Euro crisis
La trappola della doppia moneta ed il debito nazionale che resterà in euro: non esistono surrogati all’uscita dalla moneta unica se non la cancellazione del debito. O il default.
Premetto che le ipotesi fatte nel del titolo vanno analizzate nei dettagli, escludendo però l’ultima: il default. Chi scrive ritiene che una disordinata uscita dalla moneta unica non sia praticabile ne verrà permessa, quindi inutile dilungarsi (si genererebbe il caos nei mercati internazionali, leggasi sarebbero gli USA i primi ad opporsi).
Dunque, per inquadrare l’argomento, si vorrebbe trovare un modo di uscire dalla spirale del debito da ripagare e la doppia moneta sarebbe una ipotetica soluzione.
Prima di tutto facciamo ordine. Io partirei dalla considerazione che più del 50% del debito italiano è stato contratto in lire prima dell’avvento dell’euro, ergo una eventuale uscita dalla moneta unica implicherebbe che tale debito dovrebbe essere ripagato in valuta nazionale.
Secondo, anche in forza di quanto indicato nel paragrafo precedente, rimanere nell’euro e stampare una moneta locale per i consumi locali e le tasse o altri selezionati flussi di cassa da denominare esclusivamente in tale valuta interna non risolverebbe il problema italiano, ossia i tedeschi continuerebbero comunque a pretendere il pagamento del debito già contratto in euro. Come è stato fatto filtrare per il caso greco in imminenza delle elezioni politiche, la posizione della Germania sarà estremamente semplice e diretta a valle dell’elezione di Tsipras: della serie, potete anche tornare alla dracma ma i vostri debiti li ripagherete in euro.
Stessa cosa varrebbe per l’Italia con la doppia valuta: si possono fare tutte le valute interne che si vogliono ma i debiti dovrebbero essere ripagati in euro. Al di fuori dei tecnicismi che vedremo dopo, l’unica reale eccezione – e differenza dal caso greco – è che la Grecia ha un debito totale di oltre il 170% del PIL di cui circa il 110% come debito estero, mentre per l’Italia il debito nazionale si attesta poco sotto il 135% ma il debito estero è “solo” del 33% circa. Or dunque, nell’ipotesi di una doppia moneta si potrebbe immediatamente eccepire che, si, la valuta estera e la valuta nazionale verrebbero utilizzate la prima per gli scambi internazionali, la seconda per gli scambi interni, ma estendendo il perimetro alle attività correlate il debito pubblico nazionale potrebbe – magari in una seconda fase, vedasi oltre – essere automaticamente ridenominato in nuova lira mentre quello estero (ossia in generale il debito italiano detenuto dagli stranieri) rimarrebbe in euro. Questo approccio è di fatto supportato dalla considerazione che le emissioni di BTP (non gli eurobonds) sottostanno alla legge italiana e non a quella estera, ossia sono tecnicamente ed immediatamente ridenominabili in valuta nazionale, anche legalmente (l’Italia ha la fortuna di essere l’unico tra i paesi europeriferici ad aver la possibilità legale di fare tale strategica scelta), oltre alla considerazione che il debito italiano è stato contratto per più del 50% in vecchie lire.
In tale scenario, verrebbe di fatto attuata una svalutazione della nuova valuta interna rispetto all’euro da usare sia per gli scambi internazionali che per la ridenominazione del debito estero; parimenti si creerebbero le condizioni per una crescita dell’economia nazionale a patto che i fattori produttivi locali vengano pesantemente svalutati in quanto remunerati in valuta locale (da cui l’incremento di competitività, pagato dai fattori produttivi). Come significherebbe estendere il pagamento in nuova valuta interna svalutata quanto meno degli stipendi. Dato che tutte le importazioni sarebbero in euro esterno – più caro – si spingerebbe teoricamente la gente ai consumi nazionali.
Ma i problemi iniziano qui: un produttore di fattori produttivi e soprattutto di beni di prima necessità italiano perché dovrebbe venderli in Italia ad un prezzo minore di quello riconosciuto all’estero? Tenendo a mente che il limite di spesa – ossia il prezzo dei beni – è correlato alla capacità di spesa dei cittadini che percepiscono valuta nazionale svalutata rispetto ai prezzi sui mercati internazionali, sarebbe solo questione di tempo prima di vedere imposta una sorta di autarchia di Stato, leggasi pure deriva autoritaria. E che dire del mercato nero di scambio tra le due valute, interna ed esterna? Ciò si tradurrebbe in controlli alle frontiere, dazi, protezionismi ed anche controlli valutari (in effetti con gli stringenti limiti al contante italiani, i più stringenti d’Europa ed anche peggio della Grecia*, il mercato nero della valuta sarebbe secondario ma in ogni caso esploderebbe arrivati all’indigenza diffusa della popolazione a causa di risorse insufficienti per sfamarsi, ndr).
In fondo gli esempi su cosa possa significare la doppia valuta ci sono: ne cito due, il Sud Africa dell’Apartheid e il Venezuela del primo Chavismo. Il problema vero è che la valuta parallela funziona – ed è stata per questo utilizzata – in paesi che hanno un forte avanzo commerciale dovuto all’export di materie prime anche per limitare il deficit della bilancia dei pagamenti a causa di fighe di capitali (…): per l’Italia la cosa non sembra veramente applicabile (che materie prime esportabili ha il Belpaese?).
Alla fine si tratterebbe solo di svalutare i fattori produttivi interni tenendo l’euro, magari con il solo recondito scopo di non poter essere colpevolizzati per il fatto di esserne usciti e dunque preservando – inizialmente – il capitale ed i patrimoni investiti non in BTP ed affini da parte di chi ne dispone. Alla fine si tratterebbe di salvare infatti il grande risparmio nazionale (soprattutto quello internazionale) e forse in una certa misura anche il valore immobiliare (bisognerebbe capire come si regolerebbero i flussi degli investimenti locali, soprattutto quelli in mattone).
A ruota emergerebbe un altro serio rischio: in assenza di crescita e del possibile anche se non auspicabile fallimento del progetto della doppia valuta, sarebbe inevitabile un’estensione della riconversione dei flussi di cassa interni interessando anche le pensioni e fin anche degli investimenti e quindi tutti i flussi finalizzati all’investimento che abbiamo come sottostante beni localizzati in Italia. Ossia il caos, ma senza la deflagrazione immediata, si potrebbe piano piano estendere alla doppia valuta tutti i flussi locali confidando nella proverbiale stupidità ed inedia della plebe italica….
Ben inteso, nel rispetto delle logiche di mercato all’inizio ci sarebbe la parità teorica tra euro esterno e nuova valuta interna per poi lasciare fluttuare liberamente le due valute (…): chiaro che quasi immediatamente la nuova valuta si troverebbe di fatto svalutata almeno di un 30% rispetto all’euro esterno, con conseguenze dirompenti per chi dovesse utilizzare tale valuta per i consumi, ossia anche e soprattutto i dipendenti pubblici (la valuta interna dovrebbe essere usata inizialmente per il pagamento delle imposte) i quali, per una simmetria incassi statali/costi statali, verrebbero inevitabilmente pagati non in euro esterni**….
Fate voi, ma è lecito chiedere dettagli precisi sul significato di doppia valuta e soprattutto sugli effetti attesi per l’economia reale e per la popolazione, facendo una valutazione separata per chi detiene abbondante risparmio nazionale (1), internazionale (2), asset nazionali (3), asset stranieri (4), investitori esteri in immobili (5), investitori esteri in altri assets (6) dipendenti privati (7) e dipendenti pubblici (8) , pensionati (9) (…). Onestamente a me sembra non ci siano scorciatoie, sarebbe auspicabile prendere finalmente il toro per le corna invece di morire di lenta inedia uscendo da quest’euro austero che oltre ad essere a solo vantaggio tedesco è parallelamente strumento – a termine – di perpetrazione di un debito irredimibile a carico dei paesi europeriferici, facendoli diventare per sempre schiavi di chi lo detiene (che facilmente saranno gli stessi che stanno oggi imponendo l’austerità).
Mitt Dolcino
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* senza parlare dei controlli da polizia fiscale sui conti dei privati che non hanno pari nel mondo occidentale
**l’estensione sull’inevitabilità del pagamento delle pensioni in doppia valuta non l’ ho citata espressamente per evitare di spaventare i numerosi pensionati che leggono – con una certa acredine ed anche paura – questo sito, spero che capiscano da soli che venendo lo stato pagato in valuta nazionale oltre a dover pagare i dipendenti pubblici nella stessa valuta anche le pensioni seguirebbero inevitabilmente la stessa sorte…)
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