Esteri
La sconfitta elettorale di Obama nelle Midterm: la normale conseguenza di aver mancato gli obiettivi prefissati, sia economici che di politica estera. Il futuro è Rep, con conseguenze anche in Italia
Obama fu eletto presidente Usa nel 2008 successivamente al doppio mandato di G.W. Bush: i suoi votanti speravano nel cambiamento, in una politica più vicina alla gente ed alle minoranze, in un fisco più equo ed in un’economia forte.
Dopo 6 anni di governo il risultato è una bruciante sconfitta elettorale alle Midterm che lo stesso Obama ha definito lo scenario peggiore dai tempi di Einsenhover, the lame duck si dice, l’anatra zoppa alla fine del suo secondo termine. E non è tutto: anche Stati come l’Alaska tradizionalmente democratici hanno cambiato casacca. Ma cosa è successo di così grave per giustificare questo rifiuto della politica del primo (i maligni lo definiscono anche l’ultimo, ed anche gli uomini di spettacolo come Zach Galifianakis, ndr) Presidente nero degli USA?
Sostanzialmente Obama non ha centrato nessun obiettivo, prima di tutto in politica estera: gli interventi bellici all’estero per guerre sobillate o combattute dagli USA sotto la sua presidenza non sono assolutamente un ricordo del passato, anzi i fronti si sono moltiplicati rispetto alle presidenze precedenti ma con un warfare differente, leggasi light war. L’uscita da Iraq ed Afghanistan è stato un errore strategico, avendo come conseguenza consegnato l’area agli islamisti. Gli alleati regionali sono stati deliberatamente spazzati via lasciando il vuoto più assoluto ed al loro posto violenza e caos (e governi islamici) o ingovernabilità di fatto. Se tutto questo aveva come obiettivo far capire al mondo che avere gli USA militarmente forti in veste di polizia mondiale sono nell’interesse globale, beh apparentemente si è raggiunto l’obiettivo. Ma in realtà anche tale considerazione rischia di non rispondere a realtà in quanto il vacuum imperante generato da tali e tanti focolai di guerriglia soprattutto in medio oriente, nord africa e est Europa vengono oggi interpretati dai nuovi ricchi come un’opportunità di espansione e quindi come una sfida al potere americano, parlo degli outsider che fino all’altro ieri erano subalterni al gigante USA: sia la Russia che l’Europa tedesca pretendono i loro spazi in Europa, la Cina impone maggiore autonomia in Asia. Forse l’ultimo alleato rimasto, completamente allineato ai voleri di Washigton, rimane il Giappone non fosse altro perché si sente ormai insicuro nell’avere un vicino ingombrante diventato potente come la Cina, troppo vicino… O meglio, rimaneva il Giappone prima delle aperture cinesi nei confronti dell’ultimo invasore lo scorso fine settimana a Pechino.
Sembrerebbe impossibile per un italiano, ma tale e tanto disagio geoeconomico è stato recepito dagli elettori americani alle scorse elezioni, una società decisamente pragmatica. Aggiungiamoci che nessuna nuova legge a favore dell’immigrazione e quindi degli elettori di Obama (ad es. flessibilizzazione dell’immigrazione) è stata approvata sotto la sua presidenza; consideriamo che la distribuzione della ricchezza tra le fasce sociali e tra le etnie non dominanti è anzi di molto peggiorata negli ultimi anni ed abbiamo un mix di fattori che giustifica nel modo più convincente la sconfitta dei democratici alle scorse Midterm.
Ma i problemi non sono solo questi…. Gli USA sono un’economia solo apparentemente forte in quanto drogata da enorme liquidità (che prima o poi dovrà essere estratta dal sistema con dolorose conseguenze), la distribuzione della ricchezza è di fatto peggiorata dal 2008 e le politiche fiscali non hanno mantenuto le promesse di correggere gli enormi differenziali tra i ricchi ed i poveri in USA, oggi la segretaria di Warren Buffet – l’uomo più ricco del mondo – continua a pagare più tasse del suo ricchissimo datore di lavoro come accadeva con G.W. Bush, che però non aveva promesso nulla di simile…. La sua riforma della sanità, pur mirabile nei principi, non sembra adatta al modo di pensare USA (ed anche operativamente ha ancora molte criticità), ricordo quando Joe the Plumber, icona dell’americanismo popolare per un breve periodo nello scorso decennio, criticava maggiori tasse ai ricchi pur essendo lui idraulico, la ratio era che se fosse diventato ricco non voleva pagarle (la faccio breve…): in un paese così le percezioni non sono quelle italiane nè quelle europee, Obama da far suo – ed anche in modo molto candido ed aperto direi – le ha sfidate ed ha perso. Punto.
Aggiungiamoci che i neri non sono stati maggiormente inclusi nella struttura sociale ed economica americana come conseguenza di avere un Presidente di colore ed avrete un quadro esplosivo: i primi responsabili della sconfitta obamiana sono i votanti democratici che non sono andati a votare in questa tornata elettorale, probabilmente stufi di politiche troppo poco coraggiose ed inconcludenti del Presidente. E gli oriundi italiani – vedasi il NIAF, degno erede della Tammany Hall e dell’Unione Siciliana (poi Italian-American National Union) fino all’era proibizionistica – come normalmente succede nelle occasioni importanti sono stati cruciali…
E che dire dei vari scandali tra cui Datagate (leggasi spionaggio di massa di americani e non), l’affaire Snowden (gestito malissimo e con conseguenze catastrofiche, oggi il mondo sa che i nuovi sistemi di informazione socializzano le informazioni delle masse a vantaggio soprattutto di chi detiene la tecnologia proprietaria), le inconcludenti e continue scaramucce con la Russia in Ucraina e la retromarcia nell’atteggiamento con il nemico USA degli ultimi 25 anni, l’Iran: uno scenario che farebbe impallidire chiunque, incertezza massima, pochi o nessun risultato concreto e tanta entropia. E che dire della disoccupazione USA? Se andassimo a vedere il numero di impiegati e non la disoccupazione come rapporto vs. forza lavoro scopriremmo che il numero di occupati resta decisamente al di sotto della media storica, in USA dopo alcuni anni di non occupazione semplicemente vengono cancellati coloro che non hanno trovato un impiego, solo per questa ragione le statistiche migliorano…
I Repubblicani, è noto, sono normalmente più pragmatici e decisamente meno ideologicamente interventisti all’estero, se lo fanno si concentrano su pochi obiettivi materiali: Obama ha aperto una miriade di fronti e tra tutti quello meno chiacchierato è per ora i fronte Europeo. Si, forse a noi europei sfugge che l’Europa è diventata – e purtroppo sarà – un fronte caldissimo con la crisi secolare che sta subendo, il vecchio continente ha perso i suoi punti di riferimento e rischia di andare fuori controllo anche a causa di una battaglia non sua, quella dei democratici americani contro la Russia. Gli USA di Bush erano felicemente in pace con Putin e si facevano anche begli affari con la Cina: oggi invece si stanno imponendo alleanze asimmetriche all’Europa in veste anti russa che non faranno altro che creare inimicizia con l’orso dell’est. Peggio, la serie di accordi commerciali sino-russi stanno di fatto tagliando fuori il vecchio continente dai flussi energetici globali dei prossimi 50 anni: ricordiamolo, l’Europa è ricca di cultura, tecnologia e tradizioni, ma è povera di risorse, quanto è sostenibile un’autarchia autoflagellante? Anche perché fare finta di non vedere che l’Italia, la Francia ed il resto dei periferici stanno economicamente implodendo è miope, ancora un paio d’anni e la fame la farà da padrona tra le fila degli ex borghesi europei (esclusi i tedeschi), con innegabili ripercussioni per pace sociale e democrazia: oggi possiamo solo scommettere su quale sarà il primo paese a ribellarsi e non se ci sarà una rivolta sociale. In tutto questo la Germania, l’unica a trarre profitto dallo status quo, inevitabilmente si troverà a fare – come sempre – il salto della quaglia, volgendosi ad Est dopo aver carpito quello che poteva dagli USA (leggasi, essersi presa lo spazio che riteneva e ritiene esser suo in Europa): a quel punto la reazione esterna sarà brutale, ma ci vuole ancora del tempo, per adesso siamo arrivati a Dunquirq, ora l’Inghilterra è alle corde – ed in contrapposizione netta alla Germania – come 70 anni or sono….
Un cambio di Presidenza negli USA potrà anche permettere un’emancipazione dei periferici da questa Europa a trazione [leggasi anche vantaggio] tedesca/o e dell’Italia in particolare, ricordando che la Germania nel lungo termine non sarà mai un fedele alleato degli USA, MAI. Si, l’Italia: la sopravvivenza italica e quella del proprio benessere storico sono legati alla negazione dei principi asimmetrici di questa Europa teutonica, anche e soprattutto attraverso il vincolo della moneta unica (grazie ai solidi legami con gli USA, un patrimonio da preservare). In effetti l’Italia, a termine, ha un grande vantaggio: ospita sul proprio territorio un numero di basi militari USA – comprese quelle dotate di armi nucleari – tale da rendere letteralmente impossibile conquistarla militarmente senza l’avallo americano. Or dunque, far rinascere il supporto USA per la causa italica e sud europea resterà essenziale – per gli italiani la special relationship non è MAI venuta meno, forse per qualcuno a Washington sì – e molto probabilmente il cambio di registro dovrà necessariamente passare per un rinvigorito potere dei Repubblicani a cui Obama ha fatto la guerra (politica) negli ultimi 6 anni.-
Dal prossimo anno le cose possono cambiare. Speriamo.
Mitt Dolcino
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