Politica
LA STUPIDITA’ DELLA POLITICAL CORRECTNESS
Scandalo. Una professoressa di religione dell’Istituto Superiore Pininfarina di Moncalieri, rispondendo ad alcuni alunni sedicenni che le chiedevano la sua opinione sull’omosessualità, l’ha definita un male psicologico che si può curare. Apriti Cielo. Si sono aperte le cateratte della stupidità.
Chi scrive precisa di non essere né religioso né omofobo, e di non avere nessuna tesi preconcetta da difendere. Il problema infatti riguarda qualcosa di molto più importante: la libertà.
La scuola, se è laica, è il tempio della cultura, non dell’indottrinamento. Se è vero che fa parte del normale bagaglio culturale la conoscenza delle nostre istituzioni politiche, ciò non significa che il professore che insegna “educazione civica” sia tenuto a dir bene di quelle istituzioni. Può sostenere che l’abolizione del Senato sia un danno per il Paese e può sostenere che la sua esistenza sia un errore. Può affermare che il Presidente della Repubblica attualmente abbia dilatato oltre il dovuto quantità e qualità dei suoi interventi e può sostenere che dovrebbe avere più poteri, per il bene della nazione. Può sostenere che sia l’eletto degli ottimati – e dunque non rappresenta il popolo – e può sostenere che farlo eleggere dai cittadini creerebbe il rischio di una dittatura. L’unica vera condizione che andrebbe posta all’insegnamento della religione come della storia, della letteratura come della filosofia, dell’arte come di qualunque altra materia, è che i discenti possano discutere e dissentire. Se un alunno sostiene che gli Inni Sacri del Manzoni – purché li abbia letti – gli sembrano orrendi, esprime una legittima critica letteraria. Cui il professore può serenamente replicare: “Per me rimangono apprezzabili”. La scuola non deve imporre che si dica bene di una cosa e male di un’altra, essa serve soltanto a far sapere che esiste un certo dato culturale su cui ognuno può avere la propria opinione. È questa la differenza fra un regime democratico e un regime dittatoriale. Nella Corea del Nord non sarà lecito dir male di quel giovanotto che per meriti dinastici è al sommo del potere; da noi, con l’unico limite della diffamazione, possiamo dire peste e corna di chiunque, e dobbiamo permettere anche agli altri di farlo.
Purché prima si siano informati, deve essere lecito agli alunni dire la loro su qualunque cosa, perfino andando contro il parere della maggioranza. E men che meno tale diritto può essere negato ai docenti. Se proprio vanno contro le convinzioni comuni, essi hanno il dovere morale di avvertire gli alunni di questo contrasto, ma poi potranno dire tutto il bene o tutto il male che vogliono del Rinascimento, della Riforma protestante, del Fascismo, della religione o del consumismo: la scuola non è tenuta alla political correctness. Essa ha il dovere d’insegnare il senso critico, non il conformismo. Ché anzi era proprio questa la funzione dello studio della filosofia: proporre ai discenti opinioni così largamente divergenti dalle convinzioni correnti, da far capire quanto lontano possa andare il pensiero che osa. Ma probabilmente, come si è insegnato a non conoscere la lingua abolendo il latino, si insegnerà a non pensare con la propria testa abolendo la filosofia.
Prescindendo da ogni giudizio di valore riguardo all’omosessualità, non si può dimenticare che se attualmente la moda è quella di dichiararla del tutto normale – addirittura si parla di “orgoglio omosessuale” – per millenni il giudizio è stato pessimo e l’atteggiamento sociale discriminatorio fino alla crudeltà. Ma proprio per questo, come si sarebbe dovuto difendere cinquant’anni fa l’alunno che avesse sostenuto l’omosessualità come cosa normale, bisogna oggi difendere la professoressa che la dichiara “curabile”. Del resto, dicendo ciò, ella si dimostra ben più mite di come la Chiesa Cattolica sia stata per secoli e secoli. Non si può dichiarare inammissibile, e perseguibile, un’opinione che è stata la regola per la più longeva istituzione europea, anche se oggi si vorrebbe farlo dimenticare.
Soltanto chi è digiuno di storia, ed anche un po’ stupido, può scandalizzarsi di qualcosa che è stato ritenuto del tutto normale in altri momenti. Per esempio la schiavitù. Il dovere del professore di storia non è soltanto quello di parlare dell’Inquisizione e della persecuzione delle streghe, ma anche quello di spiegare che, sul momento, all’esistenza delle streghe credevano assolutamente tutti, e dunque ci avrebbero creduto anche loro, se fossero vissuti in quei tempi. E se a questa affermazione si scandalizzano, devono anche sentirsi rimproverare la mancanza di senso storico.
La cultura è caratterizzata da un’ampiezza di vedute che già da sola induce alla tolleranza.
Gianni Pardo, [email protected]
1 novembre 2014
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