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Solo la Grecia peggio dell’Italia di Marcello Bussi

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Il pil italiano nel primo trimestre ha segnato su base congiunturale un rialzo dello 0,2%, contro lo 0,5% della zona euro e dell’Ue. Nella classifica degli Stati membri peggio dell’Italia fa solo la Grecia con un -0,1%. Anche su base annua la Penisola cresce meno di tutti a eccezione della Grecia (-0,5%): +0,8% contro l’1,7% della zona euro e il 2% dell’intera Ue, dove a fare da capofila è sorprendentemente la Romania con un +5,7%. Nel quarto trimestre del 2016 il pil italiano era cresciuto dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dell’1% su base annua. La variazione acquisita per il 2017 è pari a +0,6%.

A seguito del dato della zona euro ieri la moneta unica si è rafforzata toccando i massimi dal novembre scorso sul dollaro a quota 1,1089. Non c’è da stupirsi, visto che nel primo trimestre il pil Usa è cresciuto solo dello 0,7% contro l’1,7% di Eurolandia.

L’euro ha cominciato a salire dopo la vittoria di Emmanuel Macron alle elezioni presidenziali francesi, che ha cancellato ogni timore riguardo alla possibile uscita di Parigi dalla moneta unica. Mentre a indebolire il dollaro ci sono le nuove difficoltà del presidente Donald Trump, accusato di avere passato informazioni segrete alla Russia durante un incontro nello Studio Ovale con il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov e l’ambasciatore russo negli Stati Uniti Sergey Kislyak.

Tornando all’Italia, la variazione congiunturale del pil nel primo trimestre dell’anno, ha spiegato l’Istat, è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto nel comparto dell’industria e di un aumento sia in quello dell’agricoltura, sia in quello dei servizi. Dal lato della domanda vi è un contributo positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto negativo della componente estera netta. Nello stesso periodo, rileva ancora l’Istat, il pil è cresciuto in termini congiunturali dello 0,6% in Germania, dello 0,3% in Francia e nel Regno Unito, dello 0,2% negli Stati Uniti. In termini tendenziali si è registrato un aumento del 2,1% nel Regno Unito, dell’1,9% negli Stati Uniti, dell’1,7% in Germania e dello 0,8% in Francia.

Confcommercio parla di crescita debole che «conferma quanto già emerso dagli altri indicatori congiunturali e perfettamente coerente con la modesta dinamica che contraddistingue l’economia italiana del dopo crisi». Anche secondo Confesercenti il dato «dimostra che la strada per consolidare la ripresa è ancora lunga e tortuosa».

Andrea Goldstein, managing director di Nomisma, sottolinea che l’economia italiana «è ancora in difficoltà e la luce della ripresa su basi solide e ampie è sempre distante». Tuttavia ci sono anche «segnali incoraggianti: la componente nazionale della domanda sta riprendendo un po’ di smalto» e «anche i servizi sul lato dell’offerta riacquistano tonicità». Infine secondo Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, i numeri «non sono positivi» e «procedendo con i tassi di crescita attuali il ritorno del pil italiano ai livelli ante-crisi non avverrà invece prima del 2025».

«Ci aspettiamo che l’Italia rimanga al di sotto delle aspettative», a causa dei radicati problemi strutturali, afferma Daniele Antonucci, economista di Morgan Stanley. «Senza affrontare questi punti sarà molto difficile ottenere una crescita maggiore». L’esperto prevede che il pil italiano aumenterà di circa l’1% nel 2017 e nel 2018, ma il massiccio debito pubblico del Paese, la bassa crescita potenziale e la debolezza del sistema bancario restano le maggiori vulnerabilità.

Marcello Bussi, MF 17 maggio 2017


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