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Tajikistan: l’energia è insufficiente e i blackout inizieranno un mese prima quest’anno

Il Tajikistan aveva promesso che , completata la diga di Rudhan, l’energia sarebbe stata abbondante. Invece non è stato così anzi il razionamento energetico invernale inizia con un mese di anticipo. Il fallimento dei grandi progetti.

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Nonostante gli sforzi del governo di prepara un inverno freddo per un Paese dell’Asia centrale. I funzionari tagiki hanno fatto marcia indietro rispetto alle dichiarazioni secondo cui la situazione energetica del Paese sta migliorando, ammettendo che quest’anno il razionamento dell’elettricità sarà introdotto un mese prima del solito. 

Negli ultimi trent’anni il razionamento dell’elettricità è diventato una routine annuale nell’ex repubblica sovietica, sottoposta a un rigido controllo. Di solito viene introdotto alla fine di ottobre o all’inizio di novembre, ma l’azienda energetica statale Barqi Tojik ha annunciato nel fine settimana che il razionamento sarà introdotto a partire dal 22 settembre a causa “dell’imminente periodo invernale più lungo e rigido”.

L’azienda ha spiegato la decisione affermando che la carenza d’acqua nelle centrali idroelettriche e “l’aumento della popolazione del Paese” hanno aggravato la situazione.

All’inizio di giugno, il ministro dell’Energia Daler Juma aveva avvertito la popolazione di iniziare a pensare per tempo alle forniture di carbone per prepararsi all’inverno. In Tajikistan il freddo è un problema ben maggiore rispetto al cambiamento climatico. 

Subito dopo l’annuncio di Barqi Tojik, il 21 settembre, alcuni residenti di Dushanbe, la capitale, e di molte altre città si sono lamentati online dei blackout e hanno criticato il governo per non aver mantenuto la promessa decennale di risolvere la carenza di elettricità durante l’autunno e l’inverno.

Ad agosto, Barqi Tojik ha dichiarato che il razionamento annuale dell’elettricità, che di solito dura sei o sette mesi dall’autunno alla primavera, sarà eliminato solo dopo il completamento della costruzione della centrale idroelettrica di Roghun.

La costruzione di Roghun è stata avviata nell’ottobre 2016, meno di due mesi dopo la morte di Islam Karimov, il primo presidente del vicino Uzbekistan, che per anni si era opposto con veemenza alla costruzione della centrale, sostenendo che la diga avrebbe ridotto i flussi d’acqua verso i campi di cotone del suo Paese.

Diga di Roghun, dal sito ufficiale

Nel novembre 2018, il presidente tagiko Emomali Rahmon ha presentato ufficialmente la prima delle sei turbine previste per l’impianto, annunciando che “molto presto tutti dimenticheremo il razionamento dell’energia”.

Le autorità tagike hanno dichiarato all’epoca che il progetto da 3,9 miliardi di dollari sul fiume Vakhsh non solo avrebbe reso il Paese autosufficiente dal punto di vista dell’energia elettrica, ma avrebbe permesso l’esportazione di parte della produzione verso i vicini Afghanistan, Pakistan e Uzbekistan.

Evidentemente le promesse sono rimaste tali e la turbine funzionanti non sono state sufficienti a garantire la fornitura energetica per il paese. Anzi le cose sono peggiorate.  Però i debiti generati dall’investimento sono rimasti., anche perché nessuna banca di sviluppo ha voluto partecipare al progetto. Evidentemente qualche calcolo non ha funzionato.

I tagiki si sono lamentati del fatto che, nonostante la carenza di energia, il Paese vende comunque energia all’Afghanistan e ad altri Paesi. I funzionari hanno dichiarato in precedenza che il Tagikistan ha esportato 715 milioni di kilowattora per oltre 27 milioni di dollari nei primi sei mesi del 2024.

Lo scorso inverno, a Dushanbe è stato introdotto per la prima volta il razionamento dell’elettricità.


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