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Scacco matto in mare aperto: la petroliera russa fantasma elude la US Navy e approda in Venezuela
Braccio di ferro nei Caraibi: la petroliera russa Seahorse beffa il cacciatorpediniere USA Stockdale e consegna nafta vitale al Venezuela. Fallisce il blocco navale mentre Trump riattiva la strategia della “massima pressione” contro Maduro.

È il classico gioco del gatto col topo, ma questa volta, nelle acque calde dei Caraibi, il topo sembra averla avuta vinta. Una petroliera appartenente alla cosiddetta “flotta ombra” russa è riuscita a raggiungere le coste del Venezuela, beffando letteralmente un cacciatorpediniere della marina statunitense che tentava di sbarrarle la strada.
L’episodio segna un punto a favore dell’asse Mosca-Caracas in un momento di altissima tensione geopolitica, confermando come le sanzioni occidentali, per quanto stringenti, continuino a mostrare evidenti falle pratiche quando si scontrano con la realpolitik energetica.
Il duello in mare: Seahorse contro USS Stockdale
La protagonista della vicenda è la Seahorse, una nave panamax sanzionata sia dall’UE che dal Regno Unito. Secondo quanto riportato, la nave aveva già tentato per tre volte di avvicinarsi ai terminal venezuelani, trovandosi però sempre la rotta sbarrata dal cacciatorpediniere americano USS Stockdale. Al quarto tentativo, complice probabilmente una manovra diversiva o un momentaneo allentamento della sorveglianza, la petroliera è passata.
Ma cosa trasporta di così prezioso? Non greggio, ma nafta. Il Venezuela, infatti, siede su immense riserve di petrolio, ma si tratta di greggio extra-pesante. Per poterlo muovere attraverso gli oleodotti e raffinarlo o esportarlo, è necessario diluirlo con idrocarburi più leggeri, come appunto la nafta o lil condensato. Senza i diluenti russi (o iraniani), l’industria petrolifera di Maduro si ferma.
Una carretta del mare pericolosa
La Seahorse non è certo un gioiello della nautica moderna. È l’emblema di quella flotta fantasma che naviga ai margini delle normative internazionali per aggirare i blocchi. Ecco un breve identikit della nave che ha preoccupato Washington:
- Anno di costruzione: 2004 (una nave anziana per gli standard commerciali).
- Stazza: 70.426 tonnellate di portata lorda.
- Bandiera: Falsamente dichiarata delle Comore (una tattica comune per nascondere la proprietà).
- Stato di manutenzione: Pessimo. L’ultima ispezione nel Mar Nero (ottobre 2024) ha rilevato carenze critiche su sicurezza antincendio, scialuppe di salvataggio e tubature a pressione.
Siamo di fronte a una bomba ecologica galleggiante che, tuttavia, continua a operare indisturbata.
Il ritorno della “Massima Pressione” di Trump
Il contesto politico è, se possibile, ancora più interessante del dato tecnico. Questo incidente marittimo avviene in uno scenario mutato:
- Addio Chevron: Nel 2022, Chevron aveva ottenuto licenze speciali per operare in Venezuela, arrivando a esportare 240.000 barili al giorno (un quarto della produzione nazionale) e recuperando crediti storici.
- Il cambio di rotta: A febbraio 2025, l’amministrazione Trump ha revocato queste licenze. La motivazione ufficiale riguarda il mancato rispetto degli accordi sulle riforme elettorali e sul rimpatrio dei migranti da parte di Maduro.
- Operazioni coperte: Si segnala un’escalation delle attività di intelligence, con la CIA autorizzata ad ampliare le operazioni contro l’apparato di sicurezza venezuelano.
Il tentativo della Marina USA di bloccare fisicamente la Seahorse suggerisce che la Casa Bianca sta tornando alla strategia della “massima pressione” già vista nel primo mandato Trump. L’obiettivo è soffocare economicamente Caracas, privandola dei diluenti necessari per vendere il suo petrolio, oggi diretto quasi esclusivamente verso la Cina.
Resta da vedere se questo blocco navale de facto sarà sostenibile nel lungo periodo o se, come spesso accade, il mercato nero troverà sempre una nuova rotta.
Domande e risposte
Perché il Venezuela ha bisogno della nafta russa se è pieno di petrolio? Il Venezuela possiede le più grandi riserve al mondo di petrolio, ma si tratta di greggio extra-pesante, quasi bituminoso. Per poterlo estrarre, trasportare nelle condutture e vendere, questo greggio è troppo denso. Deve essere necessariamente miscelato con diluenti più leggeri, come la nafta o la condensa. Poiché le raffinerie locali sono in rovina e non riescono a produrre abbastanza diluenti, Caracas è costretta a importarli da partner sanzionati come Russia e Iran. Senza questa nafta, la produzione venezuelana crolla.
Perché gli Stati Uniti cercano di bloccare fisicamente queste navi? Si tratta dell’applicazione della strategia della “massima pressione” dell’amministrazione Trump. Bloccando l’arrivo dei diluenti (nafta), gli USA colpiscono il punto debole della catena produttiva venezuelana. L’obiettivo non è solo far rispettare le sanzioni sulla nave russa, ma paralizzare l’export petrolifero di Maduro per togliergli risorse finanziarie. È una mossa politica ed economica volta a costringere il governo venezuelano a concessioni politiche, riforme elettorali o, più ambiziosamente, a destabilizzarne la tenuta favorendo il dissenso interno.
Che cos’è la “flotta ombra” e perché è pericolosa? La “flotta ombra” è composta da centinaia di navi anziane, spesso assicurate da compagnie sconosciute e battenti bandiere di comodo (come quella falsa delle Comore nel caso della Seahorse), utilizzate da Russia, Iran e Venezuela per aggirare le sanzioni occidentali. Il pericolo è duplice: economico, perché altera il mercato globale eludendo i price cap; e ambientale, perché queste navi spesso non rispettano gli standard di sicurezza minimi. In caso di incidente o sversamento, risalire ai veri proprietari e ottenere risarcimenti è praticamente impossibile.









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