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Sud-Est Asiatico in fiamme: fallisce la “Pace di Trump”. F-16 tailandesi in volo e civili in fuga tra Bangkok e Phnom Penh1

F-16 in volo e confini in fiamme: fallisce l’accordo di pace firmato da Trump. Thailandia e Cambogia tornano allo scontro armato per i templi contesi, migliaia di civili in fuga.

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Quello che doveva essere il trionfo diplomatico dell’anno, la prova tangibile che la “diplomazia del deal” può risolvere conflitti secolari, si è infranto contro la dura realtà della giungla asiatica. A poche settimane dalla firma in pompa magna a Kuala Lumpur, il confine tra Thailandia e Cambogia è tornato a essere una linea di fuoco.

Non si tratta più di scaramucce isolate tra pattuglie annoiate. La situazione è precipitata drasticamente nelle ultime 24 ore, portando la Royal Thai Air Force a schierare e utilizzare i caccia F-16. Il motivo? La morte di un soldato tailandese e il ferimento di altri quattro, in un’escalation che rischia di destabilizzare l’intero quadrante ASEAN proprio mentre gli occhi del mondo erano, forse troppo ottimisticamente, rivolti altrove.

La Cronaca: Versione contro Versione

La scintilla si è riaccesa lunedì mattina presto, tra le colline impervie e la fitta vegetazione che circondano il tempio di Preah Vihear, un nome che evoca storia, misticismo e, purtroppo, sangue. Come spesso accade in queste zone grigie della geopolitica, le narrazioni fornite dalle due capitali sono diametralmente opposte, speculari nella loro accusa reciproca.

Ecco un quadro sintetico delle posizioni in campo:

AttoreDichiarazione UfficialeAccuse SpecificheAzioni Intraprese
Thailandia (Bangkok)“Difesa necessaria e proporzionata”La Cambogia ha aperto il fuoco per prima con fucili, mitragliatrici e razzi, uccidendo un soldato. Utilizzo di lanciarazzi BM-21 verso aree civili a Buri Ram.Raid aerei mirati con F-16 per neutralizzare l’artiglieria nemica. Evacuazione di massa.
Cambogia (Phnom Penh)“Aggressione non provocata”La Thailandia ha attaccato le truppe di confine e sparato colpi di carro armato contro il tempio di Tamone Thom e aree limitrofe.Nessuna rappresaglia dichiarata (ufficialmente), ma segnalazioni di scontri a fuoco continuo.

Il colonnello Winthai Suvaree, portavoce dell’esercito tailandese, non ha usato mezzi termini. La risposta di Bangkok non è stata un semplice avvertimento, ma un’operazione militare strutturata: “La Thailandia sta ora utilizzando aerei per colpire obiettivi militari all’interno della Cambogia. Lo stiamo facendo per fermare gli attacchi ai nostri soldati e ai nostri villaggi”.

Dall’altra parte, il Ministero della Difesa cambogiano, per voce di Maly Socheata, dipinge un quadro di vittimismo strategico: Phnom Penh sostiene di non aver risposto al fuoco, nonostante i carri armati tailandesi abbiano preso di mira siti storici. Una narrazione che, seppur difficile da verificare indipendentemente, mira chiaramente a raccogliere simpatie internazionali.

Il Costo Umano e la Realtà sul Campo

Al di là della nebbia di guerra e della propaganda, i fatti crudi ci sono e sono pesanti.

  • Perdite confermate: Un soldato tailandese ucciso, quattro feriti.

  • Sfollati: La cifra è impressionante. Circa 35.000 cittadini tailandesi sono stati costretti ad abbandonare le loro case nella provincia di Buri Ram e nelle zone limitrofe fin dal weekend, quando le tensioni hanno iniziato a montare.

  • Aree colpite: Non solo postazioni militari, ma villaggi civili e aree prossime a templi millenari.

L’utilizzo dei caccia F-16 segna un salto di qualità nel conflitto. Si è passati dagli scambi di artiglieria leggera  all’impiego della supremazia aerea per “cacciare e distruggere” l’artiglieria pesante avversaria. È una dimostrazione di forza che Bangkok ritiene necessaria per tacitare le batterie cambogiane, ma che alza pericolosamente l’asticella del rischio.

Il Fallimento della Diplomazia USA e il “Fattore Trump”

L’aspetto politicamente più rilevante di questa crisi è il tempismo. Solo il 26 ottobre 2025, a Kuala Lumpur, si celebrava quello che sembrava un successo storico. Il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, aveva apposto la sua firma sul “Kuala Lumpur Peace Accord”, affiancando i leader di Thailandia e Cambogia e lla presenza del leader della Malesia.

Accordo di pace di Kuala Lumpur

L’accordo prevedeva:

  1. Un’estensione indefinita della tregua.

  2. L’apertura di nuovi corridoi commerciali.

  3. Una zona di cooperazione economica transfrontaliera.

Washington, insieme a Pechino e alla Malesia (presidente di turno dell’ASEAN), aveva investito un notevole capitale politico in questa operazione. L’idea era quella di stabilizzare il Sud-Est Asiatico attraverso il commercio e accordi bilaterali forti, una classica mossa di realpolitik economica. Tuttavia, la realtà storica e i nazionalismi locali si sono dimostrati più resistenti delle strette di mano a favore di telecamera. L’accordo, salutato come una svolta, si è sgretolato in meno di due mesi, dimostrando ancora una volta come le soluzioni imposte dall’alto (o dall’esterno), senza risolvere i nodi strutturali, siano destinate a vita breve.

L’incidente che ha fatto crollare il castello di carte è avvenuto il mese scorso, quando la Thailandia ha denunciato il ferimento di soldati a causa di una mina terrestre, incolpando direttamente i vicini. Da lì, la spirale è stata inarrestabile.

Le Radici del Male: Una Storia Coloniale

Per capire perché due nazioni a maggioranza buddista si sparino addosso per dei ruderi di pietra, bisogna guardare indietro, e precisamente all’Europa. Il cuore della contesa  risale a oltre un secolo fa, quando la Francia, potenza coloniale in Indocina, tracciò i confini della Cambogia.

Quelle linee, disegnate su mappe che spesso ignoravano la geografia locale o le affiliazioni etniche, non sono mai state pienamente accettate dalla Thailandia (allora Siam), che ha tracciato propri confini in disaccordo con il vicino.

Al centro della contesa ci sono una manciata di templi costruiti tra il IX e l’XI secolo, capolavori dell’architettura Khmer.

  • Preah Vihear: È il simbolo della discordia. Nel 1962, la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia ha stabilito che il tempio appartiene alla Cambogia.3 Tuttavia, la sentenza fu salomonica e problematica: il tempio è cambogiano, ma l’area circostante (l’accesso principale) è rivendicata da entrambi.

    Preah Vihar, il tempio conteso

  • Tamone Thom e Ta Krabei: Altri due templi minori ora al centro degli scontri, come riportato dal funzionario cambogiano Met Measpheakdey.

Questi luoghi non sono solo attrazioni turistiche; sono potenti simboli di sovranità nazionale. Per la politica interna di entrambi i Paesi, cedere un metro di terra sacra è un suicidio politico.

Come evolverà la situazione?

La situazione è fluida e pericolosa. L’intervento degli F-16 tailandesi suggerisce che Bangkok non ha intenzione di tornare al tavolo dei negoziati in una posizione di debolezza. La Cambogia, militarmente inferiore ma politicamente astuta, potrebbe cercare di internazionalizzare il conflitto, chiamando in causa l’ONU o la stessa ASEAN, mettendo in imbarazzo i garanti dell’accordo di Kuala Lumpur, Stati Uniti in testa.

Da un punto di vista economico, l’instabilità in questa regione è un segnale negativo per gli investitori che guardavano al Sud-Est Asiatico come alternativa manifatturiera alla Cina. Se i confini si chiudono e i caccia volano, le merci non passano. E mentre i diplomatici cercheranno freneticamente di rammendare lo strappo, sono i civili e i soldati di leva a pagare, come sempre, il prezzo più alto per cun confitto che, altrove, verrebbe tranquillamente risolto dai diplomatici seduti ad un tavolo.

Domande e risposte

Perché due nazioni si combattono per dei templi antichi?

Non è solo una questione archeologica. I templi come Preah Vihear rappresentano la sovranità nazionale e l’orgoglio storico. I confini tracciati dai francesi in epoca coloniale sono ambigui e non accettati dalla Thailandia. Controllare questi siti significa affermare la propria legittimità territoriale. Per i governi di Bangkok e Phnom Penh, cedere su questo punto verrebbe visto come un atto di debolezza imperdonabile dall’opinione pubblica interna, spesso accesa da un forte nazionalismo.

Che ruolo ha avuto Donald Trump in questa vicenda?

Il Presidente USA ha cercato di applicare il suo metodo di “deal-making” alla diplomazia asiatica, co-firmando il “Kuala Lumpur Peace Accord” nell’ottobre 2025. L’obiettivo era stabilizzare l’area tramite incentivi economici e commerciali, riducendo l’influenza cinese. Tuttavia, l’accordo si è rivelato fragile perché ha affrontato gli aspetti economici senza risolvere le profonde dispute territoriali e storiche. Il rapido fallimento dell’intesa rappresenta un duro colpo d’immagine per la diplomazia americana nella regione.

Quali sono i rischi economici di questo conflitto?

L’impatto immediato è sul turismo e sulla sicurezza delle frontiere, ma il rischio maggiore è strutturale. L’ASEAN sta cercando di presentarsi come un blocco economico coeso e alternativo alla Cina per le catene di approvvigionamento globali.4 Un conflitto aperto tra due membri chiave come Thailandia e Cambogia spaventa gli investitori internazionali, blocca i progetti di infrastrutture transfrontaliere e congela i nuovi accordi commerciali promessi dall’accordo di pace, danneggiando l’economia di tutta l’area indocinese.

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