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STANGATE IN ARRIVO SU LUCE E ACQUA (alla faccia del referendum), OVVERO I LIBERISTI COL CULO DEGLI ALTRI

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Lo so, sono caustico e malfidato, ma faccio fatica a credere che i grandissimi gruppi industriali e finanziari spendano una cifra stimata a livello globale in circa un miliardo di euro all’anno in attività di lobbying per convincere i decisori politici a prendere quelle iniziative di ampliamento della concorrenza che consentirebbero loro di ridurre il mark-up ed in sostanza di guadagnare MENO. Provate ad immaginare la Goldman Sachs che va da un senatore di un paese qualsiasi dicendogli una cosa del tipo: “Caro senatore, noi, grazie alla posizione di oligopolio che abbiamo acquisito, riusciamo a guadagnare grossissime cifre, ma non è giusto, occorre puntare sulla concorrenza in modo da guadagnare meno e dare la possibilità agli altri (soprattutto i piccoli) di guadagnare di più! In cambio dei soldi che ci farai perdere con la tale iniziativa, noi ti finanzieremo la campagna elettorale e ti faremo qualche regalo”. Vi pare credibile? Se per voi lo è, siete più bravi di me, io proprio non ce la faccio.
Eppure i sedicenti economisti discepoli dei “Chicago boys”, quelli secondo cui il mercato è l’incontro tra l’offerta e sé stessa (infatti per loro la domanda è un’entità astratta di nessuna utilità), sono sempre ad insistere sull’importanza della concorrenza (soprattutto quella fatta dalle aziende estere a danno delle nostre), gli investimenti diretti esteri, le privatizzazioni ed altre amenità varie.
Non che la concorrenza non sia importante, ci mancherebbe, ma spesse volte si tratta di “carità pelosa” come nel caso del DDL n. 2085 in discussione al Senato. Si tratta di un disegno di legge di iniziativa governativa che “reca disposizioni finalizzate a rimuovere ostacoli regolatori all’apertura dei mercati, a promuovere lo sviluppo della concorrenza e a garantire la tutela dei consumatori, anche in applicazione dei princìpi del diritto dell’Unione europea in materia di libera circolazione, concorrenza e apertura dei mercati, nonché delle politiche europee in materia di concorrenza”.
Come al solito, appena si sente nominare l’Unione europea, occorre mettere la mano alla fondina, infatti l’art. 27, così come modificato in base all’emendamento a firma di Francesco Scalia (del PD) e a quello di Aldo Di Biagio e Antonio de Poli (entrambi di NCD), recita:
“a decorrere dal 1º gennaio 2018 [….] l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico adotta disposizioni per assicurare, dalla medesima data di cui al comma 1, il servizio di salvaguardia ai clienti finali domestici e le imprese connesse in bassa tensione con meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore ai 10 milioni di euro senza fornitore di energia elettrica o che non abbiano scelto il proprio fornitore, attraverso procedure concorsuali per aree territoriali e a condizioni che incentivino il passaggio al mercato libero.
Questo vuole dire che chi alla data del 1° gennaio 2018 continuerà ad aderire al Servizio di Maggior Tutela (le cui condizioni economiche e contrattuali sono regolate dall’Autorità non solo per quanto riguarda la distribuzione e il trasporto dell’energia, ma anche per il prezzo di compravendita dell’energia dal produttore al cliente finale e che attualmente rifornisce circa 25 milioni di clienti domestici e piccole imprese, contro i 10 del mercato libero), sarà automaticamente dirottato presso il servizio di salvaguardia. Tale servizio verrà assegnato agli operatori privati tramite concorsi, ma con l’obbligo di praticare prezzi più alti rispetto agli altri al fine di “costringere” la clientela ad aderire al mercato libero, con inevitabile salasso a danno dei 25 milioni di consumatori che attualmente aderiscono al Servizio di Maggior Tutela.
Alla faccia della tutela del consumatore, della libertà di scelta, della concorrenza!
Non a caso le associazioni Federconsumatori, Adusbef, Unione Nazionale Consumatori, Lega Consumatori, Adoc. Rete Consumatori Italia (Codici, Casa del Consumatore e Assoutenti) e Codacons sono sul piede di guerra ed hanno scritto una lettera al Presidente del Consiglio Matteo Renzi e al ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, per ora senza sortire alcun effetto, in cui stigmatizzano la strada che si sta intraprendendo poiché, secondo le associazioni, questo servizio di salvaguardia potrà costare anche quattro volte il normale prezzo dell’energia. (Ma la concorrenza non dovrebbe abbassare i prezzi?!?)
E non finisce qui!
Cosa fa più gola ad un grande prenditore… pardon, imprenditore? Potersi impossessare di un bene pubblico (così lo paga poco perché lo Stato è sempre costretto a svendere per inseguire il fantasma del debito) in regime di monopolio, così può praticare il prezzo che vuole. Vi viene in mente qualcosa? Ma certo: l’acqua del rubinetto!!!
Infatti la proposta di legge Daga ed altri: “Princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico, nonché delega al Governo per l’adozione di tributi destinati al suo finanziamento” (2212) proponeva all’art. 6:
“1. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti al servizio idrico integrato costituiscono il capitale tecnico necessario e indispensabile per lo svolgimento di un pubblico servizio e sono proprietà degli enti locali, che non possono cederla. Tali beni sono assoggettati al regime proprio del demanio pubblico ai sensi degli articoli 822 e 824 del codice civile. Essi sono inalienabili e gravati dal vincolo perpetuo di destinazione ad uso pubblico.
2. La gestione e l’erogazione del servizio idrico integrato non possono essere separate e possono essere affidate esclusivamente a enti di diritto pubblico.

Salta fuori dal cilindro l’emendamento di Enrico Borghi (del PD) e puff… abrogato, pertanto gli acquedotti non sono più inalienabili (e quindi possono essere venduti), infine arriva l’emendamento di Piergiorgio Carrescia e Giovanna Sanna (entrambi del PD) e puff… abrogato anche il secondo comma, pertanto la gestione e l’erogazione del servizio idrico integrato potranno essere affidate al migliore offerente (o all’amico di turno) secondo i disposti del nuovo articolo 4 comma 1, che recita:
“In via prioritaria è disposto l’affidamento diretto in favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate da tutti gli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale”.
Insomma, siamo alle solite: evviva la libera concorrenza, evviva le privatizzazioni (in regime di sostanziale monopolio), evviva il turboliberismo, ma il culo ce lo mettiamo noi!


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