AutomotiveEconomia
Stellantis investe 13 miliardi negli Usa, silenzio assordante da parte di Maurizio Landini

Forse Maurizio Landini è troppo impegnato ad organizzare il nuovo sciopero per la Palestina, o a mettere in campo la proposta per una nuova patrimoniale contro i super ricchi, sta di fatto che sulla vicenda dell’annuncio da parte del nuovo ad di Stellantis, Antonio Filosa, sull’investimento monstre da 13 miliardi di dollari negli Usa, si è registrato d parte del piu grande sindacato italiano un silenzio assordante.
Mentre negli stabilimenti italiani la produzione langue e la cassa integrazione arriva a coprire quasi il 50% degli effettivi, l’azienda di Jhon Elkan, decide di abbandonare ( forse definitivamente) l’Europa e l’Italia e puntare tutto sugli Usa- Si prevede che questo investimento darà lavoro a 5000 nuovi addetti negli stabilimenti dell’azienda in Illinois, Michigan, Ohio e Indiana. Mentre nulla è previsto per gli stabilimenti europei e men che meno per quelli italiani. Una decisione che avrebbe dovuto fa sobbalzare Landini, che è sempre attentissimo a criticare il governo su ogni scelta industriale, ma che stranamente da quando Elkan è diventato padrone anche di Repubblica, dopo la Stampa, considerati organi di stampa di area progressista, il segretario della Cgil si guarda bene dal criticare le scelte aziendali di Stellantis.
“Il maggior investimento individuale nei 100 anni di storia dell’Azienda a beneficio di tutti gli stabilimenti statunitensi” è stato definito dalla azienda italo francese. Grazie al quale Lo stabilimento di Belvidere, Illinois, riaprirà per la produzione di due nuovi veicoli Jeep. Lo stabilimento di Warren, Michigan, produrrà un nuovo SUV di grandi dimensioni, disponibile in versione elettrica a autonomia estesa e con motore a combustione interna. La prossima generazione di Dodge Durango sarà prodotta a Detroit. Ed infine gli stabilimenti di Kokomo, Indiana, produrranno il nuovissimo motore GMET4 EVO.
E intanto, nei primi nove mesi del 2025 la produzione italiana del gruppo è crollata del 31,5 %. Le stime dell’osservatorio periodico di Fim-Cisl parlano di un bilancio annuale poco sopra le 310.000 unità, di cui meno di 200.000 autovetture. Nel solo terzo trimestre, 265.490 veicoli: oltre il 60 % in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un ridimensionamento profondo, che coinvolge tutti i principali siti produttivi.
Lunedì prossimo, nell’incontro con Filosa, le organizzazioni sindacali — Fim, Fiom e Uilm — chiederanno impegni precisi, con maggiore chiarezza su piani produttivi, garanzie occupazionali e un percorso concreto di transizione tecnologica. Per Filosa, l’obiettivo è rendere gli impianti italiani più competitivi e flessibili, mentre il gruppo starebbe anche valutando di posticipare di tre mesi, a giugno 2026, la presentazione del nuovo piano industriale. Mentre in Italia si ricorre alla cassa integrazione, ai contratti di solidarietà e ai tagli di personale, negli Stati Uniti si parla di nuove assunzioni, impianti modernizzati e rilancio produttivo. Il contrasto è evidente e difficilmente conciliabile con la narrativa di “equilibrio geografico” più volte evocata dal gruppo.
Il ministro Urso, da sempre impegnato anche a livello europeo nel difendere il settore, nell’ultimo incontro tenuto con i vertici dell’azienda aveva avuto rassicurazioni su investimenti di 2 miliardi di euro in Italia, e durate il question time al Senato ha ribadito che ne chiederà conto nel prossimo tavolo che si terrà al ministero.
Possibile che di fronte ad un quadro cosi desolante il segretario del principale sindacato italiano dei lavoratori, che tra le altre cosa arriva da un lungo percorso nel sindacato dei metalmeccanici, non abbia proprio nulla di dire..?

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