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Energia

Turchia e Iraq, finisce lo storico accordo sull’oleodotto di Ceyhan: cosa succede ora al petrolio curdo?

Dopo oltre 50 anni, la Turchia pone fine all’accordo con l’Iraq sull’oleodotto strategico di Ceyhan, bloccato da due anni. Una mossa per rinegoziare i termini e superare le dispute legali. Quale futuro per il petrolio iracheno e curdo?

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Il governo turco ha emanato domenica sera un decreto che pone fine, a partire dal luglio del prossimo anno, a un accordo di 52 anni con l’Iraq relativo a un oleodotto che facilitava il flusso di greggio tra i due paesi. L’oleodotto non trasporta petrolio da oltre due anni.

Cosa è successo?

Il decreto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e firmato dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan, stabilisce che l’accordo del 1973 tra Turchia e Iraq sull’oleodotto per il trasporto di petrolio greggio, e tutti gli accordi successivi negoziati, saranno risolti con effetto dal 27 luglio 2026. L’accordo, che è stato modificato e prorogato nel corso degli anni, aveva lo scopo di facilitare l’esportazione di petrolio greggio dall’Iraq al porto mediterraneo turco di Ceyhan.

Oleodotto Kirkuk Ceyhan

Perché è importante

La Turchia ha chiuso l’oleodotto, che attraversa la regione semiautonoma del Kurdistan, nel marzo 2023 dopo che la Corte internazionale di arbitrato ha ordinato al Paese di pagare all’Iraq 1,5 miliardi di dollari per esportazioni non autorizzate tra il 2014 e il 2018. Più specificamente, la corte ha affermato che Ankara ha permesso alle autorità curde irachene di pompare greggio senza il permesso di Baghdad.

Prima della chiusura, l’oleodotto trasportava circa 500.000 barili al giorno (bpd) di greggio. L’operatore statale turco Botas ha dichiarato sul proprio sito web che, a pieno regime, l’intero sistema di oleodotti, composto da due linee, può trasferire un totale di 1,5 milioni di bpd. Il 31 marzo, Al-Monitor ha riferito che l’Iraq stava chiedendo un ulteriore risarcimento alla Turchia in un secondo caso di arbitrato internazionale per esportazioni non autorizzate.

Da oltre due anni non scorre petrolio attraverso l’oleodotto e i colloqui per riprendere i flussi si sono interrotti, in parte a causa dei disaccordi tra l’Iraq, il governo curdo e le aziende che operano nella zona.

Ankara ha esercitato pressioni su Baghdad affinché ritirasse le cause legali ed è frustrata dal sottoutilizzo dell’oleodotto nell’ambito dell’accordo attuale. Secondo l’U.S. Energy Information Administration, lo scorso anno l’Iraq ha prodotto circa 4,4 milioni di barili di greggio al giorno, rendendo il Paese mediorientale il secondo produttore di petrolio dell’OPEC dopo l’Arabia Saudita.

Lunedì un alto funzionario turco ha dichiarato a Reuters che il sottoutilizzo dell’oleodotto è deplorevole e che Ankara sta cercando di avviare una “fase nuova e dinamica” del progetto. Il funzionario ha affermato che la Turchia vuole negoziare un nuovo accordo che consenta a entrambi i paesi di trarre maggiori benefici dall’oleodotto. Tuttavia, non sono stati forniti ulteriori dettagli su ciò che Ankara si aspetta dal nuovo accordo o su come potrebbero essere risolti i casi di arbitrato.

Partenza dell’oleodotto Kurdistan Turchia

Quindi la conclusione del contratto non è definitiva, ma solo una fase per ridefinirne gli estremi .

Ultime evoluzioni

La scorsa settimana, il governo federale iracheno e il governo regionale del Kurdistan hanno concordato un piano per riprendere le spedizioni di petrolio. Il governo federale ha dichiarato dopo una riunione di gabinetto che il governo regionale del Kurdistan fornirà al ministero del Petrolio iracheno, SOMO, almeno 230.000 barili al giorno per l’esportazione. Una volta che il petrolio sarà stato ricevuto dalle autorità turche al porto di Ceyhan, da dove viene esportato il greggio curdo, Baghdad sbloccherà i fondi per pagare gli stipendi dei dipendenti del KRG.

L’Associazione dell’industria petrolifera del Kurdistan, che rappresenta le compagnie petrolifere internazionali operanti nel nord dell’Iraq, ha dichiarato in un comunicato la scorsa settimana che i suoi membri “sono pronti a riprendere le esportazioni non appena saranno eseguiti gli accordi scritti che onorano i nostri contratti esistenti, regolati dal diritto internazionale”.

Anche gli Stati Uniti hanno intensificato le richieste di progressi. “Abbiamo costantemente incoraggiato Baghdad ed Erbil a risolvere le questioni relative agli stipendi e alla riapertura dell’oleodotto [Iraq-Turchia]“, ha dichiarato Tammy Bruce, portavoce del Dipartimento di Stato, al The New Region. ”Affrontare rapidamente queste questioni segnalerebbe che l’Iraq mette al primo posto gli interessi della sua popolazione e si impegna a creare un ambiente in cui le aziende vogliano investire”.

 


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