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Settimana decisiva per l’Ilva di Taranto

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Si apre una settimana decisiva per gli stabilimenti dell’Ilva di Taranto. Oggi il governo incontra i sindacati, e si parla di cassa integrazione. Martedì 15 invece è attesa la posizione degli enti locali coinvolti sulla possibilità di posizionare a Taranto una nave rigassificatrice. Infine, giovedì 17, il ministero dell’Ambiente farà da cornice alla Conferenza dei servizi. In quell’occasione dovrebbe ottenere il via libera l’accordo di programma con gli enti locali per l’ok alla nuova Aia, Autorizzazione integrata ambientale. In questo serrata corsa contro il tempo, si inserisce  anche il lancio di una nuova gara per gli asset ex Ilva. «Dovremo adeguare subito la gara in corso alle nuove condizioni, già a fine luglio – ha spiegato in un’intervista a Il Messaggero Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy -. Per questo è assolutamente necessario che tutto sia chiaro nei prossimi giorni. È ovvio che avere a Taranto anche gli impianti per la produzione di ferro preridotto, Dri, sia un elemento di forte attrattività per gli investitori».

Il ministro Urso che si sta spendendo da mesi per salvare l’azienda di Taranto, non si da per vinto e continua la sua incessante opera per cercare una soluzione che sia la meno indolore possibile sia per l’azienda che per i lavoratori coinvolti. “Occorre decidere subito, noi sull’Ilva non ci arrendiamo”. Ha detto Urso nella sua intervista al quotidiano Il Messaggero di Roma e ha definito anche lui quella che si apre oggi una “settimana decisiva” per il salvataggio di quella che fu fino a qualche anno fa la prima acciaieria in Europa.

Al momento il governo sta lavorando a due ipotesi : “Abbiamo presentato alla Regione Puglia e agli enti locali un piano industriale che prevede la piena decarbonizzazione dello stabilimento in appena otto anni, con la realizzazione di tre forni elettrici che progressivamente sostituiranno gli altiforni, in piena continuità produttiva e occupazionale. I forni elettrici – continua Urso – dovranno essere alimentati dal Dri, che potranno essere realizzati accanto da ‘Dri d’Italia’, società pubblica partecipata al 100% da Invitalia, insieme agli impianti di cattura della CO2. Per alimentare i Dri sarà necessaria la nave rigassificatrice, come a Piombino”. Senza il gas “non vi è acciaio green. Senza la nave rigassificatrice a Taranto ci saranno solo i tre forni elettrici che sostituiranno gradualmente gli altiforni, in piena continuità operativa, ma il polo Italiano del Dri sarà realizzato in un’altra località che assicurerà l’approvvigionamento di gas. Ho sempre detto che la prima scelta spetta a Taranto, per motivi morali, storici, economici e sociali”.

 

Se Taranto rinuncerà alla nave rigassificatrice “sarà necessario spostare il preridotto altrove. Ma questo renderà meno sostenibile l’intero stabilimento, per i maggiori costi operativi che ne deriveranno. Per non parlare del maggiore impatto ambientale legato al trasporto marittimo. Anche questo dovrebbe far riflettere chi ha a cuore l’ambiente”. Urso spiega qual è l’alternativa per il preridotto: “Stiamo valutando diverse opzioni, tra le quali Gioia Tauro.

Resta anche trovare, dopo che la trattativa con Baku, sembra essere saltata, a causa sia del grave incendio di due mesi fa all’ Altiforno 1, che ha seriamente compromesso la produzione dell’impianto, e sia anche della mancanza di certezze sulla realizzazione di un rigassificatore. Qualcuno ha fatto anche il nome dei cinesi di Baosteel, che potrebbero subentrare a Baku nell’acquisto degli impianti tarantini, ma tutto resta ancora piuttosto incerto. Il governo punta chiaramente a evitare la chiusura dell’impianto e i conseguenti licenziamenti di massa, ma il piano di rilancio non potrà prescindere dal passaggio dagli altoforni ai forni elettrici, alimentati con Direct Reduced Iron (DRI). Ma come detto senza rigassificatore questa soluzione non è percorribile.


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