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Strasburgo: il Parlamento Europeo boccia clamorosamente il blando compromesso su Green Due Diligence voluto dal PPE. Centristi in crisi
Sostenibilità UE, il compromesso non passa. Voto segreto a Strasburgo affossa l’accordo sulla “due diligence”: battuta d’arresto per il PPE, schiacciato tra Verdi e Destra.

Il “Palazzo” europeo non delude mai quando si tratta di complicare le cose, specialmente quando, almeno in teoria, cerca di semplificarle. La tanto discussa legge “omnibus”, pensata per alleggerire (o almeno così dicevano) le norme di sostenibilità e due diligence aziendale, si è schiantata nell’aula di Strasburgo.
Con un voto segreto, la maggioranza ha respinto il mandato negoziale che era stato faticosamente concordato in commissione solo due settimane fa.
I numeri sono la chiave: 318 contrari, 309 favorevoli e 34 astenuti. Una manciata di nove voti ha fatto saltare il banco, bloccando l’avvio dei negoziati finali tra le istituzioni UE (il cosiddetto “trilogo”) previsto per venerdì. Ora, tutto è rimandato e dovrà essere riesaminato nella plenaria del 13 novembre, dove i parlamentari, questa volta a voto palese, dovranno ripresentare le proprie posizioni.
La sconfitta del PPE, non in grado di scegliere
La giornata segna una pesante sconfitta politica per il Partito Popolare Europeo (PPE), il gruppo di centro-destra che guida il dossier. Il PPE aveva spinto con forza per un accordo, cercando di imporre le proprie condizioni ai partner di maggioranza, i Socialisti e Democratici (S&D) e i liberali di Renew. Ma il castello è crollato.
Ma chi ha premuto il grilletto? Il voto era segreto, e questo è il dettaglio cruciale.
A chiedere lo scrutinio segreto è stata la Destra e i Sovransti, che fiutavano lo scontento di quella che si presenta come maggioranza parlamentare. Sapevano che il compromesso negoziato dal PPE era insoddisfacente per loro, ma anche, e qui sta la finezza politica, per molti Socialisti. Il PPE aveva imposto una mezza soluzione che non risolveva il problema burocratico.
Si è così creato un “fronte del no” tanto eterogeneo quanto efficace:
- I Verdi (Greens): Hanno votato contro perché ritenevano l’accordo troppo debole e un “ricatto” del PPE che indeboliva il quadro della sostenibilità europea.
- La Destra (ECR/PfE/altri): ECR, più centrista, si è spaccato, con i polacchi contrari e gli italiani a favore, allineati sul PPE. PfE e gli altri han votato contro. perché ritengono normative sulla sostenibilità e sulla Due Diligence qualcosa da eliminare, non da “semplificare”.
- I Socialisti (S&D): Qui il probabile capolavoro tattico. Ufficialmente a favore dell’accordo, molti di loro hanno quasi certamente usato il segreto dell’urna per bocciare un testo. Dopotutto, questa parte politica si è impegnata quasi fino al “suicidio industriale” europeo su queste norme, e ora fatica a giustificare un passo indietro imposto dal PPE.
Le Reazioni e il Futuro
Le reazioni mostrano la spaccatura. “È un successo per la democrazia”, ha dichiarato Tobiasz Bocheński (ECR), “i deputati hanno votato secondo le loro convinzioni, non secondo le istruzioni dei capigruppo”. Ha poi aggiunto: “Il Parlamento si sta spostando a destra, verso il buon senso. Ora abbiamo l’opportunità di lavorare sulla deregolamentazione del Green Deal”. Il PPE però non sembra in grado di capire questo spostamento.
Dall’altra parte, la negoziatrice dei Verdi, Kira Marie Peter-Hansen, ha affermato che il voto “ci dà un’altra possibilità di migliorare il testo” (leggi: renderlo ancora più stringente).
Il voto è un colpo durissimo per il PPE, che si trova ora al bivio. Il tentativo di un compromesso “al centro” è fallito, stritolato tra chi vuole la “purezza” del Green Deal (Verdi e parte dei Socialisti) e chi chiede uno stop alla burocrazia (Destra e Sovranisti). Le normative sulla “Due Diligence ESG”, peraltro avversate duramente da partner commerciali essenziali come USA e Qatar, hanno poco spazio di riforma “morbida”. Il PPE deve decidere, alla fine, da che parte vuole stare.
Domande e Risposte sul Testo
1) Cos’è questa legge “Omnibus” sulla sostenibilità di cui si parla?
Si tratta di un pacchetto legislativo pensato (in teoria) per “semplificare” e razionalizzare diverse normative europee sulla sostenibilità, fatte nei momenti di euforia green climatica. Il cuore del problema è la “Due Diligence” (CSDDD), che impone alle aziende di monitorare, identificare e prevenire gli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente lungo tutta la loro catena di fornitura globale. È un pilastro del Green Deal, ma le imprese lo criticano per l’enorme carico burocratico e i costi che impone, rendendole meno competitive. Inoltre è opposto dai partner commerciali più essenziali della UE, che rifiutano di farsi dare la morale.
2) Perché il voto segreto è stato così importante e chi ha “tradito”?
Il voto segreto è stato fondamentale perché ha permesso ai deputati di votare contro la linea ufficiale del proprio gruppo senza esporsi. Il PPE (Popolari) contava su un’alleanza con Socialisti e Liberali. Tuttavia, l’ala destra del parlamento ha chiesto il voto segreto sospettando (correttamente) che molti Socialisti fossero scontenti del compromesso al ribasso imposto dal PPE. Allo stesso tempo, i Verdi hanno votato contro perché lo ritenevano troppo debole. Il “tradimento” è stato trasversale: il centro è stato schiacciato dai lati opposti, rivelandosi incapace di una propria linea politica.
3) Cosa succede ora e perché queste norme sono criticate?
Ora la palla torna alla plenaria del Parlamento il 13 novembre. Il processo è bloccato e il testo dovrà essere rinegoziato. Queste norme sono duramente criticate perché, secondo molti analisti e partner commerciali (come USA e Qatar), impongono costi e oneri burocratici sproporzionati alle aziende europee. Si teme che, nel tentativo di esportare gli standard ESG, l’UE stia danneggiando la propria industria (il “suicidio industriale” citato), favorendo concorrenti che non hanno questi vincoli.








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