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TASSINE: MA NON ERA MEGLIO AUMENTARE L’IVA?

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Il governo è nato, in teoria, per riuscire ad impedire l’aumento di due punti percentuali IVA, ma, a quale prezzo ? La finanziaria è “Di facciata” perchè contiene al suo itnerno micromisure “Di facciata”, tra cui il bonus relativo, roba da pochi milioni di euro per il rifacimento delle facciate che ricorda un po’ i “Villaggi Potiomkin”.

Fatta questa premessa però la legge finanziaria è piena di piccole tassette, dalla ricaduta perfettamente non calcolabile, ma che in teoria, insieme ad altre voci farlocche (crescita, lotta all’evasione), dovrebbero garantire la copertura delle uscite.

Fra queste minitasse indirette due sono particolarmente antipatiche: bibite gassate zuccerate e plastica. Iniziamo con la seconda.

La tassa sulla plastica, un euro al kg, è solo una riedizione in forma impropria di un aumento IVA, impropria perchè casuale e neppure collegata al valore dei beni. Sui beni di largo consumo NON esiste, attualmente, un’alternativa all’uso della plastica negli imballaggi. A meno di non tornare alle forme di commercio a servizio assistito anni sessanta del secolo scorso, quando lo zucchero veniva venduto sciolto nella cara,  le uova avvolte nei giornali ed i formaggi tagliati al momento ed avvolti nella carta oleata, non esiste nessuna alternativa attuale, nè nell’immediato futuro , all’utilizzo della plastica negli imballaggi. Non solo, le aziende del settore pagano già 450 milioni anno ai consorzi di riciclo, proprio per facilitare il loro riciclo di questi prodotti sintetici. Applicata così come è solo una sorta di “Capitatico” una tassa pro capite, non correlata al reddito, anzi magari regressiva, che, secondo stime del Sole, verrà a pesare per 138 euro a Famiglia e qualche migliaio di posti dilavoro nelle aziende del settore. Non male vero, il tutto quasi nascosto dai mass media.

Poi abbiamo la tassa sulle bibite zuccherate. La finalità superficiale è quella di evitare l’obesità infantile, quindi, scartata la tassa sulle merendine, ecco arrivare quella sulle bibite zuccherate. Evidentemente qualche testa al MEF ha ritenuto più “Immorale” la Fante che il Bauletto del Mulino bianco, per dire, ma si tratta di ipocrisia.

Se il problema fosse VERAMENTE l’abuso di zucchero e se ne volesse limitare l’uso tramite lo strumento fiscale, non si tasserebbero le bibite, ma il dolcificante stesso. Del resto sarebbe molto più semplice: i produttori sono pochi, non esiste una produzione “In nero” ed anche le importazioni sono ben identificate. Inoltre si sarebbero tassati TUTTI i prodotti nazionali che lo utilizzano in proporzione al loro utilizzo, e il problema sarebbe stato solo tassare adeguatamente l’importazione di prodotti zuccherati esteri. Invece in questo modo si raggiunge solo, in apparenza, l’obiettivo di rastrellare un po’ di soldi, a caso. Naturalmente sempre che l’operazione riesca…

Quando si  impongono queste tasse su un singolo prodotto in modo cosi poco sensato bisogna, infatti, prevedere che la domanda potrebbe comportarsi in modo molto diverso. Infatti:

  • la domanda potrebbe rivolgersi ad altri prodotti con dolcificanti diversi dallo zucchero, riducendo quindi i possibili introiti;
  • in un libero mercato come potrà essere tassata l’importazione di questi prodotti proveninti da altri paesi comunitari.

Gli esempi sono molto semplici e sono fallimentari: la tassa sulle bevande zuccherate a Philadelphia e quella sul grasso in Danimarca. La prima ha portato ad una crescita delle vendite fuori dalla città USA, con un crollo degli incassi anche per la distribuzione commerciale, la seconda cancellata per eccesso di difficoltà di applicazione. Però l’efficacia di una misura fiscale non interessa al governo, almeno a questo. L’importante è scrivere qualcosa di demagogico per inventarsi delle coperture.

 


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