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Euro crisis

Se la Grecia viene costretta ad un accordo suicida: Cosa c’è dietro e le conseguenze per i periferici, necolonialismo del III millennio

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Sembra che la Grecia si stia accordando con la troika e soprattutto con a Germania, quella che veramente decide. In breve, la Grecia sembra venga costretta a fare un accordo che non tagli il debito contratto, al massimo lo dovrà restituire sempre in euro ma in 50 anni e magari senza interessi ma a pena di una recessione che visti i tagli al welfare minori di quelli ipotizzati all’inizio, unitamente all’aumento di tasse su alcune partite specifiche, causerà una contrazione del PIL nei prossimi 5 anni minore del 12% circa ipotizzato da Munchau qualche giorno fa, diciamo che a naso un 5% di riduzione del PIL può essere un numero tendenzialmente corretto.

In conclusione, questo accordo non raggiunge minimamente i desiderata greci, sposta solo in avanti il problema. La Grecia, dopo l’ennesima telefonata tra Tsipras ed il ministro del lavoro USA Lew – colui che vuole mettere una donna sulle banconote USA tanto per intendersi, evidentemente ha anche delle relazioni storico e/o personali con Atene –, ha capito che è arrivata al limite: se accordo non fosse stato o peggio se dovesse saltare il banco le conseguenze per i “colpevoli” sarebbero radicali, magari un golpe bianco stile Monti nel 2011 o addirittura qualcosa di più “invadente”.

Tsipras per ora dà corda, ben conscio che Obama ha i mesi contati (del suo mandato), tiene saldo il team ed il suo gruppo parlamentare, continua a provocare, non si allinea completamente: in breve, la Germania comunque dovrà ingoiare il rospo di un accordo insoddisfacente. Ma l’euro oggi (purtroppo) non si romperà come invece dovrebbe.

La conseguenza sarà che la Grecia continuerà a restare in recessione, il rapporto debito/PIL peggiorerà, le persone si impoveriranno, emigreranno, i conti peggioreranno in modo sostanziale (oggi Atene è tornata in recessione). Si noti bene che pur in questo cointesto comunque Tsipras NON privatizzerà [che poi sarebbe il desiderata tedesco, mettere le mani in tutte le aziende che non siano del terziario nei paesi periferici], insomma, alla sua maniera terrà duro. Il rischio è che nel durante, con il fine di dare concretezza alle dure misure di austerity targate Germania, da qui a fine 2016 nasca in EU una nuova forma di fascismo/repressione fiscale finalizzata al pagamento del debito imposto dall’EU. E questo vale per i periferici. Si ipotizza in caso di mancato allineamento che quanto meno la maggioranza parlamentare di Syriza possa nottetempo diventare insufficiente a garantire a Tsipras una tenuta sulle posizioni politiche prese con lo spauracchio del golpe bianco stile Monti.

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Tispras sa che il tempo è dalla sua, le intemperanze riprenderanno fra qualche tempo. Certo per altro che se venisse spodestato in modo violento si tarderebbe ulteriormente la vera riforma necessaria, ossia non pagare il debito contratto in EURO ed anche uscire dall’euro [un buon 40% del debito su PIL, oggi siamo a ca. 180%, è ascrivibile alle politiche consciamente suicide della troika, finalizzate tra l’altro a mettere le mani sugli assets greci]. Il parallelismo con l’Italia è disarmante: al Belpaese fu data l’approvazione per l’ultima legge di stabilità in sede EU SOLO a valle della privatizzazione di ENEL al di sotto del 30% (misura imposta dalla stessa EU tedesca, 30% = limite per l’OPA obbligatoria), della serie SOLO dopo aver ottenuto come contropartita la possibilità di comprarsi il nostro gioiello elettrico – fra qualche tempo –. E, per inciso, l’acquirente sarebbe dovuto essere tedesco per salvare il settore in fonte crisi in Germania, le multinazionali dell’energia germaniche sono in uno stato di coma. Ricordatevi bene, ENEL va benissimo, è un gioiello e con dei conti MIGLIORI dei competitors europei, al massimo livello di mercato, possiamo dire sia il numero uno continentale in prospettiva di diversificazione assieme ad EDF [che però è anche al centro della filiera delle bombe atomiche francesi, ndr], è chiaro he cercheranno di comprarsela, i tedeschi… Come è chiaro che i problemi per Renzi, i problemi veri, sono iniziati dopo la brillante mossa che ha di fatto messo al riparo il gigante elettrico dalle insidie estere inserendo l’elemento telecomunicazioni nel business ossia facendola rientrare nell’ambito della golden share approvata da Monti, da dove secondo Milano Finanza di qualche tempo fa era stata esclusa (…). Si, Renzi in questo si sta muovendo in modo assai scaltro a difesa del patrimonio nazionale, nulla da dire. Lasciamo perdere che dovrebbe usare l’assist greco per forzare la mano ai tedeschi in termini di maggiore flessibilità.

Ma, siamo sinceri, i tempi non sono ancora maturi: ogni qual volta si cerca di cambiare l’ordine precostituito in EU – costruito attorno alla moneta unica ed al rigore nei conti – appare il terzo incomodo, gli USA, che dall’alto della loro rete di conoscenze, di ragnatele, grazie all’NSA ed al rapporto privilegiato con certe fazioni della magistratura [in Italia] è in grado di fare virare gli eventi a suo piacere. O, letta in altro modo, finchè non cambia la politica estera USA inutile remare contro corrente: probabilmente anche per questa ragione, dati alla mano, Obama verrà ricordato come uno dei peggiori presidenti della storia degli States (…), certamente verrà ricordato per aver cementato per i prossimi decenni la nuova amicizia in veste anti USA tra Cina e Russia, un avversario reale all’egemonia a stelle e striscie.

Se la Grecia sarà costretta a piegarsi ai voleri atlantici che fanno della Germania il referente in Europa (appena prima di rendersi conto che il tradimento degli interessi USA comunque ci sarà da parte dei tedeschi, manca poco) per i periferici si tornerà in trincea, l’Italia tornerà in trincea. Attenzione, non perdete il nord: l’unica cosa a cui gli stranieri impersonificati nella troika possono ambire nell’arco del breve periodo fino alla fine del mandato obamiano – un annetto e mezzo scarso – sono gli assets di Stato, gli attivi locali. Dunque bisognerà fare quadrato attendendosi – temo – qualche magistrale dossier girare all’impazzata con il fine di costringere alla (s)vendita. Non mi stupirei a breve di vedere tornare in auge la sponda torinese scornata in recenti (tentati) investimenti americani nella partita privatizzazioni, magari a carro dello straniero di turno a cui potrebbero proporre portages di vario genere, probabilmente una nuova forma di collaborazione(ismo?) simile a quanto fatto nello smembramento di Montedison.

Come misura del caos finalizzato ad indebolire il Belpaese, citiamo il caso Nutella/Segolene Royal, da textbook: l’ex candidata all’Eliseo si è scagliata contro il marchio più noto dell’impresa italiana. Voi direte per questioni commerciali, ma è forviante. O meglio, si, un’impresa italiana divenuta vera leader globale suscita sempre invidia in Paesi che da tempi immemori han costruito il proprio benessere sulle spalle delle colonie da cui sottraevano ricchezza. No, la faccenda è ben più sottile, l’attacco della Royal alla Ferrero è stato giustificato, è nato direi, nell’ambito geostrategico: Ferrero detiene enormi possedimenti coltivati a nocciola in Turchia e, si sa, gli italiani trattano bene chi lavora con loro, diciamo molto meglio degli ex colonizzatori d’oltralpe. E quando tu dai da mangiare a centinaia di migliaia di contadini turchi in un’area tra le più interessanti dello scacchiere del vicino medio oriente tu diventi non solo un problema economico ma anche un ostacolo geopolitico. La Turchia oggi è in cima agli interessi Francesi che vedono in Ankara una rivale formidabile nella residua influenza francese nell’area.

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Quello che succede oggi in EU si chiama in modo semplice: NECOLONIALISMO Europeo, anche e soprattutto nei confronti degli stessi partners EU più deboli, della serie prima ti costringo a vendere con lo spauracchio dei conti, poi ti compro gli assets e delocalizzo utili, decisioni strategiche ed occupazione di alto livello nel centro dell’impero. Succede sempre così. I vecchi colonizzatori – UK esclusa, in quanto sterilizzata dalle politiche europee incentrate sull’asse franco-tedesco, per ora – stanno cercando di approfittarsi delle ricchezze dei loro vicini e dei paesi extra EU deboli, ad es. quelli del nordafrica. E appunto dell’Italia. Nulla più.

Il Belpaese, tra i più ricchi dell’area EU, è e continuerà ad essere il primo obiettivo. Solo un cambio di amministrazione USA – e di relativa politica estera – potrà permettere di modificare lo status quo, per lo meno in modo “democratico” (…). Ecco perché per ora a Renzi rischia di non esserci alternativa. Appunto, per ora.

Mitt Dolcino


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