AutomotiveEconomia
Stellantis e Cina: maxi Gigafactory in Spagna. Saragozza incassa 4,1 miliardi mentre il gruppo dimentica l’Italia
Stellantis e Cina: al via la maxi fabbrica di batterie in Spagna da 4,1 miliardi. L’Italia resta a guardare mentre Saragozza diventa l’hub elettrico d’Europa.

Mentre in Italia si discute di ammortizzatori sociali e tavoli di crisi, a Saragozza si posano prime pietre. Stellantis, il colosso nato dalla fusione tra FCA e PSA, prosegue la sua marcia industriale, ma la bussola sembra puntare decisamente lontano dalla penisola. Mercoledì scorso, insieme al gigante cinese CATL (Contemporary Amperex Technology Co., Limited), il gruppo ha inaugurato il cantiere della nuova fabbrica di batterie a Figueruelas.
La nuova entità, una joint venture paritetica battezzata Contemporary Star Energy (CSE), non è un progetto sulla carta: aprirà i battenti già nella seconda metà del prossimo anno. Un’operazione che conferma due trend ormai consolidati: la centralità della Spagna nelle strategie di Tavares (o chi per lui) e la penetrazione strutturale della tecnologia cinese nel cuore dell’industria automobilistica europea.
I numeri dell’investimento: un colosso da 50 GWh
L’operazione non è di poco conto. Parliamo di un investimento complessivo di 4,1 miliardi di euro, finanziato per il 94% dai partner della joint venture e sostenuto da 300 milioni di euro di fondi europei (tramite il programma spagnolo PERTE).
Ecco i dettagli tecnici del progetto che dovrebbe far riflettere il nostro Ministero delle Imprese e del Made in Italy:
Capacità Produttiva: 50 GWh a regime.
Obiettivo: Produrre un milione di batterie l’anno a partire dal 2028.
Tecnologia: Batterie LFP (Litio-Ferro-Fosfato) con design modulare Cell-to-Body, che garantisce maggiore integrazione strutturale nel veicolo, dato che la batteria fa parte del telaio portante dell’auto.
Energia: L’80% del fabbisogno energetico sarà coperto da fonti rinnovabili (solare ed eolico) generate in loco.
La struttura organizzativa riflette un equilibrio sottile: tre dirigenti di provenienza Stellantis e due di CATL. Andy Wu, CEO della joint venture, ha parlato di “processo decisionale equilibrato”, ma è chiaro che la tecnologia e il know-how sono a trazione asiatica, mentre il mercato di sbocco è quello delle auto europee del gruppo.
Il nodo occupazione: lavoratori locali o “trasferta” cinese?
Qui la narrazione si fa interessante e, per certi versi, scivolosa. Si parla di 4.000 posti di lavoro creati a regime. Tuttavia, indiscrezioni di agenzie come Bloomberg e Reuters suggeriscono che, inizialmente, circa 2.000 dipendenti potrebbero arrivare direttamente dalla Cina.
La motivazione ufficiale sarebbe il trasferimento di competenze ingegneristiche ai colleghi spagnoli, e il fatto che, evidentemente, CATL non si fida e teme che gli ingegneri spagnoli possano copiare qualche soluzione cinese e poi sfruttarla in proprio. Andy Wu ha tentato di rassicurare, affermando che “la maggior parte della forza lavoro sarà locale” e che l’obiettivo è creare valore aggiunto sul territorio.
Resta il fatto che, in una prima fase, una parte consistente del salario generato potrebbe non ricadere sull’economia locale come promesso. La Spagna, comunque, accetta di buon grado: meglio importare temporaneamente tecnici che perdere l’intero impianto.
La Spagna esulta, l’Italia paga
Il governo spagnolo ha steso il tappeto rosso. Il Ministro dell’Industria, Jordi Hereu, ha definito il progetto un esempio di “autonomia strategica dell’Europa”. Un ossimoro interessante, visto che l’autonomia si raggiunge qui appoggiandosi al più grande produttore cinese di batterie. Per l’ambasciatore cinese Yao Jing, si tratta del “più grande investimento mai realizzato dalla Cina” in Spagna.
Nota a margine: È evidente come il modello spagnolo, fatto di incentivi rapidi, sfruttamento dei contributi europei (la Spagna è percipiente netta) e pragmatismo, stia vincendo la competizione interna europea. La fabbrica sorgerà su 400.000 metri quadrati adiacenti allo storico stabilimento ex-GM di Saragozza, garantendo continuità a un ecosistema che sostiene 35.000 famiglie in Aragona.
Conclusioni: la strategia dello svuotamento
La realtà, spogliata dalla retorica istituzionale, è cruda. Stellantis continua a investire massicciamente, ma sempre meno in Italia, paese che pure porta in dote marchi storici e una filiera della componentistica d’eccellenza.
La sensazione è che l’Italia sia relegata a mercato di consumo o a centro di produzione marginale, mentre la Spagna diventa l’hub produttivo e la porta d’ingresso per la “colonizzazione” industriale cinese in Europa. Pechino mette la tecnologia e i soldi, la Spagna mette il terreno e gli incentivi, Stellantis mette il marchio. E l’Italia? L’Italia paga, essendo contributore netto per gli aiuti europei che poi Madrid sfrutta. Praticamente paghiamo per far chiudere la nostra industria, ma possiamo così chiamarci europeisti.
Domande e risposte
Perché Stellantis ha scelto la Spagna e non l’Italia per questo investimento? La scelta è dettata da una combinazione di fattori: il costo dell’energia in Spagna è generalmente inferiore rispetto all’Italia, il governo spagnolo ha mostrato maggiore reattività nell’erogare fondi europei (PERTE) e la logistica è favorevole. Inoltre, il pragmatismo politico spagnolo ha accolto gli investimenti cinesi senza le esitazioni geopolitiche che talvolta frenano altri paesi europei, creando un ambiente più “business-friendly” per le joint venture internazionali.
È vero che lavoreranno operai cinesi nella fabbrica spagnola? Sì, almeno inizialmente. Nonostante le promesse di “occupazione locale”, fonti autorevoli indicano che circa 2.000 tecnici potrebbero arrivare dalla Cina. Questo serve a CATL per installare le linee produttive e garantire che la tecnologia LFP venga implementata correttamente. La dirigenza ha promesso che si tratterà di una fase transitoria per formare il personale spagnolo, ma rimane un punto controverso riguardo al reale impatto occupazionale immediato sul territorio.
Che tipo di batterie verranno prodotte e perché sono importanti? Verranno prodotte batterie LFP (Litio-Ferro-Fosfato). Rispetto alle batterie nichel-cobalto, le LFP sono meno costose da produrre, più sicure e hanno una vita ciclica più lunga, anche se con una densità energetica leggermente inferiore. Questa tecnologia è fondamentale per produrre auto elettriche economiche (sotto i 25.000 euro), il segmento dove Stellantis deve competere aggressivamente contro l’invasione dei brand cinesi low-cost.








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