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Tassare gli extra profitti delle banche, è un bene o un male?

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La tassa sugli extra profitti bancari, introdotta senza preavviso dal Governo Meloni, sta generando un dibattito molto acceso, con due schieramenti contrapposti : da una parte i cittadini e le imprese, che in larga maggioranza sono d’accordo, considerata la loro esperienza con le banche, dall’altra i giornalisti e gli esperti mainstream che si arrampicano sugli specchi per criticare una misura che va contro gli interessi delle banche e dei mercati finanziari.

Molti governi precedenti hanno aumentato le tasse su diversi settori dell’economia, ma mai nessuno aveva avuto il coraggio di toccare il settore bancario, che indubbiamente gode di notevoli privilegi.

In questa intervista con Marco D’Agostino di Visione TV, provo ad entrare nel merito della tassa sugli extra profitti delle banche, cercando di sconfessare tutte le critiche che sono state rivolte dagli esperti mainstream, che essendo per la maggior parte a libro paga di istituzioni finanziarie e banche, non possono esimersi dal farlo.

Il problema è cruciale e considerato da molti tabù: oggi quasi tutta la moneta che usiamo viene creata dal nulla dal sistema bancario privato con i prestiti e gli interessi, generando un debito matematicamente inestinguibile che cresce in modo esponenziale a causa degli interessi.

Il problema è che l’attività bancaria non è assimilabile a nessun altra attività produttiva, perché le banche generano denaro dal nulla autorizzate dallo Stato e dalla BCE, quindi svolgono una funzione pubblica importante in nome e per conto della popolazione, quella di creare la moneta senza la quale non potremmo effettuare gli scambi di beni e servizi, né pagare le tasse.

Tra l’altro i neoliberisti che tanto difendono il libero mercato, dovrebbero farsi qualche domanda sul sistema bancario, che assomiglia sempre di più ad un oligopolio, dove se le banche guadagnano, gli utili sono degli azionisti, mentre se perdono vengono salvate dallo Stato e quindi dalla collettività.

Classico esempio di privatizzazione dei profitti e contemporanea socializzazione delle perdite.

Gli azionisti delle banche sono quasi sempre gli stessi e tendono in tutti i modi a difendere il loro interesse corporativo, potendo contare sul fatto che in ambito bancario non c’è un libero mercato, perché l’offerta di prestiti è condizionata dalle scelte della BCE, che con l’aumento dei tassi di interesse determina il costo del denaro e favorisce l’aumento dei profitti delle banche.

Le critiche mosse da giornalisti ed esperti mainstream, dalla perdita di valore delle azioni delle banche in borsa, che riguarda solo gli speculatori finanziari, al fatto che questa misura potrebbe provocare un aumento dei costi del denaro, che invece dipende prevalentemente dalle scelte della BCE, sono tutte strumentali ed avanzate solo per tentare di tutelare gli interessi dei mercati finanziari e delle banche.

La realtà è che l’introduzione di una tassa sugli extra profitti delle banche da parte del Governo, segna un significativo cambio di passo e speriamo che, come promesso, venga utilizzata per ridurre i costi dei mutui per le famiglie e per diminuire la tassazione in generale.

Ma non basta, per ogni extra profitto della banca, c’è sempre un extra costo per famiglie ed impresa. Quindi va bene tassare gli extra profitti, ma bisogna anche ridurre gli extra costi per i cittadini, mettendo un tetto ai tassi di interesse applicabili dalle banche, per evitare che questa situazione produca danni eccessivi al sistema economico che poi si ripercuoteranno anche sul bilancio dello Stato, a causa della riduzione della domanda interna, del PIL e del gettito fiscale.

Se poi il Governo volesse alzare l’asticella, potrebbe introdurre due innovazioni che avrebbero un maggiore impatto sull’economia reale e soprattutto per i cittadini:

  • introdurre i Conti Correnti di Risparmio presso il Tesoro, che possano remunerare il risparmio degli italiani, offrendo loro una alternativa più conveniente del tenere i soldi fermi sui conti correnti bancari, che oggi rendono meno di zero;
  • ampliare la banca pubblica Medio Credito Centrale MCC acquisendo anche Monte dei Paschi di Siena MPS, che è già dello Stato al 68%, per avere filiali in tutta Italia, dopo aver acquisito la Banca Popolare di Bari, che gli ha fornito filiali solo nel centro-sud.

Lo ha detto anche Matteo Salvini in conferenza stampa, confermato anche da Giorgia Meloni, che “L’innalzamento dei tassi della Bce ha portato ad un innalzamento del costo del denaro per famiglie e imprese. Non c’è stato un altrettanto solerte, veloce e importante aumento per i consumatori”.

Se il Governo volesse ridurre il costo del denaro per famiglie e imprese, deve creare delle valide alternative al settore bancario privato, in modo da rompere il regime oligopolistico attuale.

Con i Conti Correnti di Risparmio, lo Stato crea una valida alternativa e ben remunerata all’acquisto dei BTP, permettendo di dirottare sul Tesoro una parte consistente della ricchezza finanziaria degli italiani, ma con il capitale garantito e senza generare fluttuazioni sui mercati finanziari.

Con la banca pubblica ampliata MCC+BPB+MPS, si possono creare nuovi prestiti all’economia reale, soprattutto alle famiglie in difficoltà ed alle piccole e medie imprese, come ha fatto la KfW tedesca, che nel 2020 ha potuto creare ben 820 miliardi di euro per stimolare la crescita.

Stiamo assistendo a delle novità importanti che iniziano a mettere al centro del problema la creazione del denaro che fino ad oggi era considerato tabù.

Vedremo se il Governo avrà la creatività, la capacità ed il coraggio di andare avanti su questa strada oppure farà marcia indietro.

Ai posteri l’ardua sentenza …

Paolo Becchi e Fabio Conditi


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