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Parigi: Un tuffo nella Senna? Le acque chiuse alla balneazione il giorno dopo l’apertura

La tanto agognata balneabilità della Senna, fiore all’occhiello della sindaca Anne Hidalgo e del Presidente Macron, si è rivelata una commedia tragicomica che nemmeno Molière avrebbe osato immaginare.
Appena aperte, subito richiuse: le acque parigine si confermano più umorali di un adolescente in piena crisi esistenziale, o, più prosaicamente, totalmente dipendenti dalle condizioni atmosferiche a monte. 

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Solo un giorno dopo l’enfasi mediatica e le fanfare per l‘apertura ufficiale di tre nuove aree balneabili nel cuore di Parigi – sì, proprio nella Senna, quella dei ponti e dei bateaux-mouches! – la dura realtà si è abbattuta sulla capitale come…  la pioggia. E con essa, il “divieto di balneazione bis“, segnalato da una fiera bandiera rossa che sventola sulle ambizioni olimpiche. Il fiume è rimasto balneabile solo un giorno.

I tre spazi idilliaci, strategicamente posizionati vicino alla Torre Eiffel, all’Hôtel de Ville e a Bercy, hanno visto il loro debutto estivo trasformarsi in un rapido “arrivederci” a causa di una “qualità dell’acqua” che, a quanto pare, non ha superato l’esame. Il sito del Comune di Parigi, con la sua “mappa interattiva delle zone di balneazione”, si è trasformato in una triste cartina delle speranze infrante, indicando la chiusura fino a lunedì.

E non finisce qui! L’apertura del quarto sito, nel 10° arrondissement, all’altezza del Canal Saint-Martin, è stata saggiamente rinviata a data da destinarsi. La motivazione? Le “forti precipitazioni” che, secondo la municipalità citata da Le Parisien, hanno “compromesso la qualità dell’acqua”.

Tradotto: un acquazzone estivo è bastato per trasformare il sogno balneare in un brodo primordiale, dove l’acqua piovana si mescola alle acque reflue e di ruscellamento contaminate. Ben dieci centimetri d’acqua in una sola notte sono stati sufficienti a riportarci alla dura realtà: la Senna è sì un fiume, ma non ancora una piscina olimpica a cielo aperto.

Mentre la sindaca Hidalgo continua a lanciare “convenzioni cittadine sui diritti della Senna” – magari il primo diritto è quello a non essere un collettore fognario dopo ogni temporale – i parigini devono rassegnarsi a guardare l’acqua, senza immergersi.

La vigilanza è alta, ci rassicurano: ogni giorno vengono analizzati i dati, monitorate le condizioni climatiche e le installazioni fluviali. E con la collaborazione di Stato e Agenzia regionale della salute (ARS), si controllano i livelli di Escherichia coli e enterococchi intestinali. Perché, dopotutto, un’esperienza balneare indimenticabile non deve includere un viaggio in pronto soccorso.

Insomma, la balneabilità della Senna, voluta a ogni costo, viene a dipendere da ogni goccia di pioggia che cade nella valle a monte. Questo rende la situazione, se possibile, peggiore del vecchio e onesto divieto. Almeno prima sapevamo che non si poteva fare il bagno. Ora, la speranza c’è, ma è effimera come una giornata di sole a Parigi, e svanisce non appena le nuvole si addensano. Forse è ora di accettare che la Senna è fatta per essere ammirata, non per essere nuotata, a meno che non si voglia aggiungere un tocco… rustico alle prossime Olimpiadi.


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