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TRUMP: ATTACCO AL LIBERISMO INTERNAZIONALE di Nino Galloni

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Il discorso che Trump ha tenuto al Congresso due giorni fa merita qualche commento.
Ha detto, testualmente, che quindici anni di intervento militare in Medio Oriente sono costati 6.000 miliardi di dollari (quasi metà dell’intero pil Usa di un anno) senza alcun risultato utile; anzi, dice Trump, se i miei predecessori, in questi 15 anni, fossero esclusivamente andati al mare, avremmo risparmiato vite umane, 6.000 miliardi e la situazione in Medio Oriente sarebbe decisamente migliore.
Ma passiamo ad un altro aspetto del suo discorso: se avessimo ammesso negli Usa solo immigrati con elevate qualifiche professionali e non anche per spingere al ribasso i nostri salari e stipendi, la domanda interna si sarebbe sviluppata e, con essa occupazione e competitività.
Adesso, senza entrare nel merito alla sostenibilità di questo modello keynesiano semplificato (che si baserebbe su meno importazioni), resta un fatto lampante: la frattura totale col liberismo internazionalista che ha imperato dall’inizio degli anni ’80 in poi e che ha avuto come primario obiettivo la riduzione di salari, occupazione e influenza politica dei lavoratori e della classe media proprio nei Paesi di più antica industrializzazione.
Quindi, poiché Trump non scherza, ma non è nemmeno diventato comunista (pur dando così fastidio ai grandi centri del potere finanziario) ed ha una formazione calvinista liberista, l’elemento che viene a cadere pare proprio il mondialismo. Allora, un liberismo nazionalista o nazionale o patriottico cosa comporterà?
Sappiamo cosa hanno prodotto socialismo e nazionalismo, nel passato: ma, allora, il nazionalismo era connotato da aggressività; oggi, invece, dovrebbe collegarsi alla capacità dei popoli di riprendere la via dello sviluppo attraverso la sostituzione delle importazioni ed il reciproco rispetto.
Nell’America di Trump – spaccata a metà rispetto alle correnti culturali e di pensiero che sono emerse dopo gli anni ’60 – il liberismo nazionalista dovrebbe riproporre i principi della competitività e dell’impegno nel lavoro propri dell’antica cultura nordamericana legata ai valori delle classi medie e dei probi pionieri.
Dall’altra parte, l’evoluzione dei rapporti con gli altri colossi del pianeta segnerà la fattibilità di accordi forti contro lo strapotere della finanza mondializzata e per la ripresa di uno sviluppo vero, basato sul lavoro, le infrastrutture intercontinentali, la collaborazione tra i popoli.

Nino Galloni


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