Economia
Se i muri di casa diventassero una gigantesca batteria? La scoperta danese sul cemento “vivente”
Una scoperta danese potrebbe trasformare le nostre case e le nostre città in gigantesche batterie ricaricabili. Addio litio? Il futuro dell’energia è nel cemento “vivente” che si auto-rigenera.
I ricercatori dell’Università di Aarhus hanno dimostrato che il cemento può fare molto di più che sostenere le pareti.
Incorporando batteri viventi nel materiale da costruzione più comune al mondo, il team ha creato un supercondensatore in grado di immagazzinare elettricità. Il materiale di prova non solo immagazzina energia, ma è anche in grado di recuperare le sue prestazioni quando viene “alimentato” con sostanze nutritive. Questa scoperta è stata comunicata dalla stessa università
Il ricercatore capo Qi Luo ha affermato che hanno unito struttura e funzionalità, creando un materiale che non solo sostiene il peso e immagazzina energia, ma può anche ripristinare le sue prestazioni quando viene alimentato con sostanze nutritive.
Tra l’altro il sistema del muro “Vivente” ha anche una caratteristica molto particolare: il materiale di prova non solo immagazzina energia, ma è anche in grado di recuperare le sue prestazioni quando viene “alimentato” con sostanze nutritive.
L’idea, guidata dal ricercatore Qi Luo, è tanto semplice nella sua genialità quanto complessa nella sua realizzazione: fondere la struttura con la funzione. Invece di avere un materiale che regge il peso e un altro che immagazzina energia, perché non far fare entrambe le cose allo stesso materiale? La soluzione è stata trovata in natura, aggiungendo al composto cementizio un ospite inatteso: il batterio Shewanella oneidensis.
Questo microrganismo è noto nel mondo scientifico per la sua capacità di trasferire elettroni al di fuori della propria cellula. Una volta integrati nel cemento, questi batteri creano una fitta rete di portatori di carica, trasformando di fatto una parete o una fondazione in un supercondensatore su larga scala, capace di immagazzinare e rilasciare energia elettrica.
Una batteria che non muore, ma si “rianima”
Il vero colpo di genio, però, non risiede solo nella capacità di stoccaggio. Qualcuno potrebbe obiettare che, esaurite le sostanze nutritive, i batteri morirebbero e tutto finirebbe lì. I ricercatori danesi hanno anticipato il problema. Hanno scoperto che il sistema continua a funzionare anche dopo la morte dei microbi e, soprattutto, può essere “rianimato”.
Integrando un sistema microfluidico nel cemento, è possibile fornire una sorta di “pappa” energetica ai batteri, composta da proteine, vitamine e sali minerali. Questo processo non solo mantiene in vita la colonia batterica, ma è in grado di ripristinare fino all’80% della capacità di stoccaggio originale del materiale. In pratica, si tratta di un sistema energetico recuperabile, che riduce drasticamente la necessità di costose sostituzioni.
“Non si tratta solo di un esperimento di laboratorio”, ha affermato Luo. “Prevediamo che questa tecnologia verrà integrata in edifici reali, nelle pareti, nelle fondamenta o nei ponti, dove potrà supportare fonti di energia rinnovabile come i pannelli solari fornendo un sistema di accumulo energetico locale”.
Le potenziali applicazioni pratiche sono enormi e potrebbero ridefinire il nostro concetto di infrastruttura:
- Stoccaggio energetico diffuso: Le pareti e le fondamentazioni degli edifici potrebbero accumulare l’energia prodotta da pannelli solari durante il giorno per rilasciarla di notte.
- Infrastrutture auto-alimentate: Un ponte potrebbe alimentare i propri sensori di monitoraggio strutturale, o un viadotto l’illuminazione notturna, senza bisogno di essere collegato alla rete elettrica.
- Resilienza e scalabilità: I test hanno dimostrato che il sistema funziona in condizioni estreme, sia con il gelo che con il caldo. Un assemblaggio di sei blocchi di questo cemento ha già prodotto abbastanza elettricità da accendere una lampadina a LED. Secondo i ricercatori, una stanza costruita con questo materiale potrebbe immagazzinare circa 10 kWh, sufficienti ad alimentare un server aziendale per un’intera giornata.
Questa tecnologia, seppur ancora in fase iniziale, apre uno scenario dirompente. In un’epoca di transizione energetica, la dipendenza da batterie basate su litio e cobalto – materiali rari, costosi e al centro di complesse dinamiche geopolitiche – rappresenta un collo di bottiglia strategico. Una soluzione basata su cemento e batteri, materiali abbondanti e a basso costo, potrebbe offrire una via d’uscita scalabile e sostenibile. Un futuro dove l’infrastruttura non è più un guscio passivo, ma un attore energetico attivo. E tutto grazie a un po’ di polvere grigia e a dei microbi laboriosi.
Domande e Risposte
1. Qual è il nucleo fondamentale di questa innovazione tecnologica?
Il nucleo dell’innovazione consiste nell’aver trasformato il cemento, un materiale strutturale passivo, in un supercondensatore attivo. Questo è stato ottenuto incorporando batteri vivi della specie Shewanella oneidensis nella miscela cementizia. Questi batteri creano una rete biologica in grado di immagazzinare e rilasciare cariche elettriche. La vera svolta è la fusione tra la funzione portante dell’edilizia e quella di stoccaggio energetico, creando un materiale “intelligente” e multifunzionale che potrebbe rivoluzionare sia il settore delle costruzioni che quello dell’energia.
2. Perché questa notizia è importante nel contesto della transizione energetica?
Questa scoperta è cruciale perché affronta uno dei maggiori ostacoli della transizione energetica: lo stoccaggio. Le energie rinnovabili come il solare e l’eolico sono intermittenti e richiedono batterie per immagazzinare l’energia prodotta. Le batterie attuali dipendono da materiali come litio e cobalto, le cui catene di approvvigionamento sono costose, inquinanti e geopoliticamente instabili. Un sistema di stoccaggio basato su cemento e batteri utilizzerebbe risorse abbondanti e a basso costo, offrendo una soluzione decentralizzata, scalabile e potenzialmente molto più sostenibile ed economica.
3. Quale potrebbe essere la ricaduta pratica ed economica di questa tecnologia se venisse sviluppata su larga scala?
La ricaduta sarebbe trasformativa. A livello economico, si creerebbe un nuovo mercato per i materiali da costruzione “energetici”, riducendo i costi per lo stoccaggio di energia sia a livello domestico che industriale. Le infrastrutture (edifici, ponti, strade) potrebbero diventare asset energetici, generando valore invece di essere solo costi di manutenzione. Questo aumenterebbe la resilienza della rete elettrica, favorirebbe l’autoconsumo da fonti rinnovabili e ridurrebbe la dipendenza strategica dall’importazione di materie prime critiche, con notevoli vantaggi per la bilancia commerciale e la sicurezza nazionale.
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