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Trump-Cina: l’incredibile minaccia di dazi al 100%. La guerra commerciale rientra dalla finestra
Trump minaccia dazi shock del 100% su tutte le merci cinesi. La mossa di Pechino sulle terre rare fa riesplodere la guerra commerciale: ecco cosa rischia l’economia globale e cosa c’è dietro lo scontro.

Dal suo pulpito preferito, il social network Truth, Donald Trump ha lanciato la bomba: dazi del 100% su tutte, e sottolineiamo tutte, le importazioni provenienti dalla Cina a partire dal 1° novembre 2025.
Una mossa che, se confermata, non sarebbe una semplice scaramuccia tariffaria, ma una vera e propria dichiarazione di guerra economica con conseguenze imprevedibili per l’intera economia globale. I mercati, non a caso, hanno già reagito con nervosismo, con l’indice S&P 500 che ha registrato il calo più netto da aprile. Del resto il livello dei dazi complessivi passerà al 130%-150%.
Ma cosa ha scatenato una reazione così estrema da parte del Presidente?
La mossa di Pechino sulle Terre Rare
La miccia, secondo quanto riportato da Trump, sarebbe stata accesa direttamente da Pechino. Il Dragone avrebbe inviato una “lettera estremamente ostile” alla comunità internazionale, annunciando l’intenzione di imporre controlli su vasta scala alle esportazioni di quasi ogni prodotto, con un’attenzione particolare alle terre rare.
Questi elementi, sconosciuti ai più ma fondamentali per l’industria moderna, sono il cuore pulsante di smartphone, semiconduttori, batterie per auto elettriche e sistemi militari avanzati. La Cina, che controlla oltre il 90% della loro lavorazione a livello mondiale, sa di avere in mano un’arma potentissima. Un’arma che, a quanto pare, non ha più timore di usare.
Trump ha definito la mossa cinese “una disgrazia morale” e un piano “ovviamente architettato da anni”. La sua risposta è stata immediata e simmetrica: se voi bloccate le vostre esportazioni strategiche, noi blocchiamo le vostre esportazioni con una muraglia di dazi.
Cosa rischia l’America (e il resto del mondo)?
Parlare di dazi al 100% è facile, ma bisogna capire la portata di una simile decisione. L’interscambio tra USA e Cina è ancora colossale, nonostante i tentativi di decoupling degli ultimi anni. Un dazio totale raddoppierebbe di fatto il prezzo di quasi ogni bene di consumo e intermedio proveniente dalla Cina.
Ma di cosa stiamo parlando esattamente? Ecco una sintesi delle principali categorie di prodotti che Washington importa da Pechino:
- Macchinari ed Elettronica: Il piatto forte, con un valore di circa $209 miliardi annui. Qui dentro c’è di tutto: dagli smartphone che teniamo in tasca ai componenti per l’industria manifatturiera.
- Giocattoli e Attrezzature Sportive: Un settore da $32 miliardi, che dimostra come anche il tempo libero degli americani dipenda dalle fabbriche di Yiwu e Chenghai.
- Mobili e Arredamento: Circa $21 miliardi di importazioni. I giganti dell’arredamento a basso costo si troverebbero in enormi difficoltà.
- Componenti per Veicoli: Un mercato da $18 miliardi che include parti aftermarket e, sempre più, componenti per veicoli elettrici. Un dazio qui colpirebbe direttamente la transizione verde tanto cara all’amministrazione attuale.
- Abbigliamento e Calzature: Complessivamente, un flusso di circa $17 miliardi. L’impatto sui prezzi al consumo nel settore della moda “fast fashion” sarebbe devastante.
- Strumenti Ottici e Medicali: Un settore da $12 miliardi che ha mostrato tutta la sua criticità durante la pandemia.
La lista è lunga e tocca praticamente ogni aspetto della vita quotidiana. Un dazio del 100% non sarebbe solo un problema per le grandi aziende, ma si tradurrebbe in un’ondata inflazionistica pesantissima per i consumatori finali. Per molti prodotti si tratyterebbe di trovare dei succedani provenienti da altri paesi, Europa o India o Asia sud orientale, che potranno sostiuire le esportazioni cinesi non più disponibili.
Un contrattacco cinese
Quella sulle Terre Rare non è stata l’unica azione commerciale di Pechino: a partire da martedì prossimo, la Cina applicherà tariffe graduali alle navi legate agli Stati Uniti che fanno scalo nei suoi porti, una misura di ritorsione che entrerà in vigore lo stesso giorno in cui entreranno in vigore i sovrapprezzi simili annunciati ad aprile dall’Ufficio del Rappresentante commerciale degli Stati Uniti.
Dopo aver ottenuto l’approvazione del Consiglio di Stato, il gabinetto cinese, Pechino applicherà le tasse alle navi di diverse categorie: quelle di proprietà o gestite da imprese, organizzazioni e individui statunitensi; quelle i cui proprietari o gestori sono di proprietà diretta o indiretta di entità statunitensi che detengono una partecipazione di almeno il 25%; e quelle costruite o battenti bandiera statunitense, ha dichiarato il Ministero dei Trasporti in un comunicato. Il problema sarà soprattutto per le società con partecipazione americana, in quanto la flotta commerciale USA non è particolarmente grande. Paradossalmente le sanzioni simili USA saranno molto più impattanti.
Il decoupling avrà degli effetti imprevisti sulle catene logistiche mondiali, vedremo chi saprà approfittarne maggiormente. Se l’Europa non fosse soffocata dalle normative burocratiche avrebbe delle opportunità di crescere.
Domande e Risposte per i Lettori
1. Perché le “terre rare” sono così importanti da scatenare una crisi internazionale?
Le terre rare sono un gruppo di 17 elementi chimici cruciali per la tecnologia moderna. Non sono “rare” in termini di abbondanza geologica, ma la loro estrazione e lavorazione sono complesse, costose e molto inquinanti. La Cina ha costruito un quasi monopolio strategico in questo settore. Sono indispensabili per produrre magneti permanenti ad alte prestazioni usati nei motori delle auto elettriche, nelle turbine eoliche, nei missili, nei droni, ma anche in prodotti di consumo come smartphone, hard disk e schermi. Controllare la loro fornitura significa avere un’enorme leva negoziale sull’industria tecnologica e della difesa di tutto il mondo.
2. Se Trump applicasse davvero i dazi al 100%, quali sarebbero le conseguenze immediate per un consumatore europeo?
Anche se i dazi sono tra USA e Cina, le conseguenze sarebbero globali. In primo luogo, l’instabilità sui mercati finanziari colpirebbe anche l’Europa. In secondo luogo, molte aziende europee hanno catene di produzione integrate con USA e Cina; un blocco simile le manderebbe in crisi. Infine, si scatenerebbe una corsa globale per accaparrarsi materie prime e beni da fornitori alternativi, facendone schizzare i prezzi. L’inflazione, che stiamo a fatica contenendo, tornerebbe a salire. Inoltre, la domanda americana si riverserebbe su altri mercati, inclusi quelli europei, creando scarsità e ulteriori aumenti dei prezzi anche per noi.
3. Esistono alternative alla Cina per la fornitura di questi beni e delle terre rare?
Sì, ma non sono soluzioni immediate. Per le terre rare, esistono giacimenti in Australia, Stati Uniti, Vietnam e altri paesi, ma creare le infrastrutture di raffinazione per competere con la Cina richiede anni di investimenti miliardari e il superamento di ostacoli ambientali. Per i beni di consumo, paesi come Vietnam, Messico, India e Turchia stanno già erodendo quote di mercato alla Cina. Tuttavia, nessuno di questi paesi ha, da solo, la capacità produttiva, la logistica e l’infrastruttura per sostituire la Cina nel breve-medio periodo. Un passaggio così drastico e immediato causerebbe enormi colli di bottiglia e carenze di prodotti a livello mondiale.

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