Attualità
La sentenza Agcom e quella sulla Robin Tax sono i primi sintomi della deriva autoritaria attuata per via giudiziaria finalizzata al pagamento del debito per restare nell’euro?
Chi segue i miei interventi sa che purtroppo temo per il nostro Paese eventi non piacevoli nel prossimo futuro. In fondo tutto parte da una semplice considerazione: la classe media sta sparendo e tutte le volte che questo in passato è accaduto ci sono stati eventi traumatici, guerre, sommosse e via discorrendo. Aggiungiamoci il costante sforzo dello Stato nel trasferire attivi dai privati (risparmiatori, creditori) allo Stato (debitore) ed il quadro è tremendamente completo. Oggi stiamo vivendo la crisi più lunga degli scorsi 100 anni e quindi è lecito preoccuparsi (in realtà la grande depressione fu “vinta” solo grazie allo scoppio della seconda guerra mondiale, ma questo fatto si preferisce tacerlo nella storia “convenzionale”, forse per non spaventare le masse…). In fondo basterebbe leggere “La Piccola Storia del Mondo” di Gombrich o “L’Eta Borghese” di Hobsbawn per trovare nella situazione attuale troppe similitudini con quanto accadeva prima dello scoppio della prima guerra mondiale o meglio della crisi del 1905. Noi invece no, imperterriti andiamo per la nostra strada fatta di sana inconsapevolezza.
Dunque, tornando a bomba, le due sentenze citate nel titolo sono recenti pronunciamenti delle maggiori Corti italiane (Consiglio di Stato e Corte Costituzionale). In pratica esse, ciascuna per il proprio ambito, sembrano aver espresso indirizzi di legge che vanno a cozzare con la certezza del diritto. In un caso si sono ricalcolate a livello retroattivo tariffe delle telecomunicazioni costringendo operatori privati a pagare ex post di più per decorrenze passate (sentenza con effetti ex tunc), leggasi le tariffe Agcom per l’accesso delle comunicazioni alla rete fissa a partire dal 2010 sono state considerate non valide e si è chiesto di fatto un reintegro sotto forma di extra costo agli operatori a vantaggio dello Stato. Dall’altra, la Robin Tax è stata dichiarata anticostituzionale ma con effetti solo per il futuro e non retroattivi (sentenza con effetti ex nunc), della serie chi ha avuto ha avuto [lo Stato] e chi ha dato ha dato [i privati]. La costante nei due pronunciamenti è la difesa dell’interesse dello Stato anche attraverso interpretazioni opposte di eventi con fortissime similitudini: nei due esempi, casi abbastanza equivalenti (interessi dello Stato contro interessi del privato, a decorrere da leggi introdotte in date passate), le Corti hanno raggiunto conclusioni opposte: in un pronunciamento nulla è dovuto dallo Stato ai privati pur riconoscendo incostituzionale la legge (Robin Tax), nell’altro la legge è stata definita non corretta e si è chiesto ai privati di pagare il reintegro (sentenza Agcom). Della serie, lo Stato vince sempre, i privati perdono.
Quanto accaduto è pericolosissimo: per capire dove sta la radice del problema dobbiamo ricordare che di fatto l’applicazione del fiscal compact e leggi correlate (…) obbliga lo Stato ad innalzare la pressione fiscale anche a livelli insostenibili con il fine di cercare freneticamente gettito per via dell’interesse considerato supremo di stare nel club degli euristi. L’aspetto curioso – ed inaccettabile – è che a stare in detto club traggono vantaggio solo coloro che non vogliono permettere all’Italia di svalutare – ossia per coloro che devono fare in modo che l’Italia NON faccia concorrenza ai prodotti tedeschi uscendo dalla moneta unica, leggasi la Germania –, includendo nel novero degli interessati in solido anche quegli italiani che hanno convertito i loro enormi patrimoni da instabili lire in solidi euro 15 anni or sono, leggasi i cd. Poteri Forti. Tutti gli altri cittadini stanno probabilmente perdendo nel rimanere moneta unica se si sommano tutti gli effetti conclamati anche e soprattutto a partire dalla crisi del 2008… [svalutazione della componente lavoro – anche a seguito del Job Act – , tasse elevatissime ed anche immorali – oltre il 70% per le PMI e per i professionisti -, bassa crescita, credito scarsissimo etc. ]. Da tutto ciò consegue che in uno Stato per definizione di diritto lo strumento atto a permettere tale scempio a termini di legge non può essere che quello giudiziario, applicando leggi in modo asimmetrico.
E non saltate dalla sedia per favore, sto solo derivando una conclusione (personale, vedasi oltre per maggiore “supporto” e conferma della stessa corte, …) da fatti reali: insomma, non vi sembra sia perfettamente aderente a quanto presentato innanzi, caso delle due sentenze apparentemente “eguali” nella sostanza ma “opposte” negli effetti? E si noti che esiste anche un forte conflitto di interessi nel metodo e negli “strumenti” usati per il fine indicato, stante quanto osserviamo negli eventi citati: i servitori dello Stato che devono far applicare leggi potenzialmente a detrimento della cittadinanza ed a solo vantaggio dello Stato (leggi apparentemente e potenzialmente asimmetriche) sono gli stessi che percepiscono le maggiori rendite (stipendi e pensioni) di Stato denominate in euro, appunto i giudici!
Dunque, ragionando in modo assolutamente cartesiano, il rischio deriva autoritaria sembra altissimo. Ed il problema è che una volta innescato il meccanismo, l’estensione anche ad eventi meno “pubblici” e comunque più diffusi e popolari di principi giurisdizionali potenzialmente asimmetrici è solo questione di tempo, poco tempo: di norma, quando nel diritto viene sdoganato un principio questo viene poi applicato in modo sistematico, della serie tutti potremmo essere chiamati a “contribuire “ a termini di legge (…).
A scanso di equivoci si noti che, attenzione, le considerazioni fatte fino a qui non sono le mie [dichiaro anzi il massimo rispetto per il lavoro dei giudici, un problema però sempra potenzialmente esistere…], io ho solo aggiunto il rischio [notasi, rischio o anche provocazione – come da articolista de L’Espresso -, non fattualità per fortuna] di una deriva autoritaria negli effetti ma solo come conseguenza cartesiana di eventi ed aberrazioni ben descritti da altri: infatti la critica corrosiva sui fatti citati e su quanto sta accadendo nel sistema giuridico del nostro Paese viene mossa nientepopodimeno che dall’Espresso, giornale di sinistra, nell’articolo di Alessandro De Nicola del 26.2.2015 (“Lo Stato sbaglia ma non paga mai”). Ed anzi andando a vedere le motivazioni della sentenza sulla Robin Tax citate dall’articolista, la Corte Costituzionale non ha voluto richiedere il pagamento di quanto dovuto ingiustamente a decorrere dalla sua introduzione molti anni prima in quanto, citando l’Espresso, si afferma“…Secondo la Corte, l’applicazione retroattiva delle sue sentenze deve tenere conto degli squilibri al bilancio dello Stato tale da “implicare la necessità di una manovra aggiuntiva” anche per rispettare “i parametri cui l’Italia si è obbligata!” verso la UE…”. [Commento personale: agghicciante!].
Dunque riprendendo quanto indicato dalla corte si può derivare che la radice dello scempio attuale starebbe nei rigidi parametri europei e dunque nella necessità di restare nella moneta unica a tutti i costi, leggasi restare nell’euro implica la possibilità di un diritto potenzialmente asimmetrico o anche accettare effetti simili ad una una deriva autoritaria [diritto asimmetrico] finalizzata al pagamento del debito piuttosto che al rispetto dei parametri europei. Fa poi sorridere che tutti i paesi EU non siano tenuti a rispettare nello stesso modo detti parametri, leggasi la richiesta all’Italia di non sforare il muro del 3% nel rapporto debito/PIL non sembra compatibile col permetterlo a Francia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Slovenia… [fonte:tradingeconomics.com]
Libro di storia alla mano sembrerebbe che, come sempre in Europa, le aberrazioni abbiano radici continentali, nulla capita mai in modo sporadico e casuale… E comunque il fatto di essere come Belpaese il maggior competitor manifatturiero della Germania non aiuta, chi scrive pensa che oggi al nord del Gottardo si sia principalmente interessati piuttosto che risollevare l’economia italica ad evitare che l’Italia possa uscire dalla crisi ed anche dall’euro (le due cose rischiano di coincidere) in quanto ciò significherebbe la fine del benessere tedesco accumulato a partire dallo scoppio della crisi. Appunto, altro che aiutarci ad uscire dalla crisi!
Lascio a voi trarre le conclusioni su cosa ci si può aspettare in un contesto simile…
Jetlag per Mitt Dolcino
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