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Ucraina: il 72% dice Sì alla pace con il “congelamento” del fronte. Se l’Europa ci tiene, smetta di ostacolare
Un nuovo sondaggio rivela che la maggioranza degli ucraini accetta lo stop ai combattimenti in cambio di garanzie. Crolla la fiducia negli USA, mentre l’Europa rischia di perdere l’occasione per chiudere il conflitto.

Mentre la diplomazia internazionale si muove tra i corridoi di Berlino e le dichiarazioni ottimistiche di Donald Trump, la realtà sul campo ci restituisce un quadro ben preciso dello stato d’animo della popolazione ucraina. Un recente sondaggio dell’Istituto Internazionale di Sociologia di Kiev (KIIS) ripreso da Le Figarò mette nero su bianco quello che molti analisti realisti sospettavano da tempo: la stanchezza della guerra sta aprendo la strada al pragmatismo.
Secondo lo studio, una schiacciante maggioranza del 72% degli ucraini è pronta ad accettare un piano di pace che preveda il congelamento dell’attuale linea del fronte. Non si tratta di una resa incondizionata, ma di una scelta di Realpolitik dettata dalla necessità di sopravvivenza. La condizione sine qua non, tuttavia, è l’ottenimento di garanzie di sicurezza “affidabili” da parte di Europa e Stati Uniti, capaci di dissuadere Mosca da future aggressioni.
I numeri del realismo ucraino
È interessante notare come l’opinione pubblica ucraina si stia spostando verso posizioni più flessibili, pur mantenendo linee rosse ben precise. Ecco una sintesi dei dati emersi dal sondaggio KIIS:
| Posizione | Percentuale | Dettagli |
| Favorevoli al piano di pace | 72% | Accettano il gelo del fronte in cambio di garanzie di sicurezza occidentali. |
| Accettazione “facile” | 31% | In netto aumento rispetto al 18% di settembre, segno di un crescente pragmatismo e stanchezza. |
| Contrari al piano russo | 75% | Rifiuto categorico di cedere sovranità sul Donbass, limitare l’esercito o rinunciare alla protezione occidentale. |
| Fiducia nell’UE | 49% | Dato stabile. Un ucraino su due vede ancora Bruxelles come un partner affidabile. |
| Fiducia negli USA | 21% | In crollo verticale rispetto al 41% del 2024. |
Il paradosso di Berlino e la frenata europea
Mentre a Berlino si discute di “progressi” e di meccanismi di sorveglianza, emerge un paradosso tutto occidentale. Zelensky, pur con le dovute cautele, ha aperto al congelamento della linea del fronte, cercando di convincere gli americani su questo punto. Tuttavia, le cancellerie europee sembrano spesso più realiste del re, o forse semplicemente confuse.
Nel documento firmato lunedì da diversi leader europei, si ribadisce che “i confini internazionali non devono essere modificati con la forza”. Un principio sacrosanto in diritto internazionale, ma che rischia di diventare un ostacolo se interpretato come un divieto a qualsiasi accordo pragmatico che fermi il massacro. Friedrich Merz ha parlato di truppe occidentali e meccanismi di verifica, ma la sensazione è che l’Europa si muova con una lentezza burocratica incompatibile con le necessità del fronte e non in grado di comprendere la realtà del campo, troppo lontano da Berlino e Parigi.
Se gli europei tenessero veramente al destino del popolo ucraino, dovrebbero prendere atto di quel 72% e accelerare il processo di pace, fornendo quelle garanzie di sicurezza richieste (sul modello dell’articolo 5 della NATO o tramite forze multinazionali), invece di perdersi in distinguo che frenano l’accordo. La popolazione ucraina ha parlato chiaro: è disposta a tollerare l’occupazione de facto (senza riconoscimento de jure) pur di fermare le bombe. Continuare a spingere per obiettivi massimalisti che nemmeno i cittadini di Kiev chiedono più con forza, rischia di essere un esercizio di retorica sulla pelle altrui.
Elezioni e futuro
Un ultimo dato merita attenzione: meno del 10% degli ucraini vuole andare al voto subito. La priorità è la sicurezza, non l’urna. Zelensky mantiene un consenso stabile (61%), per quanto sia possibile un sondaggio politico in questa situazione. Gli ucraini si sentono traditi dalle incertezze americane e guardano all’Europa, che però deve dimostrarsi all’altezza della sfida, passando dalle parole ai fatti concreti per garantire quella pace che Kiev è ormai pronta a sottoscrivere.
Domande e risposte
Cosa si intende esattamente per “congelamento della linea del fronte”?
Il congelamento della linea del fronte implica un cessate il fuoco lungo le attuali posizioni degli eserciti, senza che vi sia un trattato di pace definitivo che riconosca i confini. In pratica, la Russia manterrebbe il controllo de facto dei territori occupati, ma l’Ucraina e la comunità internazionale non riconoscerebbero legalmente questa sovranità. È una soluzione simile a quella adottata in Corea nel 1953, che permette di fermare i combattimenti attivi rinviando la soluzione politica e territoriale a tempi futuri, salvaguardando però l’indipendenza della parte libera del Paese.
Perché la fiducia degli ucraini negli Stati Uniti è crollata così drasticamente?
Il calo dal 41% al 21% riflette la frustrazione per l’incostanza del supporto americano. I ritardi nell’invio di armi, le dispute al Congresso e l’incertezza politica legata alle elezioni e ai cambi di amministrazione hanno eroso la percezione degli USA come partner affidabile. Inoltre, i piani di pace ventilati da alcune fazioni americane, percepiti come troppo vicini alle richieste russe o privi di garanzie reali, hanno alimentato il sospetto che Washington possa usare l’Ucraina come merce di scambio nei suoi rapporti globali con Mosca.
L’Ucraina entrerà nella NATO come parte di questo accordo?
Al momento sembra altamente improbabile un ingresso immediato nella NATO, poiché Mosca lo considera una linea rossa invalicabile. Le negoziazioni attuali vertono su garanzie di sicurezza “molto forti” offerte da Europa e USA, che simulerebbero l’articolo 5 (mutua difesa) senza l’adesione formale all’Alleanza. Si parla di accordi bilaterali, presenza di forze multinazionali o meccanismi automatici di fornitura militare e supporto aereo, capaci di rendere l’Ucraina una “porcospino” indigeribile per la Russia, garantendo deterrenza senza l’allargamento formale della NATO.







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