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Analisi e studi

Spoils System, il Governo può sostituire i dirigenti pubblici. Ecco in quali casi, come e perché (di Giuseppe PALMA)

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Occorre essere chiari. I dirigenti pubblici che – per particolari ruoli o funzioni svolte – collaborano alla formazione dell’indirizzo politico del governo, possono benissimo essere sostituiti con altri che godono di maggiore fiducia da parte del governo stesso.

E’ il cosiddetto sistema dello spoils system,  introdotto dalla Legge n. 145/2002 che ha potenziato tale sistema (art. 6), attribuendo al nuovo governo la facoltà di confermare o revocare le nomine degli organi di vertice, conferite dal precedente esecutivo, nei sei mesi che precedono la fine della Legislatura. Per quanto riguarda invece i dirigenti ministeriali di vertice, il governo può prevederne la sostituzione entro 90 giorni dal voto di fiducia di entrambe le Camere.

Le polemiche di questi giorni, sollevate dal centrosinistra e ben equipaggiate dall’informazione di regime, stanno a zero. Tutti i governi succedutisi dal 2002 in avanti hanno sempre fatto la stessa cosa, cioè porre ai vertici dello Stato – e quindi a capo degli Uffici ministeriali che coadiuvano il perseguimento dell’indirizzo politico del governo – uomini di fiducia dell’esecutivo. Non per clientelismo, intendiamoci, ma per maggiore coesione tra governo e dirigenti pubblici, connessione strettamente funzionale al buon andamento dell’azione amministrativa di cui parla l’art. 97 della Costituzione. A tal proposito giova ricordare che il dirigente sostituito che sia legato ad un rapporto continuativo con la PA non perde il posto di lavoro, bensì solo la funzione.

La Corte costituzionale è intervenuta sia nel 2007 che nel 2008 con due sentenze (la num. 103/2007 e la num. 161/2008) che hanno dichiarato la parziale incostituzionalità della legge, riferendosi solo al meccanismo automatico di sostituzione (il cosiddetto spoils system automatico) in quanto questo ledeva il principio di buona amministrazione (artt. 97 e 98 Cost.) sotto il profilo del principio di continuità dell’azione amministrativa. La Consulta lasciava quindi intatta la ratio della norma, vale a dire la possibilità per il nuovo governo di sostituire i soggetti di cui sopra qualora questi – per particolari funzioni pubbliche espletate – collaborino di fatto alla formazione dell’indirizzo politico del governo. Per dirla in altre parole, dal criterio di automaticità previsto inizialmente dalla legge e caducato dalle due sentenze della Corte,  si è passati a quello della discrezionalità in base al tipo di funzione e se questa sia funzionale al perseguimento dell’indirizzo politico del governo.

Il sistema dello spoils system esiste in tutto il mondo ed è particolarmente marcato negli Usa, dove ogni nuova amministrazione si circonda – ai vertici dello Sato – delle persone ritenute di fiducia. Lo  spoils system all’italiana è certamente mitigato rispetto a quello americano, ma – nella sostanza – cambia ben poco.

Vediamo un caso concreto. Al di là della manina ministeriale che ha volutamente messo in cattiva luce Luigi Di Maio e il suo decreto dignità (manina che il governo ha tutto il diritto di sostituire perché ha delegittimato l’azione politica dell’esecutivo vergando parte della relazione da questo non condivisa e per di più sconosciuta), merita un approfondimento il caso del Presidente Inps Tito Boeri, nominato a capo dell’ente dal Governo Renzi alla fine del 2014. In teoria, stando alle due sentenze della Consulta sopra citate, Boeri non può essere sostituito automaticamente. Tuttavia, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale è il principale ente previdenziale del sistema pensionistico italiano ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Se il Presidente dell’ente, a pochi giorni dall’insediamento del nuovo esecutivo, esprime in pubblico dichiarazioni che contrastano con le politiche previdenziali che fanno parte delle dichiarazioni programmatiche sulle quali il Governo ha ottenuto la fiducia del Parlamento, è chiaro che – per il principio di leale collaborazione – deve rassegnare le dimissioni nella mani del Ministro del Lavoro. Se non lo fa, il Governo può avviare un’azione di responsabilità dirigenziale al ricorrere di determinati presupposti. Sto parlando ovviamente di Tito Boeri e delle sue esternazioni contro le politiche in materia previdenziale che vorrebbe porre in essere il Governo Conte (così come da “contratto di governo” sul quale il Parlamento ha espresso il voto di fiducia). Il superamento della Legge Fornero è uno dei capisaldi dell’indirizzo politico del nuovo governo, quindi se il Presidente Inps – che di tale superamento dovrebbe garantirne la corretta applicazione – si dice espressamente contrario al programma di governo in materia previdenziale, non può fare altro che dimettersi. Si chiama “Alto senso delle Istituzioni e dello Stato“, indipendentemente da quello che dicono le leggi.

Avv. Giuseppe PALMA

 

 


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