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LA SINISTRA CHE NON HA CAPITO

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Ci siamo: Pippo Civati minaccia la scissione e la costituzione di un ennesimo avatar del Pci, a sinistra del Pd.

Le fratture, all’interno di una stessa formazione, sono nocive per tutti. La base è costretta a decidere se i “traditori” dell’idea sono quelli che rimangono o quelli che vanno via. Infatti i dissenzienti – persino nella religione, si pensi al Protestantesimo – si presentano spesso non come innovatori ma come restauratori.

Se questa scissione si farà, Civati e i suoi amici affermeranno di voler ricostituire un partito fedele alle sue origini e ai suoi principi. Del resto, nel momento in cui il Pci morì e nacque il Pds, la scissione di Bertinotti portò il nome di “Rifondazione”: un chiaro “ritorno al punto di partenza” e un’accusa di tradimento a chi rimaneva nel Pds. E i sostenitori saranno chiamati a distinguere – anche nell’urna – i buoni e i cattivi.

I problemi ci sono per tutti. Anche perché non si può dire che Rifondazione Comunista abbia trionfato. Né si può essere sicuri che, a sinistra del Pd, ci sia abbastanza spazio per Sel e il nuovo partito. A meno che non si fondano. Ma tutto questo riguarda il futuro, mentre ci sono considerazioni che riguardano il presente.

Questa scissione non sarebbe sintomatica per un partito, ma per l’intera nazione. L’Italia è stata dominata intellettualmente dal Pci per decenni. La stessa Democrazia Cristiana, dal punto di vista economico, aveva inconfessati ideali comunisti. E il Pci, forte della natura messianica del suo messaggio, ha sempre avuto il progetto segreto di arrivare al potere da solo, al massimo con dei “compagni di strada” o utili idioti che dir si voglia. Questa risoluta volontà di dominazione, che già partiva dalla dittatura culturale, impedì un’accettabile tolleranza nei confronti del quasi-fratello Partito Socialista e si è perpetuata malgrado i cambiamenti di nome e di direttivi. Purtroppo, col fallimento dell’Unione Sovietica, mentre l’ex Pci si convertiva alla democrazia, la sua mentalità collettivista in economia rimaneva inconcussa, perché aveva messo radici da troppo tempo. Il risultato è stato l’Italia che abbiamo sotto gli occhi: cioè l’unico, tra i grandi Paesi, che non riesce a risollevarsi dalla crisi.

Qui si pone il fenomeno Matteo Renzi, il quale è uno dei pochissimi che hanno capito che il partito teneva una rotta sbagliata. Molti dei suoi arcaici dogmi davano risultati disastrosi, e per questo li ha contestati: l’eretico è arrivato a dire che “i sindacati si ascoltano, ma le leggi le fa il Parlamento”. Si è dichiarato per le grandi riforme; per la modernizzazione dello Stato attraverso l’annullamento delle incrostazioni e dei privilegi, l’eliminazione delle spese inutili e l’irrisione di annosi pregiudizi. Insomma il nuovo Pd ha capito sia gli errori del passato, sia le necessità dell’avvenire, mentre la minoranza dura e pura, limitata dai paraocchi dottrinali, è rimasta in linea col Pci e vorrebbe ancora applicare le vecchie ricette.

Questa divisione fra la sinistra che ha capito e la sinistra che non ha capito si ritrova anche nel Paese, ed è possibile che nella base le percentuali siano diverse da quelle del Nazareno. La base ha sentito ripetere per troppi anni le stesse cose, per poter capire che erano sbagliate. La grande massa tende a credere che sia il Papa, ad essere divenuto eretico, e che, se si vuole rimanere fedeli all’idea, bisogna divenire Protestanti.

In tutto questo la sinistra estrema è favorita dal fatto che la fazione di Renzi forse ha “capito”, certo non ha “fatto”, anche se, a nostro parere, senza colpa. Ciò che è stato promesso era impossibile. La libertà d’azione del governo è stata limitata innanzi tutto dalla sua stessa opposizione interna; poi dall’immenso debito pubblico e dalla crisi economica, infine dai vincoli europei. Infatti le riforme sono ancora in itinere e per giunta, ammesso che le più facili – quella elettorale e quella del Senato – siano realizzate, ciò non cambierà affatto “verso” al Paese e non risolverà la crisi economica, come potrebbero forse fare soltanto un drastico taglio delle spese e una massiccia riduzione della pressione fiscale. Per non parlare della Giustizia e della Pubblica Amministrazione. Ma al riguardo è forse inutile nutrire speranze. Di tutto questo naturalmente si farà carico a Renzi: sarà un’ingiustizia, naturalmente, ma è così che va la politica. La sinistra che non ha capito, come fa già la Cgil, accuserà di tutti i mali della nazione la sinistra che ha capito. E l’elettorato potrebbe anche darle ascolto.

Mentre l’Italia non sembra avere speranze e tutti i parametri volgono sconsolatamente al negativo, non si intravede salvezza in nessun partito. Non nel Pd diviso e paralizzato; non in Forza Italia, che sembra l’ombra di ciò che fu; non in partiti come la Lega o il M5S, che sanno soltanto promettere soluzioni mitologiche. Il problema non è “capire” o “non capire”, il problema è che nessuno sa o può “fare”.

Gianni Pardo, [email protected]

13 dicembre 2014


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