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Shutdown USA: Dopo il voto, i Dem chiedono un incontro a Trump. Ma i moderati già trattano.
USA: Lo shutdown più lungo della storia al bivio. Dopo il voto, i Dem chiedono un incontro a Trump, ma i moderati al Senato hanno già un piano per scavalcarli.

La politica americana, reduce da una tornata elettorale apparentemente favorevole ai Democratici, si trova di fronte all’ennesimo paradosso. Mentre i leader Dem Chuck Schumer (Senato) e Hakeem Jeffries (Camera) chiedono formalmente un incontro con il Presidente Trump per sbloccare lo shutdown governativo più lungo della storia, un gruppo di senatori moderati dello stesso partito sta già lavorando a un piano B con i Repubblicani.
La mossa di Schumer e Jeffries arriva, casualmente (o forse no), all’indomani di importanti vittorie elettorali, tra cui l’elezione del socialista Zohran Mamdani a sindaco di New York e le vittorie di Abigail Spanberger e Mikie Sherrill nei governatorati di Virginia e New Jersey.
In una lettera indirizzata a Trump, i due leader chiedono “un incontro bipartisan dei leader legislativi per porre fine allo shutdown del GOP… e affrontare la crisi sanitaria repubblicana”. Una richiesta di dialogo “faccia a faccia, in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo”.
Tuttavia, la vera notizia, riportata dal Washington Post, è che un “manipolo” di Democratici moderati al Senato sarebbe pronto a rompere il fronte. Lo shutdown, infatti, sembra essere stato usato dai Dem come tattica negoziale per ottenere precise concessioni.
Il nodo dell’Affordable Care Act
Il punto di caduta della trattativa, e la causa stessa dello stallo, riguarda i sussidi per l’Affordable Care Act (ACA), cioè gli aiuti sanitare mirati a rendere l’assistenza sanitaria più accessibile, una finalità che, francamente, non è stata raggiunta, e che comunque costa moltissimo allo Stato. Questa norma è stata quindi terminata dai Repubblicani perché troppo costosa, al termine fallimentare: non ha oggettivamente ridotto il costo complessivo della sanità, anzi in parte lo ha ribaltato sulle tasche dei cittadini, ma senza nessun efficientamento.
I Democratici hanno utilizzato la paralisi del governo federale per spingere per il ripristino di questi sussidi. I Repubblicani, d’altro canto, rivendicano di aver terminato quel flusso di finanziamento—da loro criticato in quanto coprirebbe anche immigrati irregolari—attraverso la riforma fiscale che ha introdotto l’esenzione delle tasse su mance, straordinari e previdenza sociale.
Mentre la leadership Dem chiede l’incontro con Trump, i moderati al Senato starebbero lavorando a un accordo più tecnico. Secondo fonti che hanno familiarità con i colloqui, il piano sarebbe strutturato così:
- Il Congresso approverebbe tre leggi di spesa (appropriations bills) per finanziare alcune agenzie a pieno regime.
- Si approverebbe una legge a breve termine (short-term bill) per riaprire tutto il resto del governo.
- In cambio, i Repubblicani al Senato concederebbero un voto, a data certa, sull’estensione dei sussidi ACA che sono in scadenza.
La matematica del Senato
Perché questa mossa dei moderati è cruciale? I Repubblicani detengono una maggioranza al Senato (53-47), ma per superare l’ostruzionismo (filibuster) e riaprire il governo servono 60 voti. Ciò significa che al GOP servono almeno otto voti Democratici (considerando che Rand Paul, repubblicano, resta contrario).
Circa una dozzina di Democratici del Senato sarebbero aperti a sostenere la proposta, più che sufficienti per rompere l’impasse. Alcuni senatori, come Angus King (Maine), Catherine Cortez Masto (Nevada) e John Fetterman (Pennsylvania), hanno già segnalato il loro supporto alla risoluzione “pulita” (clean continuing resolution) proposta dal GOP.
Mentre un sondaggio Washington Post-ABC News-Ipsos della scorsa settimana indicava che la maggioranza degli americani incolpa Trump e i Repubblicani per lo shutdown, l’esito delle elezioni di martedì suggerisce che la strategia di ostruzionismo Democratico potrebbe aver pagato. Un avvertimento per i Repubblicani su quali strategie funzioneranno in vista dei midterm del 2026 che dovrebbe facilitare l’accordo. Nel frattempo il muro contro muro aiuta l’ala più radicale, “Socialista” dei Democratici: va bene per vincere la conrsa governatoriale in Virgina, ma, a livello nazionale, rischia di alienare l’elettorato moderato. Forse le condizioni sono proficue per un acccordo.
Domande e risposte
- Perché i Democratici chiedono un incontro con Trump solo ora, dopo le elezioni? La richiesta formale di Schumer e Jeffries arriva sull’onda delle vittorie elettorali, che i Dem interpretano come un mandato popolare e una leva negoziale. Tuttavia, la mossa è anche reattiva: un gruppo di Dem moderati al Senato, stanco dello shutdown più lungo della storia, sta già trattando autonomamente con i Repubblicani. La leadership Dem cerca quindi di riprendere il controllo della narrazione e della trattativa, rivolgendosi direttamente a Trump prima che un accordo “moderato” li scavalchi.
- Qual è il vero ostacolo tecnico che impedisce la riapertura del governo? Il pomo della discordia sono i sussidi per l’Affordable Care Act (ACA). I Democratici insistono per la loro estensione, considerandola una priorità. I Repubblicani, invece, si oppongono, avendo precedentemente tagliato questi fondi durante la loro riforma fiscale. La critica principale del GOP è che questi sussidi, finanziati dai contribuenti, andrebbero a coprire anche le assicurazioni sanitarie per gli immigrati irregolari. I Dem hanno usato lo shutdown come arma per forzare la mano su questo punto specifico.
- Di quanti voti hanno bisogno i Repubblicani per sbloccare lo shutdown e chi potrebbe fornirli? I Repubblicani hanno 53 seggi al Senato. Per superare l’ostruzionismo democratico (filibuster) e approvare la legge di spesa servono 60 voti. Devono quindi trovare almeno otto senatori disposti a rompere il fronte con la leadership Dem. Un “manipolo” di circa una dozzina di moderati sta già trattando. Alcuni nomi sono già emersi come favorevoli a una risoluzione rapida, tra cui Angus King (Indipendente), Catherine Cortez Masto (Democratica) e John Fetterman (Democratico).









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