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Euro crisis

Studio Natixis: Se tutto va bene, i paesi periferici sono rovinati

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Guesto post da Voci dall’Estero

 

Uno studio di Natixis, importante banca d’affari francese, conferma che per i paesi periferici non c’è nessuna luce in fondo al tunnel. Anche nell’ipotesi improbabile che i capitali internazionali continuino ad investire in Europa, un ritorno alla normalità per Italia, Spagna e Portogallo richiederebbe un tempo molto lungo di fragilità e sofferenza.
 
 
 
Natixis pubblica i risultati di una ricerca su tre paesi periferici dell’eurozona – Italia, Spagna e Portogallo – e sulle loro prospettive di ritorno alla normalità. Vengono sfatate parecchie illusioni su un rapido ritorno alla normalità e alla crescita:

 

“Abbiamo l’impressione che alcuni investitori ritengano che il 2014 sia un anno di transizione per Spagna, Italia e Portogallo, e che il 2015 sarà l’anno in cui le cose torneranno alla normalità. Questi investitori devono capire che, anche se nessuna nuova crisi o nessun incidente interrompesse la ripresa di queste economie, ci vorrà molto tempo perché esse tornino alla normalità, cioè:

– che la disoccupazione torni ai livelli pre-crisi (da 6 a 25 anni a seconda del paese);
– che i rapporti di debito pubblico e privato tornino a livelli sostenibili (dai 6 ai 15 anni);
– che la  solvibilità delle famiglie e delle imprese torni alla normalità (da 4 anni a “mai”);
 – che la capacità produttiva distrutta durante la crisi venga ricostruita (da 5 anni a “sempre”, dove “sempre” significa che il processo di correzione non viene avviato).
Questi paesi rimarranno quindi fragili per un tempo lunghissimo, da qui il rischio di una nuova crisi di fiducia prima che la loro situazione possa normalizzarsi.”
 
 
La tabella mostra che secondo le previsioni la Spagna, l’Italia e il Portogallo nel 2014 torneranno in territorio positivo e nel 2015 la crescita dovrebbe rinforzarsi. Questo è quanto basta ad alcuni analisti e investitori per credere che nel 2015 questi paesi potranno tornare alla normalità.  Sfortunatamente, noi crediamo che ci vorrà molto più tempo perché questi paesi possano tornare a una situazione economica di normalità.” 
 
Il documento chiarisce che le ipotesi da loro formulate non sono pessimistiche, perché l’assunto è che non succeda alcuno shock esterno e che l’attuale anomala situazione di forti acquisti di asset da parte di investitori esteri persista per molto tempo ancora:
“Escludiamo anzitutto l’ipotesi di un’altra crisi, un altro shock o un altro forte aumento dell’avversione al rischio relativo ai paesi meridionali dell’euro-zona. Supponiamo che gli investitori continuino fortuitamente ad acquistare asset di questi paesi, come hanno fatto dalla primavera del 2013 (grafico 2A), e che, di conseguenza, i tassi di interesse di questi paesi continuino a scendere (grafico 2B). Nonostante questo scenario ottimistico, il 2015 non sarà l’anno in cui questi paesi torneranno alla normalità, nemmeno lontanamente. Ci vorrà molto tempo per correggere gli sviluppi negativi causati dalla crisi.”

 

Lo studio espone poi i risultati ottenuti voce per voce.
Per quanto riguarda la disoccupazione, un ritorno ai livelli pre-crisi, ammesso che la crescita prevista venga confermata, richiederà 25 anni in Spagna, 6 anni in Italia e 22 anni in Portogallo. La situazione spagnola poi è decisamente catastrofica, dato il numero di posti di lavoro persi durante la crisi nel settore dell’edilizia.
Per quanto riguarda i rapporti di debito rispetto al PIL, lo studio considera come ritorno alla normalità un rapporto di indebitamento privato ai livelli del 2004  e una stabilizzazione del debito pubblico al 90% del PIL. Considerando l’ipotesi che l’obiettivo del pareggio di bilancio sia raggiunto nel 2017, il ritorno alla normalità richiederebbe:
• In Spagna, 5 anni per il settore pubblico e 14 anni per quello privato
• In Italia, 15 anni per il settore pubblico e 9 anni per quello privato
• In Portogallo, 14 anni per il settore pubblico e 6 anni per quello privato
Per quanto riguarda la solvibilità di famiglie e imprese, “attualmente sta continuando a deteriorarsi in Spagna e in Italia per quanto riguarda le famiglie; e in Italia e Portogallo per quanto riguarda le imprese, con segni di miglioramento in Spagna. La conseguenza è che le banche continuano ad accumulare dei prestiti inesigibili.”

 

 

 

Il ritorno alla solvibilità delle famiglie è legato al ritorno a normali livelli di indebitamento e di disoccupazione, di cui abbiamo visto sopra. Per le imprese invece, il parametro considerato è la redditività, che tornerebbe normale quando i profitti delle aziende ammontano al 10% del PIL (secondo lo studio).  Secondo questa definizione, la Spagna sarebbe già tornata alla normalità, al Portogallo occorrerebbero 4 anni per farlo, mentre all’Italia occorrerebbe un tempo infinito, dato il trend di evoluzione di salari reali e produttività.
 
Infine, per quanto riguarda la ricostruzione della capacità produttiva, lo studio esclude il settore edilizio, che prima della crisi era sovradimensionato, e si limita a considerare la produzione industriale. Anche solo in questo campo, la capacità produttiva distrutta è stata enorme e per di più, l’unico dei paesi analizzati che sta iniziando ad invertire il trend è il Portogallo.
 
 
A fronte di questi dati, le conclusioni non possono che essere negative:
 
“Il 2015 non sarà l’anno in cui Spagna, Italia e Portogallo torneranno alla normalità. Se osserviamo le dinamiche di disoccupazione, debito pubblico e privato, solvibilità di famiglie e imprese e capacità di produzione industriale, vediamo che ci vorranno da 5 a più di 20 anni per tornare davvero alla normalità. Durante questo periodo molto lungo, queste economie rimarranno fragili; i paesi meridionali dell’eurozona rimarranno esposti alla minaccia di un ritorno al pessimismo degli investitori.

 


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