Padri della Costituzione italiana del 1948.

Il vice Presidente dell’Assemblea, l’On. Umberto Tupini, ci ricordava come: Punto centrale di tutto l’ordinamento è il Parlamento. Noi auspichiamo che il Parlamento possa, in avvenire, rappresentare per il nostro popolo come il palladio delle sue libertà e l’istituto senza il quale la democrazia è nome vano e artificioso. Anche il regime fascista parlava di democrazia ma il Parlamento era ridotto ad una smorfia ed a una contraffazione di se stesso”.

L’On. Meuccio Ruini nel progetto di Costituzione, ancor più chiaramente, ribadiva quello che è il concetto cardine per la configurazione del reato di cui si dibatte: “La sovranità del popolo si esplica, mediante il voto, nell’elezione del Parlamento e nel referendum. E poiché anche il referendum si inserisce nell’attività legislativa del Parlamento, il fulcro concreto dell’organizzazione costituzionale è qui, nel Parlamento; che non è sovrano di per se stesso; ma è l’organo di più immediata derivazione del popolo; e come tale riassume in sé la funzione di fare le leggi e di determinare dirigere la formazione e l’attività di governo.

Ricordiamo che nel caso di specie il D.D.L. di riforma Costituzionale è stato firmato da un membro del Governo (Maria Elena Boschi), fatto che da solo già costituisce usurpazione di un potere politico sulla base degli assetti della carta del 1948, in cui ovviamente doveva essere appunto il Parlamento a dirigere l’attività di Governo e giammai il contrario.

Mentre un membro del Governo può certamente proporre un disegno di legge ordinaria al Parlamento, non è possibile che il Governo si occupi di riforme Costituzionali, essendo tale azione, sic et simpliciter, un’eversione dell’ordinamento democratico. Ovvio che con un Parlamento di “nominati”, l’equilibrio tra potere esecutivo e legislativo si è completamente dissolto, trattasi di un altro evidente e nefasto effetto del porcellum.

In ogni caso, se è chiaro che la piana lettura della Costituzione e l’interpretazione autentica di essa dei Padri Costituenti, conducono ad affermare con certezza che il Parlamento è sovrano solo in virtù dell’investitura popolare, viene assolutamente spontaneo chiedersi come possa, un Parlamento composto secondo la Corte di Cassazione in grave alterazione dei principi di rappresentatività democratica, approvare un’ampia riforma Costituzionale scritta oltretutto dal Governo?

Semplicemente non può.

Il fatto che si stia esercitato indebitamente un potere politico è già giurisprudenzialmente accertato, la conseguente commissione del delitto di cui all’art. 287 c.p., da parte di chi ha scritto e voluto la riforma costituzionale e da parte di chi l’ha approvata senza essere investito della sovranità per farlo, è un fatto di sconcertante pacificità.

Si pretende dunque la punizione dei responsabili di questo reato che è ad oggi ancora in corso ovvero specificatamente dei membri del Governo, a partire dal Presidente del Consiglio, Matteo Renzi e dei Parlamentari tutti che, malgrado non avessero alcuna legittimazione democratica, hanno comunque votato a favore della riforma.

Pare davvero appena il caso ricordare, onde evitare sciocche controdeduzioni difensive, che il fatto che la legge costituzionale sarà sottoposta a referendum confermativo ex art. 138 Cost. non esclude affatto l’usurpazione del potere politico, che si è comunque verificata a prescindere dall’esito del futuro referendum.

Un “no” alla riforma eviterà le ulteriori conseguenze del reato commesso, ma ovviamente non retroagisce alla sua consumazione, che palesemente si individua nel momento stesso in cui il potere politico è stato usurpato e trattenuto indebitamente.

Lasciamo alla Procura il compito poi di valutare se, in generale, la prosecuzione della legislatura dopo la sentenza n. 1/2014 sia in toto usurpazione del potere politico e dunque tale usurpazione non si verifichi solo dove sia stata toccata la Costituzione, ma anche nell’ordinaria azione legislativa.

Lo scrivente aderisce a tale tesi in quanto la Corte Costituzionale, laddove definisce un fatto concluso le elezioni che hanno formato il presente Parlamento, legittimando l’azione ordinaria dello stesso (ma non già quella straordinaria!) ha detto una clamorosa sciocchezza, che in ogni caso non incide assolutamente sull’obbligatorietà dell’azione penale.

Anzi a dirla tutta, il fatto che la Corte abbia legittimato un’usurpazione del potere politico mi avrebbe indotto, senza esitazione alcuna, ad inserirne i membri tra i denunciati in questo atto. Solo l’immunità dei suoi componenti rende inutile farlo, ma non c’é dubbio che quella sentenza sia uscita, anche sotto il profilo penale, dai binari di uno Stato di diritto.

Se il Parlamento non è sovrano di per se, come scritto nero su bianco dai nostri Padri Costituenti, in caso di violazione dei principi di rappresentatività democratica, esso non può proseguire nella sua attività.

Dove non è intervenuta la Corte Costituzionale, laddove non sono intervenuti due discutibili Presidenti della Repubblica, deve intervenire la Magistratura penale.

La critica argomentata alla sentenza della Corte, già chiara in queste parole, merita comunque una spiegazione che si trae pedissequamente, trascrivendola, dal libro “Il tramonto della democrazia – analisi giuridica della genesi di una dittatura europea, 2016, Agorà & Co.” scritto proprio dall’autore materiale del presente atto, Marco Mori:

L’illegittimità del Parlamento avrebbe dovuto portare ad un ovvio “reset” istituzionale, con la restituzione della sovranità al popolo (suo unico legittimo proprietario) per l’immediato ripristino della rappresentatività democratica, ma ciò non è quello che è accaduto.

La Corte Costituzionale nella parte motiva della pronunzia, dopo aver dichiarato l’incostituzionalità della legge, si è purtroppo anche così espressa:

È evidente, infine, che la decisione che si assume, di annullamento delle norme censurate, avendo modificato in parte qua la normativa che disciplina le elezioni per la Camera e per il Senato, produrrà i suoi effetti esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale, consultazione che si dovrà effettuare o secondo le regole contenute nella normativa che resta in vigore a seguito della presente decisione, ovvero secondo la nuova normativa elettorale eventualmente adottata dalle Camere.

Essa, pertanto, non tocca in alcun modo gli atti posti in essere in conseguenza di quanto stabilito durante il vigore delle norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto. Vale appena ricordare che il principio secondo il quale gli effetti delle sentenze di accoglimento di questa Corte, alla stregua dell’art. 136 Cost. e dell’art. 30 della legge n. 87 del 1953, risalgono fino al momento di entrata in vigore della norma annullata, principio «che suole essere enunciato con il ricorso alla formula della c.d. “retroattività” di dette sentenze, vale però soltanto per i rapporti tuttora pendenti, con conseguente esclusione di quelli esauriti, i quali rimangono regolati dalla legge dichiarata invalida» (sentenza n. 139 del 1984).

(N.d.a. – se vale appena la pena ricordarlo, perché la Corte si è affannata a specificare questo concetto? Forse perché esso palesemente sovverte la naturale efficacia retroattiva delle sue sentenze? Quantomeno ambiguo: excusatio non petita, accusatio manifesta).

Le elezioni che si sono svolte in applicazione anche delle norme elettorali dichiarate costituzionalmente illegittime costituiscono, in definitiva, e con ogni evidenza, un fatto concluso, posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti (n.d.a. – clamorosamente falso visto che l’art. 66 Cost. dispone: “ciascuna camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità ed incompatibilità”. Quale causa sopraggiunta d’illegittimità è più grave di una pronuncia di incostituzionalità della legge elettorale? Non posso immaginarne alcuna).

Del pari, non sono riguardati gli atti che le Camere adotteranno prima che si svolgano nuove consultazioni elettorali.

Rileva nella specie il principio fondamentale della continuità dello Stato, che non è un’astrazione e dunque si realizza in concreto attraverso la continuità in particolare dei suoi organi costituzionali: di tutti gli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento. È pertanto fuori di ogni ragionevole dubbio – è appena il caso di ribadirlo – che nessuna incidenza è in grado di spiegare la presente decisione neppure con riferimento agli atti che le Camere adotteranno prima di nuove consultazioni elettorali: le Camere sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare. Tanto ciò è vero che, proprio al fine di assicurare la continuità dello Stato, è la stessa Costituzione a prevedere, ad esempio, a seguito delle elezioni, la prorogatio dei poteri delle Camere precedenti «finché non siano riunite le nuove Camere» (art. 61 Cost.), come anche a prescrivere che le Camere, «anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni» per la conversione in legge di decreti-legge adottati dal Governo (art. 77, secondo comma, Cost.)”.

La Corte chiaramente ha affermato che la composizione attuale dei due rami del Parlamento costituisce situazione giuridica esaurita e che dunque la legittimazione, anche a legiferare, delle Camere ad oggi permane. Tuttavia la situazione è ben diversa rispetto a quanto prospettato nella citata sentenza, che risulta affetta da gravi errori, sia sotto il profilo logico, che giuridico. Pare davvero una volontaria, ed assai improbabile, arrampicata sugli specchi.

La Corte Costituzionale ha certamente sbagliato, rendendo lecito il dubbio che il porcellum stesso abbia demolito il suo ruolo di garanzia nell’imporre il rispetto della democrazia costituzionale, ruolo possibile solo se l’indipendenza dei suoi componenti dagli altri poteri dello Stato resta assoluta.

Per i giuristi è venuto il momento di smettere di voltarsi dall’altra parte e dire le cose come stanno, le conseguenze infatti sono troppo gravi. Il fatto che siano magistrati in forza alla Corte Costituzionale a scrivere sciocchezze non ci impone di osservare un omertoso silenzio in segno di un rispetto a questo punto largamente immeritato.

Il diritto di opinione, fortunatamente, resta. Ma andiamo con ordine.

In primo luogo, per capire il punto, occorre ovviamente chiedersi quali siano i poteri della Corte Costituzionale e se, conseguentemente, la stessa avesse o meno la possibilità di pronunciarsi, con gli effetti propri del giudicato, su qualcosa di diverso dalla mera declaratoria di incostituzionalità della norma oggetto del suo esame, o di quelle consequenziali ad essa.

Effettivamente vi sono solidi argomenti giuridici per ritenere che la pronunzia in merito all’attuale legittimazione del Parlamento sia, oltre che palesemente errata, anche assolutamente incidentale e dunque non vincolante nel nostro ordinamento e ciò in quanto la determinazione degli effetti dell’incostituzionalità di una norma non rientra affatto nei poteri che la Costituzione conferisce ai sensi dell’art. 134 alla Corte stessa. In claris non fit interpretatio.

A fondamento della propria presa di posizione circa la piena legittimazione dell’attuale Parlamento la Corte richiama due norme di legge. Tuttavia, proprio menzionando tali norme, la stessa finisce per evidenziare compiutamente i vizi del proprio ragionamento.

Le norme richiamate infatti codificano gli effetti della declaratoria d’incostituzionalità sancendone la piena retroattività. Esaminiamole.

L’art. 136 Cost., a piena conferma del mio ragionamento, dispone:

Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”.

Dunque è la Costituzione a determinare quali siano gli effetti della declaratoria d’incostituzionalità e non la Corte Costituzionale secondo il suo arbitrio. Secondo la Costituzione la norma dichiarata incostituzionale non viene abrogata ma perde efficacia nell’ordinamento.

La perdita di efficacia è qualcosa di ben più profondo di una semplice abrogazione in quanto presuppone la retroattività degli effetti della pronuncia della Corte. Di palmare evidenza che, se un Parlamento illegittimo nella sua composizione continua tranquillamente a legiferare, gli effetti della norma dichiarata incostituzionale permangono vivi più che mai nell’ordinamento. In verità più il Parlamento legifera e più gli effetti della legge dichiarata incostituzionale si diffondono e si moltiplicano!

Se poi il Parlamento da il via ad un ampia revisione Costituzionale, volta peraltro a cancellare la sovranità e l’indipendenza del Paese, siamo davvero difronte ad un atto sostanzialmente eversivo che la Corte non ha saputo fermare sul nascere, malgrado ne avesse l’evidente obbligo.

D’altro canto, una situazione giuridica può dirsi logicamente esaurita unicamente laddove non continui a determinare nuovi effetti (conseguenze) nell’ordinamento.

Ad ulteriore conferma dell’assoluta erroneità del ragionamento della Corte basta anche solo rammentare che la Costituzione prevede un meccanismo atto ad assicurare la continuità dello Stato laddove dispone, ad esempio, a seguito delle elezioni, la prorogatio dei poteri delle Camere precedenti “finché non siano riunite le nuove Camere” (art. 61 Cost.).

Pertanto, non corrisponde al vero neppure l’ulteriore esternazione che si legge in sentenza, ovvero che la perdita di poteri in capo al Parlamento avrebbe creato pregiudizio al corretto funzionamento delle istituzioni democratiche. Il Parlamento avrebbe ben potuto legiferare in via d’urgenza fino all’avvento delle nuove elezioni.

Poter legiferare nanti ad una situazione di necessità certamente non significa “fregarsene” dell’alterazione della rappresentatività democratica e portare a termine il mandato parlamentare come se nulla fosse accaduto: così si entra a pieno titolo nel diritto penale, data l’evidente appropriazione di un potere politico che apparterrebbe esclusivamente al popolo (art. 287 c.p.).

Il pregiudizio, al contrario, sussiste solo laddove si consente ad un Parlamento illegittimo di proseguire nella sua attività.

L’art. 30 Legge n. 87/1953, ad ulteriore conferma delle tesi che affermo con il necessario furore che scaturisce dall’assistere impotente al tradimento dei valori repubblicani, recita:

La sentenza che dichiara l’illegittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge dello Stato o di una Regione, entro due giorni dal suo deposito in Cancelleria, è trasmessa, di ufficio, al Ministro di grazia e giustizia od al Presidente della Giunta regionale affinché si proceda immediatamente e, comunque, non oltre il decimo giorno, alla pubblicazione del dispositivo della decisione nelle medesime forme stabilite per la pubblicazione dell’atto dichiarato costituzionalmente illegittimo. La sentenza, entro due giorni dalla data del deposito viene, altresì, comunicata alle Camere e ai Consigli regionali interessati, affinché, ove lo ritengano necessario adottino i provvedimenti di loro competenza. Le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano la esecuzione e tutti gli effetti penali”.

Dunque, anche la seconda delle norme richiamate dalla Corte Costituzionale a sostegno delle proprie ragioni, in realtà, non limita affatto la retroattività degli effetti della pronuncia d’incostituzionalità di una legge in riferimento ai soli rapporti giuridici tuttora pendenti.

L’apodittico assunto della Corte circa la non retroattività degli effetti della propria pronuncia non può avere gli effetti propri del giudicato.

Peraltro, ed è appena il caso di sottolinearlo nuovamente, ai sensi dell’art. 1 Cost. “La sovranità appartiene al popolo”.

Non si riesce ad immaginare nulla che possa contravvenire maggiormente a tale fondamentale precetto (non a caso espresso nell’articolo 1) di un Parlamento che continui a legiferare, nonostante la sua elezione sia avvenuta proprio in violazione del rispetto della sovranità popolare stessa.

Come può la Corte Costituzionale definire tale stato di cose una situazione giuridica “esaurita”? Molto semplicemente non può e la realtà di questi giorni lo conferma pienamente. Gli “abusivi” si sono infatti elevati a Padri Costituenti.

Ritengo che la storia sarà addirittura più dura di me quando, tra qualche decennio, si tornerà a dibattere su quanto accaduto in questi tempi oscuri per la ragione.

Altrettanto infondato è infine ritenere che la nomina a parlamentare sia un fatto giuridico esaurito anche in riferimento all’art. 66 Cost., che dispone l’esatto contrario:

Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”.

Ergo, se la nomina di un Parlamentare diventa illegittima, anche successivamente al voto, può comunque essere travolta, con buona pace dell’assurdità di ritenere fatto esaurito la composizione di un Parlamento. Non si vede causa di ineleggibilità sopraggiunta più clamorosa di quella che dichiara incostituzionale, per violazione dei principi di rappresentatività democratica, la legge che ha portato una determinata persona in Parlamento.

In merito poi alle norme emanate dall’attuale Parlamento composto da abusivi le argomentazioni sopra esposte conducono alle seguenti conclusioni.

Le leggi precedenti alla sentenza della Corte sono legittime (si possono effettivamente ritenere un fatto giuridico esaurito), quelle successive invece, tra cui anche l’ampia riforma istituzionale, sono sic et simpliciter un fatto illecito, a mio avviso ampiamente all’interno, al di là delle irrilevanti osservazioni della Corte Costituzionale sul punto, all’ambito di operatività della fattispecie penale di usurpazione del potere politico punito ex art. 287 c.p.

Ma a livello pratico tutto ciò cosa comporta realmente?

Comporta la morte dello Stato di diritto e l’apertura di una fase di assoluta incertezza degli equilibri istituzionali del Paese. Infatti, innegabilmente, ancora oggi è possibile sostenere in giudizio che qualsivoglia legge emessa dal Parlamento, successivamente alla pubblicazione della sentenza n. 1/2014, sia costituzionalmente illegittima.

Solo laddove tale questione arrivasse nuovamente sul tavolo della Corte Costituzionale sarebbe possibile per la stessa pronunziare sentenza avente efficacia di giudicato sul punto (augurandoci che questa volta la Corte faccia diritto anziché politica, sempre che questo sia ancora possibile dopo che una legge elettorale ha regalato alla maggioranza tutti gli organismi di controllo democratici), circostanza che non si è verificata con la sentenza di cui si discute in cui oggetto del contendere era unicamente la legge elettorale.

Pertanto, ad oggi, ogni nuova legge emanata dal Parlamento è potenzialmente passibile di essere dichiarata illegittima dalla stessa Corte Costituzionale, che del tutto legittimamente potrebbe (anzi dovrebbe) mutare l’orientamento espresso in via unicamente incidentale nella sentenza di cui si dibatte e magari scusarsi con il popolo italiano per avere omesso di svolgere correttamente i suoi compiti istituzionali.

Ma ovviamente la Corte godrà della necessaria indipendenza di decisione? O i giudici nominati saranno i figli del partito che li ha portati a quelle importanti, e giustamente ben pagate, poltrone?

Costituzionalmente parlando vi è però anche un altro organo istituzionale che ha il potere, anzi il dovere, di porre fine a questa situazione di potenziale cortocircuito dovuta dall’apertura di una fase di grave incertezza del diritto, che potrebbe esplicitarsi anche tra molti anni, con conseguenze evidentemente catastrofiche: trattasi del Presidente della Repubblica, unico soggetto giuridico che può sciogliere le Camere.

Tuttavia, prima Napolitano, ed oggi Mattarella, entrambi eletti in violazione dei criteri di rappresentatività democratica, non hanno mosso un dito”.

Il testo, tratto dal volume suindicato, non fa che evidenziare come la sentenza sia completamente abnorme, illogica e diretta unicamente ad uno scopo politico, mantenere in vita un Parlamento che viola i principi di rappresentatività democratica in spregio allo stesso concetto di democrazia.

L’Ill.ma Procura ha il dovere di intervenire come ultimo baluardo della legalità in questo Paese ormai dominato dal potere finanziario internazionale che, come sappiamo, ha voluto fortemente questa riforma.

Tutto ciò richiamato e premesso l’esponente

CHIEDE

Che i responsabili dei reati di cui in epigrafe indicati siano condannati penalmente in base alle norme penali suindicate ovvero a quelle meglio viste e ritenute da codesta Ill.ma Procura della Repubblica.

Si esprime la volontà di ricevere informazione circa eventuale iniziativa archiviatoria presso il domicilio eletto.

Si chiede l’emissione dei provvedimenti cautelari meglio visti e ritenuto per fermare quello che appare, a tutti gli effetti, un colpo di stato.

Con la massima osservanza. L’autore del presente atto, Avv. Marco Mori, resta a totale disposizione dell’Ill.ma Procura per ogni opportuno chiarimento.

Luogo e data.

Firmato

Avv. Marco Mori – blog scenarieconomici – membro di Alternativa per l’Italia – autore de “Il tramonto della democrazia – analisi giuridica della genesi di una dittatura europea” disponibile sulla piattaforma online ibs


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