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Spagna: l’incubo “verde” della mobilità. Pedaggi, guerra ai SUV e pure tagli ai treni locali
Spagna, la nuova mobilità è un incubo: arrivano pedaggi urbani, tasse sui SUV e tagli ai treni locali. Automobilisti spremuti come limoni.

Mentre in Europa si continua a parlare di “transizione verde” con toni entusiastici, la Spagna, spesso laboratorio delle politiche progressiste UE, sta per passare alla cassa. Il Congresso ha recentemente approvato la nuova Legge sulla Mobilità Sostenibile, ora in attesa di ratifica al Senato. Un pacchetto di riforme che, non a caso, è legato a doppio filo alle riforme richieste da Bruxelles per accedere ai fondi del Piano di Ripresa (il PNRR spagnolo).
Il risultato? Un incubo per gli automobilisti, un paradosso per i pendolari e un trionfo della burocrazia ambientalista più estrema, che sembra puntare a un ritorno al 1800, quando ci si muoveva a piedi o a cavallo. La legge appare talmente assurda che il quotidiano El Confidencial l’ha definita “Legge per la mobilità insostenibile”
La stangata urbana: pedaggi ZTL e guerra ai SUV
Il cuore della legge è un attacco diretto alla mobilità privata urbana. La normativa dà il via libera ai comuni per trasformare le Zone a Basse Emissioni (LEZ), le nostre ZTL, in veri e propri bancomat.
I consigli comunali potranno imporre pedaggi per l’ingresso a chi possiede veicoli che superano i (sempre più stringenti) limiti di emissione. La chicca, in pieno stile keynesiano al contrario (tassare invece di spendere), è il metodo di calcolo: l’importo sarà basato sul “valore di mercato”, ovvero “quanto costerebbe al cittadino accedere a quella strada se fosse privata”. Il testo suggerisce perfino di usare come riferimento il costo di un parcheggio pubblico. In pratica: paghi per circolare come se stessi parcheggiando e questo toserà per bene i cittadini.
Ma non finisce qui. Seguendo l’esempio di Parigi e Lione, la legge esorta le amministrazioni a penalizzare l’uso di “veicoli che occupano il minor spazio pubblico”, aprendo la strada a tasse specifiche e balzelli contro i veicoli di grandi dimensioni, come SUV e fuoristrada. La famiglia che usa un’auto spaziosa è avvisata.
Aziende come “vigili”: multe in arrivo
Il controllo non si ferma alle strade, ma entra nelle imprese. La legge impone alle aziende con 200 o più dipendenti di approvare un “Piano di Mobilità” per i lavoratori. Questi piani, da includere nella contrattazione collettiva, dovranno promuovere trasporto pubblico (magari sovvenzionando l’abbonamento) o soluzioni condivise.
La mancata adozione del piano non sarà una semplice dimenticanza: costituirà un’infrazione lieve, sanzionabile con multe fino a 2.000 euro. Altra burocrazia e altri costi per aziende che già faticano.
Il paradosso: via i voli, ma anche via i treni
Qui la legge raggiunge vette di comicità involontaria. Come ogni normativa “green” che si rispetti, si propone di eliminare i voli nazionali su tratte dove esista un’alternativa ferroviaria sotto le due ore e mezza. Fin qui, nulla di nuovo sotto il sole dell’ambientalismo punitivo.
Il paradosso, però, è che la stessa legge consente alle amministrazioni regionali di tagliare i servizi ferroviari nelle aree a bassa densità di popolazione. Avete capito bene: nelle zone rurali o meno popolate, dove l’auto è spesso l’unica opzione, lo Stato potrà eliminare i treni locali (magari per “risparmiare” fondi da destinare ad “alternative” non meglio specificate).
Quindi, il cittadino della provincia spagnola non potrà prendere l’aereo e, molto probabilmente, perderà anche il treno locale. A questo punto, cosa resta? Il cavallo?
Tutte le altre misure: tra carote e bastoni
Il pacchetto è ricco di altre norme che disegnano un futuro di mobilità controllata e disincentivata:
- Revisione Etichette: Entro un anno, il Governo dovrà studiare un aggiornamento delle etichette ambientali (quelle della DGT), tenendo conto anche della CO2. Tradotto: molte auto oggi considerate “pulite” diventeranno improvvisamente “sporche” e soggette ai nuovi pedaggi.
- Emergenza Inquinamento: Le autorità potranno chiudere strade o limitare l’accesso a determinati veicoli in caso di picchi di inquinamento.
- Incentivi (pochi): Si prevede un piano di rinnovo per incentivare l’acquisto di veicoli a zero o basse emissioni (inclusi gli Euro 6d usati) e la rottamazione. La classica carota per far ingoiare il bastone.
- L’ossessione della bici: Immancabile il “Piano Statale per la bicicletta”, per promuovere cicloturismo, piste ciclabili e parcheggi sicuri. Questo limiterà il grado di libertà dei cittadini che torneranno direttamente al 1900 proletario.
- Controllo sul Carpooling: Il testo accenna perfino alla possibilità di regolamentare il carpooling quando diventa “attività economica” (cioè se si condividono le spese).
Il quadro finale è quello di un ambientalismo ideologico, pagato con le tasche e la libertà dei cittadini. Si disincentiva l’auto, si colpiscono le famiglie con i SUV, si tagliano i voli e, nel contempo, si tagliano pure i treni locali. Una situazione paradossale che non promuove una mobilità migliore, ma semplicemente l’immobilità.
Domande e Risposte
1. Questa nuova legge spagnola è già attiva? No, non ancora del tutto. L’articolo si basa su un testo (il Disegno di Legge sulla Mobilità Sostenibile) che è stato approvato dal Congresso dei Deputati spagnolo a inizio ottobre 2025. Ora deve passare l’esame del Senato per la ratifica definitiva prima di entrare in vigore. Tuttavia, l’approvazione del Congresso, spinta dalla necessità di sbloccare i fondi europei del Piano di Ripresa, rende la sua approvazione finale molto probabile. I comuni avranno poi bisogno di tempo per implementare tecnicamente i pedaggi.
2. Perché la legge vuole tagliare sia gli aerei sia i treni locali? Non è una contraddizione? Sì, è la contraddizione principale. La legge segue due binari ideologici paralleli. Da un lato, applica la ricetta “verde” standard eliminando i voli a corto raggio (dove c’è un’alternativa ferroviaria veloce), considerati molto inquinanti. Dall’altro lato, applica una logica di efficienza economica (o presunta tale) permettendo alle regioni di tagliare i servizi ferroviari “in perdita” nelle aree a bassa densità (rurali). Il risultato è paradossale: si tolgono opzioni di mobilità (aereo e treno locale) senza fornire alternative, colpendo soprattutto chi vive fuori dalle grandi città.
3. Le aziende con 200 dipendenti saranno obbligate a pagare gli abbonamenti ai mezzi pubblici? Non direttamente. La legge obbliga le aziende con 200 o più dipendenti a redigere un “Piano di Mobilità Sostenibile” per i propri lavoratori. Questo piano deve promuovere l’uso del trasporto collettivo o pubblico, oppure soluzioni di mobilità condivisa. L’azienda potrebbe decidere di sovvenzionare l’abbonamento come parte del piano, ma l’obbligo è di avere il piano stesso. Se l’azienda non presenta un piano conforme e questo arreca “danno al sistema della mobilità”, può essere multata fino a 2.000 euro.








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