Analisi e studi
Tutto il mondo parla della MMT, la scuola economica post-keynesiana, tranne che gli eurofanatici di casa nostra (di P. Becchi e G. Zibordi su MilanoFinanza)
Mario Draghi nella sua ultima conferenza stampa ha dichiarato che la Bce “should be open to ideas such as Modern Monetary Theory” cioè che si dovrebbe prendere in considerazione le idee della Mmt, la scuola di pensiero che fa capo a Warren Mosler.
Dal capo economista di Goldman Sachs, Jan Hatzius, che la sottoscrive, a Bernie Sanders, uno dei due top candidati Democratici alla presidenza che ha come advisor un esponente della Mmt, Stefanie Kelton, su Bloomberg, Cnbc, Barrons o il New York Times abbondano le discussioni e le controversie sulla Mmt.
La ragione sta in quello che si è verificato negli ultimi anni che ha dato ragione a questa teoria. Per esempio nel 2019 il debito pubblico Usa aumenterà con Donald Trump di altri 1,200 miliardi di dollari, sforando i 23mila miliardi, l’America entra nel decimo anno consecutivo di espansione senza avere problemi di inflazione o di debolezza del dollaro. Per quanto riguarda il Giappone ci sono discussioni sul fatto che costituisca un esempio di applicazione della Mmt, visto che è arrivato a un debito pubblico del 250% del pil e questo mese ha lanciato un altro piano di espansione fiscale mantenendo sempre i tassi di interesse più o meno a zero e continuando a smentire gli economisti che si preoccupavano del livello del suo debito pubblico.
Anche nell’eurozona si è “stampato moneta”, nel senso che la Bce ha triplicato il suo bilancio da 1,300 a 4,700 miliardi in pochi anni comprando più di un terzo dei titoli di Stato sul mercato (e finanziando con il Tltro banche italiane e spagnole che a loro volta ne hanno comprato). Il risultato è stato che i tassi di interesse sono scesi più o meno zero o persino sottozero e il mercato e lo “spread” è stato addomesticato. A livello globale il debito pubblico negli ultimi dieci anni è più che raddoppiato, ma i tassi di interesse sono scesi ai livelli più bassi della storia, un risultato che è più in accordo con la Mmt che con i testi di macroeconomia più diffusi.
La Mmt è originata curiosamente da un’esperienza di Mosler in Italia nel 1992, quando dopo l’uscita dal “serpente monetario” c’era timore di un default sul debito pubblico italiano. Mosler con altri investitori incontrò il ministro del Tesoro, Luigi Spaventa, per verificare se avrebbe pagato in ogni caso i Btp in scadenza. Mosler chiese “ma alla fine, poi, perché avete bisogno di emettere Btp per finanziarvi ?” e dopo un poco di discussione Spaventa disse che si emettevano Btp per evitare che il tasso interbancario andasse a zero come strumento di politica dei tassi. Fece quindi capire che non ci sarebbe stato alcun default e in caso di bisogno si sarebbe finanziato anche senza Btp.
Sono passati quasi 30 anni e oggi i tassi sono scesi quasi a zero ovunque e i governi di fatto hanno finanziato enormi aumenti di debito pubblico, indirettamente, tramite le Banche centrali, dimostrando che in caso di bisogno un governo può aumentare i deficit pubblici senza problemi. La tesi centrale di Warren Mosler è appunto che la politica ottimale sarebbe non emettere titoli di stato (Treasury o Btp) e tenere i tassi a zero. I deficit verrebbero finanziati con un misto di finanziamento da parte della Banca centrale ed emissione di titoli a breve come i Bot o i T-bills a cui applicare un limite di rendimento molto basso (0,5% ad esempio).
Il caso vuole che la Fed da settembre stia comprando 60 miliardi di T-Bills al mese, aiutando (senza ammetterlo e dando una motivazione diversa) a finanziare gli enormi deficit pubblici Usa. E che Trump le chieda insistemente di portare i tassi a zero.
Diciamo quindi che il mondo degli ultimi anni assomiglia più a quello che descriveva la Mmt che a quello dei Cottarelli & Company, per i quali invece l’aumento del debito pubblico porta a rischi di default e se monetizzato porta a inflazione e svalutazione senza freni.
Se ora applichiamo la Mmt alll’Italia, dobbiamo ricordare che dai primi anni 80 lo Stato ha pagato in totale 4 mila miliardi di interessi su Bot, Cct e Btp, per cui si può senz’altro dire che il debito pubblico, di 2,300 miliardi, sia dovuto solo agli interessi cumulati, ad un caso se vogliamo, di “macro-usura”. Se l’Italia avesse applicato la ricetta Mmt di finanziare in parte tramite la Banca centrale e in parte con Bot a rendimento limitato, avrebbe potuto risparmiare qualcosa dell’ordine di 3 mila miliardi di interessi ed evitare l’austerità, cioè gli avanzi primari a cui è obbligata dal 1995.
Cosa dicono però i critici della Mmt, che da noi sono sicuramente la maggioranza? Sul Sole24 questo mese è apparsa una critica della Mmt come “albero della cuccagna” a firma di un gestore, Gianluca Codagnone: ”Le determinanti della crescita del pil sono molteplici: demografia, produttività, sistema legislativo e istituzionale, livello di istruzione, sono tra le più rilevanti Sono tutte variabili “reali” che poco o nulla hanno a che vedere con la politica monetaria se questa si mantiene equilibrata. La MMT inverte a mio modo di vedere le relazioni causa/effetto: basta stampare e tassare quanto basta e saremo tutti più istruiti, produttivi, con leggi e istituzioni migliori e probabilmente anche più alti e belli”.
E’ curioso che si finga di non vedere che il mondo occidentale (e non solo quello perché la Cina ha aumentato da 7mila a 40 mila mld (in dollari) i suoi aggregati monetari) sia stato salvato da una crisi sistemica da un massiccio intervento di creazione di moneta. Per loro solo la povera Italia va esclusa dalla soluzione che tutto il mondo pratica da tempo.
E’ che l’Italia ha praticato per più di un secolo, perché l’evidenza storica, illustrata per esempio nella “Storia Monetaria d’Italia” di Fratianni e Spinelli, è che dal 1862 al 1980 lo Stato italiano ha finanziato il 54% dei suoi deficit complessivamente con moneta, finanziamenti della Banca centrale (per lo più finanziamenti della Banca centrale).
Semplificando un poco, il cuore del problema è la famigerata creazione di moneta da parte dello Stato, che nel mondo moderno è affidata alla Banca centrale quando finanzia i deficit pubblici. L’evidenza empirica, a cui abbiamo accennato, indica che un raddoppio dei debiti pubblici nel mondo come quello occorso dalla crisi di Lehman in poi, finanziato in parte da creazione di moneta della Banca centrale, non ha avuto conseguenze negative, anzi. Ha consentito di salvare i sistemi bancari e aumentare, fuori dall’eurozona, la spesa e ridurre le tasse sostenendo l’economia. Se si guarda a Spagna e Francia che hanno raddoppiato il debito pubblico dal 2007 tenendo deficit elevati, si vede che hanno potuto riprendersi molto meglio dell’Italia che ha continuato a tassare più di quello che spendeva. I 60 o 70 miliardi di interessi l’anno infatti ritornavano solo in piccola parte alle famiglie, per cui il deficit del 2% medio italiano in realtà non stimolava l’economia e le tasse comunque finivano per aumentare sempre.
In più il vincolo di bilancio ha impedito allo Stato di intervenire a sostegno delle banche italiane in crisi dopo il 2008 come negli altri paesi lasciando che tagliassero il credito indiscriminatamente alle imprese italiane (-25% in dieci anni).
La soluzione è invece proprio quella di andare avanti sulla strada della monetizzazione del debito, come ha fatto il Giappone dove la Banca centrale ne possiede oggi il 44% e una cifra pari al 100% del pil nipponico. Iil Giappone da 30 anni ha alti deficit primari perché ha tenuto la tassazione molto più bassa di noi e il reddito pro capite giapponese è aumentato quanto quello medio dell’eurozona, mentre il nostro è collassato del -7% dal 2007.
Il fatto che negli anni 70 e 80 lo Stato italiano ha fatto più deficit di altri Stati è verissimo, ma in una logica Mmt, è simile a quando uno Stato ha accumulato deficit nel passato a causa di guerre ad esempio. Si può recriminare sugli sprechi del passato (o sulle guerre in cui si è stati coinvolti, in altri contesti), ma questo “peccato originario” non può, dopo 30 anni e dopo aver pagato 4mila miliardi di interessi sui titoli di Stato, continuare a paralizzare per sempre il popolo italiano. Come si è sempre fatto, per esempio, dopo che c’era stato un accumulo di debiti pubblico per delle guerre, occorre una soluzione una tantum per monetizzare parte di questo debito, che è poi quello che, sotto false spoglie, sta facendo Bankitalia che ha ora 400 miliardi di debito pubblico.
La Mmt ha il pregio di inquadrare questa soluzione in una teoria della moneta moderna in cui appunto la politica ottimale sarebbe quella di non emettere più Btp e finanziare i deficit per metà per esempio tramite Banca centrale e metà con Bot a tasso prefissato. Un’altra possibilità è emettere debito permanente a cui dare la caratteristica di moneta, cioè tramite cui consentire al pubblico di spendere come da un conto corrente
I Btp non sono sempre esistiti, sono un invenzione recente, dei primi anni 90 e avevano lo scopo di attirare investitori e banche straniere sul nostro debito, che all’epoca era in mano alle famiglie e alle banche (pubbliche) italiane. Bisogna riconoscere che è stato un errore estromettere le famiglie italiane e affidarsi al mercato estero, anche se non si vuole ammetterlo nonostante l’evidenza delle Banche centrali che sono costrette a stampare moneta per ritirare dal mercato titoli, sia in Europa, che in America che in Giappone. La Mmt aveva previsto quello che è successo negli ultimi dieci anni e aiuta a capire che si può uscire dalla paralisi attuale tornando a dare allo Stato il controllo del suo finanziamento. In tutto il mondo si discute della Mmt e persino Draghi l’ha presa in seria cosididerazione. In Italia invece se ne parla solo per screditarla.
di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi su MilanoFinanza del 27 dicembre 2019
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