Economia
Terre rare: la stretta cinese mette in ginocchio Ford, ma Trump corre ai ripari
La Cina stringe sulle terre rare, Ford ferma le fabbriche. Trump punta su HyProMag con 92 milioni per ridurre la dipendenza. Scopri come gli USA sfidano il monopolio cinese.

La Cina, che domina oltre il 90% della capacità globale di lavorazione delle terre rare, ha introdotto ad aprile nuove regole per le licenze di esportazione, strangolando l’approvvigionamento di materiali strategici per l’industria occidentale. Automobili, jet da combattimento, elettrodomestici: tutto dipende da questi minerali, e i produttori di veicoli elettrici (EV) sono tra i più colpiti.
A farne le spese è anche Ford Motor Co., il cui CEO Jim Farley ha dichiarato a Bloomberg News: “Viviamo alla giornata. Abbiamo dovuto fermare le fabbriche. È una gestione a singhiozzo”.
A maggio, la casa automobilistica americana ha interrotto per una settimana la produzione del SUV Explorer nello stabilimento di Chicago proprio a causa della carenza di magneti a base di terre rare. Reuters riferisce che all’inizio di questo mese la Cina ha concesso licenze di esportazione temporanee ai fornitori delle tre principali case automobilistiche USA, Ford inclusa, ma la situazione rimane critica. Ford non ha ancora risposto alle richieste di commento.
Le azioni della compagnia hanno perso quasi l’1% nella mattinata, pur mantenendo un rialzo di oltre il 7% dall’inizio dell’anno. Tuttavia, il problema è strutturale: la dipendenza dalla Cina per le terre rare è un cappio al collo per l’industria occidentale.
Nel frattempo, l’amministrazione Trump non sta a guardare. Consapevole della vulnerabilità strategica, sta già cercando canali alternativi per affrancarsi dal monopolio cinese. La Export-Import Bank degli Stati Uniti (EXIM) ha messo sul tavolo un finanziamento da 92 milioni di dollari per HyProMag, una società specializzata nel riciclo e nella produzione di magneti a base di terre rare per finanziare la sua attività di recupero di questi materiai strategici. . Un segnale chiaro: gli USA vogliono costruire una filiera autonoma, riducendo la dipendenza da Pechino.
Paesi occidentali come Australia, Canada e Stati Uniti stanno intensificando gli investimenti in fonti alternative e capacità di raffinazione, ma la strada è lunga. La Cina, per ora, tiene in scacco l’industria globale. Riuscirà l’Occidente a spezzare queste catene? Trump sembra determinato a provarci, e il tempo stringe.
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