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Un Natale di speranza cristiana nonostante “questa” Chiesa

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È un Natale “zoppo”, questo lo abbiamo capito. Gli manca qualcosa, ma cosa? Il poter partecipare a una Santa Messa in presenza e vicinanza senza l’ingombro di una museruola? Anche, ma non è solo quello. Il poter stare intorno a un tavolo con chi ci vuol bene? Anche, ma non è solo quello. Il poter uscire liberamente a goderci le strade della citta? Anche, ma non è solo quello. L’atmosfera di serenità e di pace? Anche, ma non è solo quello.

Sapete cosa ci manca più di ogni altra cosa? Il “Catéchon”. Una parola greca, usata da San Paolo nella seconda lettera ai Tessalonicesi per indicare il “freno”, l’ostacolo, l’impedimento al dilagare in Terra delle forze del male. E il problema più grosso è che sappiamo tutti quale dovrebbe essere oggi – più che mai nel giorno della Santa festività del natale cristiano – il catéchon: la Chiesa e, in primis, il suo sommo pontefice.

E la cosa stupefacente è che i massimi vertici del clero non solo non sembrano edotti della necessità di assumere, con fierezza e coraggio, questo ruolo terribile ed estremamente rischioso. Sembrano, piuttosto, in consonante sintonia con i “piccoli” (nel senso di ignobili, meschini, criminali)  poteri mondiali al servizio di quel “Potere” cui il Cristo (prima nato, poi crocifisso e risorto) si oppose; divenendo, così, catéchon universale attraverso la sua Chiesa.

Ebbene, c’è una foto simbolo di questo orrendo 2020. Ed è quella che immortala Bergoglio, di bianco vestito, tra i massimi vertici dell’elite globalista mondiale. Ci sono gli amministratori delle tentacolari potenze bancarie e anche gli esponenti delle famiglie più ricche del pianeta. E già su questo ci sarebbe da ridere, o almeno da ridire, se pensiamo all’incarnazione del Dio cristiano: un bambino inerme circondato da poveri e umili pastori. Qualcosa non torna.

Come non torna il pomposo, ridicolo nome dei Signori del Pianeta ricevuti in pompa magna in Vaticano dal Vicario di Cristo: “The Guardians”. I guardiani, capite? Di cosa? Di quello che lorsignori chiamano “inclusive capitalism”. In pratica, il grande reset di un mondo marcio dalle fondamenta realizzato dai principali responsabili di quello stesso marciume. Il lupo che si fa pecora per divorare le pecore: un grande classico della favolistica classica. Dove non ci risulta fosse contemplata la figura del pastore che  apre il cancello dell’ovile al lupo.

Ma Bergoglio, a quanto sembra, non è stato avvisato. O diversamente la pensa. Anche sul piano della comunicazione più sottile ed efficace: quella simbolica. Guardate con attenzione il presepe allestito in piazza San Pietro. Definirlo “diversamente” cristiano è un eufemismo pietoso. Di certo, non è umano: è un obbrobrio di totem cilindrici, con i re magi deformati in una alienità inquietante e, per certi versi, diabolica. In quel presepe c’è il mistero di questo Natale 2020: il fatto, cioè, che rimangano comunque vivi, in noi tutti, barlumi di speranza e fede cristiana. E non grazie alla Chiesa, ma nonostante “questa” Chiesa.

Francesco Carraro

www.francescocarraro.com


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