Economia

Terremoti: il tremore è solo un dettaglio? Una scoperta del MIT ribalta quello che sapevamo

Una rivoluzionaria scoperta del MIT svela la vera natura dell’energia dei terremoti: non è lo scuotimento la forza dominante, ma un’incredibile ondata di calore capace di fondere le rocce, cambiando tutto ciò che sappiamo sulla previsione sismica.

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Quando pensiamo a un terremoto, la prima immagine che ci viene in mente è quella del suolo che trema, degli edifici che oscillano, della terra che si scuote con violenza. È la manifestazione più evidente e spaventosa di questo fenomeno naturale. Eppure, come spesso accade quando la scienza scava a fondo, la realtà è ben più complessa e, per certi versi, sorprendente. Un team di geologi del Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha appena riscritto le regole, quantificando per la prima volta il “bilancio energetico” completo di un sisma. E la conclusione è netta: lo scuotimento è solo una piccola parte della storia.

La maggior parte dell’energia non si manifesta nel modo che immaginiamo.  Le risultanze sono state pubblicate in un paper che potete leggere a questo link.

Il vero motore di un terremoto: un’ondata di calore infernale

I ricercatori del MIT, per superare l’impossibilità di misurare in tempo reale tutte le forme di energia durante un vero terremoto, hanno ricreato dei “sismi da laboratorio”. Utilizzando piccoli campioni di granito, la roccia tipica dello strato sismogenico dove nascono i terremoti, hanno simulato le immense pressioni della crosta terrestre. Il risultato di questi esperimenti ha permesso di mappare con precisione dove finisce tutta l’energia accumulata per milioni di anni dalle placche tettoniche.

La distribuzione, in media, è la seguente:

  • Energia termica (calore): Fino all’80% dell’energia totale.
  • Energia sismica (scuotimento): Solo il 10% circa.
  • Energia di fratturazione (rocce che si spaccano): Meno dell’1%.

In pratica, l’evento principale di un terremoto non è il tremore, ma una colossale e quasi istantanea conversione di energia in calore. E non parliamo di un leggero tepore. La scoperta più interessante è stata l’entità di questo picco termico. Daniel Ortega-Arroyo, uno degli autori dello studio, ha dichiarato: “In alcuni casi, abbiamo visto che vicino alla faglia il campione è passato dalla temperatura ambiente a 1.200∘C in pochi microsecondi, per poi raffreddarsi immediatamente una volta cessato il movimento”.

Un calore tale da “fondere” brevemente la roccia circostante l’epicentro, trasformandola in un materiale quasi liquido per una frazione di secondo. Un fenomeno finora solo teorizzato e ora dimostrato sperimentalmente.

MIT: come si disribuisce le’energia dei terremoti

La “memoria” delle rocce: una chiave per il futuro

Ma come hanno fatto a misurare un calore così estremo e fugace? L’ingegno dei ricercatori sta anche qui. Hanno polverizzato il granito e lo hanno mescolato con minuscole particelle magnetiche, che agiscono come dei termometri microscopici. Applicando un campo magnetico, hanno potuto misurare come l’orientamento di queste particelle cambiava a seguito del calore generato dal sisma simulato, ricostruendo così la temperatura raggiunta.

Lo scuotimento è stato misurato con sensori piezoelettrici, mentre la fratturazione è stata analizzata al microscopio. Mettendo insieme i pezzi, hanno ottenuto il primo, completo, bilancio energetico di un terremoto.

C’è però un’ulteriore svolta. Il bilancio energetico non è fisso, ma cambia a seconda della “storia deformativa” della regione. In parole semplici, le rocce hanno una sorta di “memoria”. Quanto sono state stressate, spostate e disturbate dai movimenti tettonici passati influenza direttamente come l’energia di un futuro terremoto verrà distribuita.

“La storia deformativa – essenzialmente ciò che la roccia ricorda – influenza realmente quanto un terremoto possa essere distruttivo”, spiega Ortega-Arroyo. Rocce già molto “stressate” potrebbero comportarsi in modo diverso da rocce più “integre”, magari rilasciando più energia sotto forma di scuotimento rispetto a quella termica, o viceversa.

Questa scoperta apre scenari affascinanti per la sismologia. Sebbene la previsione esatta dei terremoti resti un obiettivo lontano, capire la “memoria” geologica di una faglia e il suo potenziale bilancio energetico potrebbe permettere di valutare con molta più precisione la vulnerabilità di una determinata area. Non si tratterebbe più solo di mappare le faglie, ma di comprendere la loro “storia clinica” per stimare meglio la natura dei futuri eventi sismici. Un passo avanti fondamentale per passare da una sismologia che “insegue” gli eventi a una che, forse un giorno, potrà anticiparli.

Roccia fratturata durante gli esperimenti

Domande e Risposte

1) In cosa consiste esattamente la nuova scoperta del MIT sull’energia dei terremoti?

La scoperta fondamentale è che l’energia rilasciata da un terremoto non si manifesta principalmente come scuotimento del terreno, come comunemente si crede. I ricercatori hanno dimostrato che lo scuotimento rappresenta solo il 10% dell’energia totale. La stragrande maggioranza, fino all’80%, viene convertita istantaneamente in calore, generando picchi di temperatura altissimi (fino a 1.200∘C) che possono fondere la roccia sulla faglia. Meno dell’1% dell’energia, infine, viene impiegato per fratturare le rocce.

2) Perché questa scoperta è così importante per la scienza che studia i terremoti?

È importante perché sposta il focus della sismologia da una misurazione quasi esclusiva delle onde sismiche (lo scuotimento) a una comprensione completa della fisica del terremoto. Sapere che il calore è il fenomeno energetico dominante cambia radicalmente i modelli teorici su come le faglie si muovono e si comportano. Permette di studiare fenomeni prima solo ipotizzati, come la fusione istantanea della roccia, e di capire meglio i processi che avvengono a chilometri di profondità, aprendo la strada a una valutazione del rischio sismico molto più sofisticata.

3) In che modo questa ricerca potrebbe avere una ricaduta pratica sulla nostra sicurezza?

La ricaduta pratica non è la previsione esatta del “quando” avverrà un terremoto, ma una migliore valutazione del “come”. La scoperta che la “storia deformativa” di una roccia (la sua memoria degli stress passati) ne influenza il comportamento futuro è cruciale. Analizzando la geologia di una faglia, in futuro si potrebbe stimare se un potenziale terremoto in quell’area tenderà a rilasciare più energia come scuotimento distruttivo o come calore. Questo permetterebbe di definire mappe di pericolosità sismica più accurate e, di conseguenza, di adeguare i codici di costruzione e le strategie di protezione civile in modo più mirato ed efficace.

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