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Thyssenkrupp, l’acciaio tedesco cambia rotta: addio al ceco Kretinsky, porte aperte all’indiana Jindal

L’acciaio tedesco è a una svolta: dopo il fallimento del piano con il miliardario ceco, arriva un’offerta miliardaria dall’India. Ecco cosa c’è dietro la mossa di Thyssenkrupp e perché l’opzione indiana piace di più.

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Il grande risiko dell’acciaio europeo vive un’altra giornata di colpi di scena. Il miliardario ceco Daniel Kretinsky ha gettato la spugna, accettando di vendere la sua quota del 20% nella divisione siderurgica del colosso tedesco Thyssenkrupp. Finisce così, prima ancora di iniziare veramente, il sogno di una joint venture che avrebbe dovuto unire la metallurgia e l’energia ceca e tedesca.

Secondo una nota congiunta, piuttosto diplomatica, la decisione permette a Thyssenkrupp di concentrarsi su un’altra, e a quanto pare più concreta, trattativa: quella con il gruppo indiano Jindal Steel International, che a settembre aveva già messo sul tavolo un’offerta preliminare per l’intero business.

Si chiude dunque un capitolo di lunghi e infruttuosi negoziati. L’ingresso di Kretinsky nel 2024 non ha mai portato a progressi significativi. Il suo gruppo, EP Group, ha dichiarato di “rispettare” la volontà dei tedeschi di dialogare con Jindal e riceverà una compensazione per i costi della sua quota. I dettagli finanziari non sono stati resi noti, ma fonti vicine al dossier parlano di una cifra intorno ai 140 milioni di euro.

La Borsa, dopo un iniziale sussulto al ribasso, ha digerito la notizia, con il titolo Thyssenkrupp che ha recuperato rapidamente terreno.

Perché l’accordo con Kretinsky è fallito?

Il progetto di una joint venture al 50/50 tra EP Group e Thyssenkrupp si è scontrato con un muro, quello dei potenti sindacati tedeschi. I rappresentanti dei lavoratori hanno aspramente criticato Kretinsky per la sua scarsa propensione al dialogo, complicando fin da subito qualsiasi prospettiva di un accordo sereno

. Un classico esempio di come, nell’industria tedesca, i conti si debbano fare non solo con gli azionisti, ma anche con chi in fabbrica ci lavora. Sarà interessante vedere se l’indiana Jindal sarà più disposta a trattare con i lavoratori tedeschi.

La crisi dell’acciaio europeo e l’opzione indiana

La mossa di Thyssenkrupp non arriva a caso. L’intera siderurgia europea è in una profonda crisi strutturale, schiacciata da una tempesta perfetta:

  • Importazioni cinesi: Un fiume di acciaio a basso costo proveniente dalla Cina che deprime i prezzi di mercato.
  • Costi energetici: Bollette energetiche alle stelle che rendono la produzione europea poco competitiva.
  • Transizione green: I ritardi e i costi enormi per il passaggio a tecnologie basate sull’idrogeno mettono a dura prova i bilanci delle aziende.

Per Thyssenkrupp, vendere la sua divisione più problematica significa ridurre i rischi e concentrarsi su settori più stabili. E l’offerta di Jindal sembra fare al caso loro. L’azienda indiana non solo vuole acquisire l’intera divisione TKSE, ma si è detta pronta a:

  • Investire oltre 2 miliardi di euro per lo sviluppo di forni elettrici ad arco e per completare il progetto di produzione di “acciaio verde” a Duisburg.
  • Assumersi gli oneri pensionistici di TKSE, un fardello non da poco, stimato in circa 2,7 miliardi di euro.

Questa mossa darebbe al gruppo indiano un vantaggio competitivo non indifferente: produrre acciaio “green” direttamente in Europa, aggirando così eventuali dazi ambientali come il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism) che l’UE potrebbe imporre sull’acciaio importato. Una strategia intelligente per entrare nel cuore del mercato europeo dalla porta principale.

Barre d’acciaio nello stabilimento Thyssen – Thyssengroup

Domande e Risposte per il Lettore

1) Perché un’azienda indiana è così interessata a comprare una divisione in crisi in Germania? L’interesse di Jindal Steel International è strategico. Acquistare Thyssenkrupp Steel Europe (TKSE) non significa solo acquisire impianti e know-how, ma stabilire una base produttiva solida all’interno dell’Unione Europea. Questo permette di servire direttamente il ricco mercato europeo e, soprattutto, di evitare futuri dazi di importazione legati alle emissioni di carbonio (CBAM). Investendo nella produzione di “acciaio verde” in loco, Jindal si posiziona come un attore europeo a tutti gli effetti, trasformando la crisi del settore in un’opportunità di espansione a lungo termine.

2) Che ruolo hanno avuto i sindacati nel far saltare l’accordo con Kretinsky? I sindacati tedeschi, in particolare l’IG Metall, hanno avuto un ruolo decisivo. Hanno criticato apertamente Daniel Kretinsky, accusandolo di mancanza di trasparenza e di non voler dialogare sul futuro dei lavoratori e degli impianti. In Germania, il modello di co-gestione (“Mitbestimmung”) dà ai rappresentanti dei lavoratori un potere significativo nelle decisioni strategiche aziendali. La loro forte opposizione ha creato un clima ostile e ha reso politicamente insostenibile per il management di Thyssenkrupp procedere con un partner non gradito alla forza lavoro, spingendoli a cercare alternative più collaborative.

3) Cosa significa “acciaio verde” e perché è così importante per il futuro del settore? Per “acciaio verde” si intende l’acciaio prodotto riducendo drasticamente le emissioni di CO2. Tradizionalmente si usa il carbone (coke) negli altiforni, un processo molto inquinante. Le nuove tecnologie puntano a sostituire il carbone con l’idrogeno verde (prodotto da fonti rinnovabili) o a utilizzare forni elettrici ad arco alimentati da energia pulita, che fondono rottami metallici riciclati. Questa transizione è cruciale non solo per rispettare gli obiettivi climatici, ma anche per garantire la sopravvivenza economica delle acciaierie europee, che altrimenti verrebbero penalizzate da tasse sul carbonio e perderebbero competitività.

E tu cosa ne pensi?

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