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Economia

Soldi per tutto tranne che per il petrolio: il mistero degli investimenti di Aramco

La situazione dell’Arabia Saudita potrebbe essere un po’ meno florida di quanto si pensi

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L’unico potere reale che l’Arabia Saudita ha nel mondo deriva dal suo settore petrolifero. Nonostante i tentativi di diversificazione, più l’Arabia produce petrolio, maggiori sono gli afflussi finanziari, ma anche il peso che il Regno viene a esercitare a livello globale. Ecco perché i dati della società petrolifera nazionale Aramco sono particolarmente importanti.

La pubblicazione dei risultati del 1° trimestre 2024 di Saudi Aramco sottolinea ancora una volta il punto, con un’ovvia dicotomia tra un notevole aumento della spesa in conto capitale nel trimestre, da un lato, e la direttiva di gennaio del Ministero dell’Energia all’azienda di cancellare l’espansione pianificata di 1 milione di barili al giorno (bpd) della capacità di produzione di petrolio.

Quindi la domanda è: se i soldi ci sono per altre spese in conto capitale, perché non ci sono per un’espansione della capacità di produzione? È perché l’Arabia Saudita sa di non poter aumentare ulteriormente la sua capacità di produzione di greggio? Oppure perché il Regno non può permettersi di aumentare la capacità di produzione e la spesa per altre cose? In realtà, si tratta di entrambe le cose, come illustrato di seguito.

Secondo l’Arabia Saudita, in questo momento ha una capacità massima sostenibile (MSC) per la produzione di petrolio greggio di 12 milioni di barili al giorno (bpd). Nonostante questo limite elevato l’Arabia Saudita ha prodotto una media di 8,267 milioni di barili al giorno (bpd) di petrolio greggio dal 1973 al 1° maggio 2024, secondo i dati della stessa OPEC.

In tutta la sua storia, è riuscita a produrre 12 milioni di bpd solo in un’occasione – nell’aprile 2020 – dopo di che è tornata immediatamente a 8,49 milioni di bpd. In quel mese vi era stata la breve Terza Guerra del Prezzo del Petrolio, nella quale l’Arabia Saudita ha cercato ancora una volta di ritardare i progressi del settore petrolifero di scisto degli Stati Uniti, che rappresentano una minaccia diretta al suo benessere economico in futuro.

Però anche questo picco temporaneo di 12 milioni di bpd non era quello che sembrava,  anche perché i sauditi hanno utilizzato, in quell’occasione, un linguaggio volutamente fumoso. Normalmente si parla di  ‘produzione’ o ‘output’, cioè di petrolio greggio che viene estratto dalle teste dei pozzi nel terreno. La ‘capacità di riserva’ di greggio, secondo la definizione accettata nei mercati dall’Energy Information Administration, è “il volume di produzione che può essere attivato entro 30 giorni e sostenuto per almeno 90 giorni”.

La versione dell’Arabia Saudita di questi termini è notevolmente diversa, e sembra scritta per confondere le stime. Il Regno utilizza i termini ‘capacità’ e ‘fornitura al mercato’ per indicare non solo la produzione dalle teste dei pozzi dei propri giacimenti petroliferi, ma anche l’utilizzo delle scorte di petrolio greggio immagazzinate in un dato momento nel Paese. Quindi in questo ppetrolio sarebbero incluse le scorte accumulate in precedenza.

Per dare un esempio pratico, per mantenere la ‘capacità’ elevata, durante la guerra dei prezzi del petrolio del 2014-2016, l’Arabia Saudita ha quasi svuotato i suoi depositi di petrolio e ha ridotto i contratti di fornitura di petrolio con i clienti non prioritari. Non solo: in questa ‘ capacità’ o ‘fornitura di mercato’ sono inclusi acquisti di petrolio simile al proprio che il Regno effettua da paesi vicini come l’Iraq o il Kuwait, cosa che ha fatto non solo nellla contesa del 2014-16, ma anche durante la crisi del conflitto con gli Houthi del 2019.

Una capacità teorica e non realizzata

Quindi sembra che la capacità potenziale di 12 milioni di barili sia più teorica che pratica, legata a un gioco di numeri messo in atto proprio per dare quest’idea di potenza petrolifera incontenibile.

Perché allora il Regno non investe quanto necessario per incrementare la propria capacità potenziale, ad esemppio, a 13 o 14 miliondi barili al giorno, migliorando le infrastrutture e facendo nuove prospezioni minerare? Se i soldi non sono un problema, basta spenderli in modo adeguato.

La realtà potrebbe essere diversa da quanto molti pensino: llungi dall’essere sommersa dal denaro del petrolio, come molti pensano, l’Arabia Saudita non si è ancora ripresa completamente dal punto di vista finanziario dagli effetti terribili che si è procurata con la Guerra del Prezzo del Petrolio del 2014-2016, come descritto in dettaglio nel mio nuovo libro sul nuovo ordine del mercato petrolifero globale.

Inoltre, fino all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022, il prezzo di pareggio fiscale dell’Arabia Saudita per il petrolio era più alto di quello pagato dal mercato, il che significava, in parole povere, che l’Arabia non guadagnava abbastanza per coprire le sue spese come Paese. La situazione non è migliore ora, con un prezzo di pareggio fiscale per il 2024 pari a 96,17 dollari pb del prezzo di riferimento del petrolio Brent. In effetti, l’Arabia Saudita ha previsto un deficit di bilancio quest’anno di 79 miliardi di SAR (21,07 miliardi di dollari), che molti osservatori del mercato petrolifero ritengono estremamente ottimistico.

Ad aggravare questi problemi  resta l’enorme fardello dei massicci dividendi garantiti dal Governo saudita per realizzare la vendita almeno del 1,5%  nell’offerta pubblica iniziale (IPO) di Saudi Aramco stessa. Questa proposta di investimento era talmente onni-tossica per i potenziali partecipanti al mercato sviluppato che il Governo ha dovuto garantire un pagamento di dividendi da 75 miliardi di dollari nel 2020, suddivisi equamente in pagamenti di 18,75 miliardi di dollari ogni trimestre.

Nel 2023, questo importo è salito a 97,8 miliardi di dollari per l’anno in corso, con un aumento sconcertante dei dividendi aggiuntivi ‘legati alla performance’. Questi sono progettati per raggiungere il 50-70% del flusso di cassa libero annuale, al netto del dividendo base e di altri importi, compresi gli investimenti esterni, secondo l’amministratore delegato di Aramco, Amin Nasser.

Nel primo trimestre del 2024, il dividendo di base è stato di 20,3 miliardi di dollari, che sarà aumentato da un’altra distribuzione di dividendi legati alle prestazioni di 10,8 miliardi di dollari, portando il totale a 31 miliardi di dollari. Per l’intero 2024, Saudi Aramco prevede di pagare 124,3 miliardi di dollari di dividendi. Una cifra enorme, che viene a tagliare le risorse disponili e necessarie proprio per quegli investimenti che permetterebbero di incrementare la produzione del gruppo petrolifero.


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