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UKOIL, crisi in Iraq: le sanzioni USA colpiscono il giacimento di West Qurna-2, uno dei più promettenti dell’Iraq

Le sanzioni USA mettono in crisi LUKOIL in Iraq. La compagnia russa dichiara lo stato di crisi a West Qurna-2 e l’Iraq cancella le spedizioni di greggio. Rischio di ritiro totale entro sei mesi.

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La compagnia petrolifera russa LUKOIL ha ufficialmente dichiarato uno stato di crisi nel gigantesco giacimento iracheno di West Qurna-2. Il motivo? Le sanzioni statunitensi che, a quanto pare, stanno riuscendo a impedire le normali operazioni della società.

Martedì scorso, LUKOIL ha inviato una lettera formale al Ministero del Petrolio iracheno, citando la crisi (in termini legali, spesso “circostanze straordinarie” o forza maggiore) come impedimento alle sue attività operative.

Un funzionario del settore petrolifero iracheno, citato da Reuters, ha chiarito la posta in gioco: se la causa di queste “circostanze straordinarie” non verrà risolta entro sei mesi, LUKOIL potrebbe interrompere la produzione e ritirarsi completamente dal progetto. Un bel problema, considerando che West Qurna-2 è la principale risorsa estera di LUKOIL, nella quale detiene una partecipazione del 75%.

Dove si trova il giacimento West Quarna

Gli effetti delle sanzioni sono già tangibili. L’Organizzazione Statale per la Commercializzazione del Petrolio (SOMO) irachena ha cancellato le spedizioni di greggio di competenza LUKOIL provenienti dal giacimento.

Nello specifico, le spedizioni cancellate erano programmate per:

  • 11 novembre
  • 18 novembre
  • 26 novembre

La situazione non nasce oggi. LUKOIL aveva già tentato di vendere i suoi asset globali in risposta alle sanzioni imposte dalla presidenza di Donald Trump, mirate a spingere la Russia a un cessate il fuoco nel conflitto in Ucraina.

Tuttavia, il tentativo di vendita è fallito: il gruppo svizzero Gunvor, interessato all’acquisto degli asset (incluse le strutture in Iraq), ha dovuto annullare l’intenzione d’acquisto a causa della netta opposizione del Dipartimento del Tesoro USA. Il Tesoro ha infatti annunciato che Gunvor non riceverà la licenza per operare finché la Russia continuerà le sue azioni militari in Ucraina.

Il problema è che West Qurna è una delle principali risorse di gas dell’Iraq,  che pensava di investire massicciamente nel suo sviluppo per raddoppiare la produzione entro il 2027, con l’obiettivo di estrarre 220 milioni di  piedi cubi, 6,3 milioni di metri cubi, di gas al giorno. Per ora queste ambizioni  vengono messe da parte.

A questo punto si può essere sicuri dell’impegno di Lukoil verso il termine del conflitto in Ucraina, ma quale può essere la sua influenza sulla situazione internazionale?

Domande e risposte

Cosa succede se LUKOIL si ritira da West Qurna-2? Se LUKOIL si ritirasse, l’Iraq perderebbe un operatore chiave in uno dei suoi giacimenti più grandi e strategici. Baghdad dovrebbe trovare rapidamente un sostituto, forse una compagnia nazionale o un altro partner internazionale (magari cinese?) disposto a subentrare. Questo creerebbe una forte incertezza sulla produzione, sugli investimenti futuri e, di conseguenza, sulle entrate statali irachene, vitali per l’economia del paese.

Perché gli Stati Uniti hanno bloccato la vendita degli asset LUKOIL a Gunvor? Gli Stati Uniti hanno bloccato la vendita perché, dal loro punto di vista, consentirla avrebbe aggirato le sanzioni. Permettere a LUKOIL di liquidare i suoi asset (come West Qurna-2) e ottenere così ingente liquidità avrebbe vanificato la pressione economica esercitata su Mosca. Il Tesoro USA ha legato il rilascio della licenza alla fine delle ostilità, usando il controllo finanziario come una leva geopolitica diretta.

Qual è la posizione dell’Iraq in questa vicenda? L’Iraq si trova palesemente tra due fuochi. Da un lato, ha bisogno degli investimenti e della tecnologia di LUKOIL per massimizzare la produzione petrolifera, motore della sua economia. Dall’altro, non può ignorare la pressione delle sanzioni statunitensi, che hanno un’influenza enorme sul sistema finanziario globale. La cancellazione delle spedizioni da parte di SOMO (l’ente statale iracheno) suggerisce che Baghdad, al momento, stia subendo e rispettando le restrizioni imposte da Washington.

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