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Spagna, la grande fuga dagli affitti: meno case sul mercato, ma esplode un nuovo modello abitativo

Affitti, è l’apocalisse dell’offerta: gli investimenti crollano del 60% e le case spariscono dal mercato. Il capitale fugge verso il “flex living”, una soluzione temporanea che rischia di aggravare la crisi per le famiglie.

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Il mercato degli affitti in Spagna sta vivendo un paradosso quasi beffardo: mentre la domanda di abitazioni è alle stelle, l’offerta non solo non cresce, ma si sta letteralmente sgretolando. Non si tratta di un semplice rallentamento, ma di una vera e propria distruzione di stock abitativo destinato alla locazione, con capitali in fuga verso lidi più redditizi. Un fenomeno che merita un’analisi attenta, perché dietro le cifre si nascondono le cause di una crisi sociale sempre più evidente.

I numeri di una crisi annunciata: Il crollo del “Build-to-Rent”

I dati, come sempre, sono più chiari di qualsiasi opinione. Secondo un’analisi di JLL, il quadro è a tinte fosche. Negli ultimi quattro anni, gli investimenti nel settore residenziale destinato all’affitto tradizionale sono semplicemente crollati.

  • Investimenti totali: Si è passati da transazioni per 1,5 miliardi di euro nel 2021 a poco meno di 900 milioni attuali, con un calo del 60%.
  • Creazione di nuova offerta: Il vero problema è la tipologia di investimento. Se nel 2021 si finanziavano progetti build-to-rent (costruire per affittare), creando quindi nuove case da affittare, ora le transazioni riguardano quasi esclusivamente immobili già esistenti. Come sottolinea Antonio de la Fuente di Colliers, “non si genera alcuna nuova offerta di affitti tradizionali“.
  • Distruzione dell’offerta esistente: Il fenomeno più preoccupante è che gran parte di questi immobili, una volta venduti, escono dal mercato della locazione. I grandi proprietari (fondi o privati) vendono gli edifici “frazionandoli”, ovvero appartamento per appartamento, a singoli acquirenti. Il risultato? Migliaia di case prima disponibili per l’affitto ora non lo sono più.

Il rallentamento è glaciale: “Negli ultimi 18 mesi, abbiamo assistito a una sola transazione di build-to-rent che ha portato alla creazione di un nuovo prodotto”, chiosa De la Fuente.

Appartamenti in Spagna

Il “Perché” del crollo: un’equazione semplice e letale

Perché gli investitori hanno smesso di puntare sull’affitto a lungo termine? La risposta, come spesso accade in economia, risiede in un’equazione tanto semplice quanto letale per il mercato. Con l’aumento dei tassi di interesse deciso dalle banche centrali per contrastare l’inflazione, il costo del capitale è salito. Improvvisamente, alternative a basso rischio come i titoli di Stato sono diventate più attraenti.

Di conseguenza, per giustificare l’investimento immobiliare, i rendimenti attesi devono essere più alti. E qui casca l’asino. Attualmente, sviluppare un immobile per poi venderlo (build-to-sell) garantisce una redditività superiore del 30% rispetto allo stesso immobile messo in affitto. Di fronte a un simile divario, la scelta del capitale è ovvia. Da oltre un anno, non una singola nuova operazione di costruzione per affittare è stata avviata su terreni edificabili.

Il Nuovo Eldorado degli Investitori: Il “Flex Living”

Il capitale, però, non svanisce nel nulla; semplicemente, cerca altre strade. E la strada che ha trovato si chiama flex living. Si tratta di un modello abitativo flessibile, a metà tra un affitto tradizionale e un soggiorno in hotel:

  • Contratti: A breve-medio termine (da un mese a un anno).
  • Abitazioni: Completamente arredate e corredate.
  • Servizi: Utenze, Wi-Fi e spesso pulizie incluse nel canone.

Si tratta di quello che in Italia ebbe un boom alcuni anni fa e che potremmo chiamare “Uso foresteria”

Questo modello sta crescendo “in modo esponenziale”, secondo Paola Erhardt di JLL. Attualmente in Spagna si contano circa 19.000 posti letto di questo tipo, ma si prevede che possano quasi raddoppiare entro il 2028. La domanda è variegata: studenti, giovani professionisti, nomadi digitali, famiglie che necessitano di una soluzione temporanea.

Il flex living attira gli investitori perché offre rendimenti più elevati: a Madrid, un immobile prime per l’affitto tradizionale rende circa il 4%, mentre un analogo in formato flex può arrivare al 5,25%. Il problema del flex è che non dà nessuna certezza all’affittuario, ma neanche al locatore.

Una soluzione reale o un palliativo per ricchi?

Ma questo nuovo modello è la panacea di tutti i mali? Gli esperti sono cauti. Se da un lato risponde a un’esigenza di flessibilità sempre più diffusa, dall’altro non risolve il problema strutturale della casa per chi cerca stabilità a lungo termine, come le famiglie. Anzi, rischia di aggravarlo.

Ricardo Sousa, CEO di Century 21 Spagna, avverte: “La sfida è democratizzare questi modelli in modo che non diventino un prodotto esclusivo per persone ad alto reddito”. Il rischio è che, sottraendo immobili al mercato tradizionale per destinarli a una clientela più facoltosa e transitoria, si accentui ulteriormente la pressione sui prezzi degli affitti a lungo termine.

Il flex living è visto più come un “complemento necessario” che come un concorrente dell’affitto tradizionale. Ma in assenza di quest’ultimo, rischia di diventare l’unica, costosa, alternativa.

Gli ostacoli strutturali e le possibili vie d’uscita

Il declino del build-to-rent non dipende solo dai tassi di interesse. Esistono barriere strutturali che frenano il mercato:

OstacoloDescrizione
CostiPrezzi dei terreni edificabili e costi di costruzione ancora molto elevati.
BurocraziaProcessi di sviluppo urbano lenti (spesso più di un decennio) e normative restrittive.
IncertezzaUn quadro normativo instabile che spaventa gli investitori a lungo termine.
Fuga di CapitaliIl capitale tedesco, storicamente forte in questo settore, non è più tornato con la stessa forza dopo la pandemia.
  1. Collaborazione pubblico-privato: Concessioni di terreni pubblici e programmi specifici (come il Piano VIVE a Madrid) per rendere sostenibile la costruzione di alloggi a canone accessibile. Sempre che poi questi terreni vengano utilizzati. Anche ora sono lasciati a disposizione, ma non vengono utilizzati.
  2. Un quadro normativo stabile: Regole chiare e durature che diano certezze agli investitori, incentivando nuovamente l’affitto a lungo termine. Magari un governo non di sinistra aiuterebbe…

Senza un intervento deciso, il paradosso è destinato a continuare: una domanda di stabilità che si scontra con un’offerta sempre più precaria e flessibile. Una dinamica che, alla lunga, rischia di ampliare ulteriormente il divario sociale, rendendo la casa un lusso per pochi e un miraggio per molti.

Domande e Risposte per il Lettore

1. Perché si dice che l’offerta di case in affitto viene “distrutta” e non solo ridotta? Si usa il termine “distrutta” perché non si tratta solo di una mancata costruzione di nuove case. Il fenomeno più grave è che interi edifici, prima destinati all’affitto, vengono acquistati da fondi o società che poi li vendono appartamento per appartamento a singoli privati. Questo processo rimuove permanentemente le unità immobiliari dal mercato della locazione, riducendo lo stock disponibile in modo irreversibile nel breve-medio termine. È una contrazione netta dell’offerta esistente, non solo un rallentamento della sua crescita.

2. Cos’è esattamente il “flex living” e perché conviene agli investitori ma non alle famiglie? Il “flex living” è un modello di affitto a medio termine (da 1 a 11 mesi) che offre appartamenti arredati con utenze e servizi inclusi. Conviene agli investitori perché permette canoni più alti e una maggiore rotazione, generando rendimenti superiori (circa 5,25% contro il 4% dell’affitto tradizionale). Per le famiglie, invece, non è una soluzione stabile: i contratti sono brevi, i costi sono più elevati e non offre la sicurezza e la continuità necessarie per chi cerca una “casa” a lungo termine, ma piuttosto una soluzione abitativa temporanea.

3. Quali sono le cause economiche principali dietro la crisi degli affitti? Le cause principali sono due. Primo, l’aumento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali ha reso il denaro più costoso. Per gli investitori, questo significa che i progetti di costruzione per affittare (build-to-rent), che hanno ritorni lenti nel tempo, sono diventati meno attraenti. Secondo, di conseguenza, è diventato molto più redditizio (+30%) costruire un edificio per vendere subito i singoli appartamenti (build-to-sell) piuttosto che mantenerlo per affittarlo. Questo divario di profitto ha dirottato quasi tutti i capitali dalla locazione alla vendita, bloccando la creazione di nuova offerta.

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