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La spesa pubblica italiana?! Sotto la media UE 27

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Con le elezioni europee il fronte che vede nella #spesapubblicaimproduttiva, o anche nella sola #spesapubblica, la fonte di tutti i mali sembra essersi ricompattato attorno alle solite argomentazioni. Infatti, l’uso “promiscuo” del termine spesa pubblica è quello per cui si vorrebbe far passare per “spesa pubblica” anche la spesa per interessi, caricando così questa spesa pubblica molto sui generis del fio di aver fatto “esploderle” il debito e, in ragione dell’insegnamento all’austerità voluto da Monti da fine 2011, tagliarla. Ma, come già detto, la spesa pubblica propriamente detta è la sola spesa pubblica primaria, che si calcola al netto della spesa per interessi; mentre questa è spesa di esercizio e non spesa pubblica propriamente detta. Chiarito – molto brevemente – cosa si intende per spesa pubblica e considerato che da un paio d’anni circa il “mantra” sembra essere diventato quello per cui un taglio della stessa sia inevitabile – a parte il poco raziocinio, per chi scrive, di una soluzione che propone il taglio della spesa pubblica primaria per il pagamento di quella d’esercizio per interessi – cerchiamo di valutare l’andamento della spesa pubblica in Italia ed in alcuni altri paesi europei, nonché nella Unione Europea dei 27 membri, tra il 2000 ed il 2011, con i dati del Ministero dell’economia e delle finanze. I dati che si troveranno nei grafici, realizzati come si vede con un semplice foglio di word, sono quelli contenuti nelle Tavole all’interno del documento del Ministero, segnalato nel link, e verranno indicate con i grafici, affinché sia più facile prendere visione anche dei dati stessi direttamente dal documento.

Cominciamo appunto dalla “Tavola II – Spesa pubblica primaria: incidenza percentuale sul PIL – anni 2000-2011” con i dati relativi al c.d. “core”, Germania e Francia, all’Italia, la media dei paesi UE ed il Regno Unito; proprio per vedere l’incidenza percentuale della spesa primaria degli stessi paesi in relazione al loro PIL.

La spesa pubblica italiana
È facile notare che se dal 2000 al 2011 c’è un paese, tra quelli presi in considerazione, che potrebbe, caso mai, aver avuto un problema di spesa primaria in relazione al PIL, è la Francia (53,4% al 2011). L’Italia (45,1% al 2011) resta abbondantemente sotto la Francia, quasi costantemente sotto la media dei paesi UE 27 (46,2% al 2011), per un buon periodo (prima metà degli anni duemila) sotto la Germania (42,8% al 2011) e dal 2006 al 2011 viene superata anche dal Regno Unito (45,3% al 2011). Pertanto, non sembra che, Germania a parte, l’Italia avesse, al 2011, un problema di spesa pubblica eccessiva in relazione al PIL, visto che l’incidenza della sua spesa pubblica in percentuale dello stesso era inferiore a quella di Francia, media UE, Regno Unito e superiore solo a quella della Germania. Ma se vogliamo vedere bene per la prima metà degli anni duemila la spesa primaria tedesca in percentuale del PIL era superiore a quella italiana.

Continuiamo con la “Tavola II – Spesa pubblica primaria: incidenza percentuale sul PIL – anni 2000-2011”, ma questa volta prendendo come riferimento i paesi del nord Europa e anche l’Austria, invece che il “core”.

La spesa pubblica italiana
Al 2011 tutti i paesi presi in considerazione, Danimarca, Svezia, Paesi Bassi, Belgio, Finlandia e Austria, avevano una incidenza della spesa primaria sul PIL superiore a quella dell’Italia. La Finlandia di Olli Rehn, che ci invitava a tagliare la spesa pubblica, ha costantemente avuto dal 2000 una incidenza della stessa sul PIL superiore a quella dell’Italia, ed al 2011 era al 53,7% contro il 45,1% dell’Italia; Danimarca (56% al 2011) e Svezia (49,9% al 2011) hanno avuto un’incidenza di molto superiore all’Italia. Pertanto dei paesi considerati nel grafico sopra l’Italia è quella che ha avuto la minor incidenza della spesa pubblica in percentuale del PIL (45,1% al 2011) e, controllando la Tavola II, si vede anche che era anche inferiore a quella dell’Ungheria (45,4% al 2011), del Portogallo (45,4% al 2011) e della Slovenia (48,8% al 2011).

Continuiamo prendendo i dati di un’altra tavola molto interessante: “Tavola III – Spesa pubblica per il totale dell’Unione europea: composizione percentuale per Paese – anni 2000-2011“. Questa misura l’incidenza della spesa pubblica dei singoli Paesi sul totale della spesa pubblica dell’UE a 27 membri che, ovviamente, nella Tavola III, riportata nel documento ufficiale del Ministero, sarà il 100%; cioè la spesa pubblica di tutti i paesi membri dell’Unione, in percentuale, sommata.

La spesa pubblica italiana

Si nota da subito che, pur essendo in diminuzione, la spesa pubblica che incide di più in relazione alla spesa pubblica, diciamo, “aggregata” – cioè la somma delle spese pubbliche di tutti i paesi – della EU 27 è quella della Germania, che passa dal 22,4% del 2000 al 18,9% del 2011, con una incidenza superiore addirittura a quella della Francia (18% al 2011) che resta sostanzialmente “piatta”. Anche l’incidenza della spesa italiana su quella complessiva europea resta quasi “piatta”, passando dal 13,3% del 2000 al 12,7% del 2011; e resta inferiore a quella di tutti gli altri tre paesi in considerazione con una “forbice” abbastanza rilevante nel caso di Germania e Francia. Proviamo adesso una cosa, per quel poco che può valere. Il PIL dell’Italia nel 2011 è stato di 1.580.220 milioni di euro e la spesa pubblica al 45,1% del PIL, cioè, arrotondando in difetto, 712.679 milioni di euro (oltre i 712 miliardi di euro). Sappiamo che al 2011 la spesa pubblica italiana era il 12,7% di quella europea “aggregata”, mentre quella tedesca era il 18,9%; possiamo, pertanto, calcolare la spesa pubblica aggregata che risulta di 5.661.645 milioni di euro (ed entriamo nei trilioni, migliaia di miliardi, di euro) e quella tedesca, che risulta essere 1.070.050 milioni di euro. I numeri confermano il grafico, la spesa pubblica tedesca, che ha una incidenza minore sul PIL tedesco rispetto alla spesa italiana sul PIL dell’Italia ha però, a livello europeo, una incidenza maggiore, rappresentando una “quota” percentuale maggiore della spesa complessiva superiore anche a quella della Francia che ha la maggior incidenza della spesa pubblica sul PIL. Pertanto, dopo avere visto che la spesa pubblica primaria dell’Italia è al di sotto della media UE e, per es. di paesi come Francia e Regno Unito, vediamo che l’incidenza della spesa italiana a livello europeo è inferiore a quella del Regno Unito e di molto inferiore a quella dei due paesi “core”, Francia e Germania.

Infine vediamo la: “Tavola IV – Spesa procapite – valori in euro – anni 2000-2011”, per fare invece un paragone in relazione alla spesa procapite, in migliaia di euro, in Italia ed in alcuni altri paesi. Vediamo ancora inizialmente la spesa procapite in migliaia di euro per Italia, Francia, Germania, Regno Unito e la media dell’UE 27, dal 2000 al 2011.

La spesa pubblica italiana

Notiamo già di primo acchito che come spesa procapite l’Italia è sopra la media dell’UE 27, mentre è al di sotto del Regno Unito, la cui spesa procapite converge verso il livello più basso di quella italiana solo per un breve periodo (2009); e molto al di sotto di quella di Francia e Germania. Infatti, l’Italia parte da una spesa procapite di 9.652 € nel 2000, per arrivare a 12.979 € nel 2011; mentre la Germania parte da una spesa procapite di 11.235 € nel 2000, per arrivare a 14.362 € nel 2011; la Francia invece parte da una spesa procapite di 12.254 € nel 2000, per arrivare a 17.165 € nel 2011. Possiamo vedere che la spesa procapite francese e tedesca è molto superiore non solo, ovviamente, a livello grafico, ma anche “numerico”; ed in questo caso la “forbice” maggiore è con la Francia.

Facciamo ora la stessa cosa sempre utilizzando la: “Tavola IV – Spesa procapite – valori in euro – anni 2000-2011” ma con alcuni paesi del nord Europa e l’Austria.

La spesa pubblica italiana

Innanzitutto si conferma che rispetto ai paesi del nord Europa l’Italia ha una spesa procapite nettamente inferiore, ma in alcuni casi la differenza è veramente “ampia”. Guardate la Danimarca, parte da una spesa procapite di 17.454 € ed arriva a 24.884 € nel 2011; la Svezia, 16.657 € procapite nel 2000 per arrivare a 21.015 € nel 2011; la Finlandia (si sempre quella di Olli Rehn che ci invitava a tagliare la spesa pubblica) nel 2000 aveva una spesa procapite di 12.346 € per arrivare nel 2011 a 19.352 €; e come si può vedere dal grafico, senza esplicitare ulteriori numeri, la spesa procapite dell’Italia resta, per tutto il periodo preso in considerazione, al di sotto anche di quella del Belgio, dell’Austria e dei Paesi Bassi.

In conclusione abbiamo visto che la spesa pubblica primaria dell’Italia in percentuale del PIL è inferiore alla media dei paesi EU, della Francia e dei paesi del nord Europa presi in considerazione, mentre è superiore a quella della sola Germania. Se però ampliamo “il fronte” dei dati analizzati troviamo che la spesa pubblica tedesca e quella francese, a livello europeo “aggregato”, incidono molto di più e sono di molto superiori a quella dell’Italia. Mentre se confrontiamo la spesa procapite troviamo che quella dei paesi core e del nord Europa è decisamente superiore a quella dell’Italia. Pertanto i dati non confermano (al 2011) quella necessità, che dall’avvento dei tecnici (appunto fine 2011) sembra essere diventata il “mantra” o la moda del momento per risolvere tutti i problemi: tagliare la spesa pubblica! Infatti se dovessimo tagliare la spesa pubblica a causa dell’alta incidenza sul PIL molti altri paesi UE dovrebbero cominciare prima dell’Italia, il caso più eclatante sarebbe quello della Francia; se dovessimo tagliare la spesa pubblica per l’incidenza che questa ha ad un livello europeo aggregato, dovrebbero cominciare prima Francia e Germania; mentre se guardiamo alla spesa procapite, prima dell’Italia dovrebbero tagliarla … tutti. Nonostante questi dati, ci sentiamo continuamente ripetere “tagliare, tagliare, tagliare”, ma poi non si taglia mai dove si dovrebbe; perché si, prescindendo dal “problema” Euro(pa), c’è una #spesapubblicaimproduttiva da tagliare, ma non è quella per il welfare e per i beni e servizi, bensì quella per i privilegi. I privilegi degli stessi che dicevano, con un plurale maiestatis: “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità”; che suona un po’, guardando i dati esposti, come: “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità” disse la cicala alla formica! (cit.)

Luca Pezzotta di Economia Per I Cittadini


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